“Un giorno, o l’altro”

L’antieroe in una società schiacciata dall’ignoranza e dal complicato riscatto civile nel dissacrante romanzo  di Tommaso Borrelli

“Un giorno, o l’altro” di Tommaso Borrelli, edito dalla Kairòs, 220 pagine, euro 15, è un libro che racconta di un insegnante quarantenne della provincia napoletana e dei suoi tentativi per evadere dalla routine in una società schiacciata dall’ignoranza e dal complicato riscatto civile.

Tra le pagine lucide, crude, ironiche e a tratti ciniche del libro, il protagonista fa di tutto per uscire da una realtà che non sente più sua e che, anzi, è in contrasto con le aspirazioni e i sogni di un tempo, in cui pareva avviato ad una brillante carriera e ad un’esistenza eccitante.

I totem di quell’epoca dorata sono un docente universitario e una ex fidanzata, Alice, entrambi personaggi bizzarri, sopra le righe, verso cui il protagonista/autore ancora oggi prova un acuto sentimento misto di nostalgia e avversione.

“L’idea di scrivere il romanzo è nata da un’insoddisfazione come lettore. Non riuscivo a trovare una storia priva di elementi artificiosi, “romanzeschi”, che appunto mostrano fin troppo la mano dello scrittore, i suoi trucchi, la sua voglia di dominare la finzione narrativa. Cercavo un contatto con la pagina scritta ad un livello più profondo, la descrizione di una realtà anche sgradevole e noiosa, ma concreta. E mi sono scritto il romanzo che avrei voluto leggere”, spiega Borrelli, che così ha dipinto, per dar vita al suo personaggio “indeciso, sgradevole, maschilista, rancoroso”, un quadro dissacrante della società odierna, di come essa appare ai suoi occhi e di come, probabilmente, in realtà è.

Ci si potrebbe chiedere la ragione del titolo, “Un giorno, o l’altro”. Non è che il mantra del protagonista, la formuletta magica che gli permette di tirare avanti. In sostanza, ciò che più colpisce è “l’altro”, quello che l’uomo/autore cerca disperatamente dentro se stesso e non fuori, ovvero una versione ipotetica di sé, di ciò che forse lui sarebbe stato se da giovane avesse fatto scelte diverse.

“Quello che affresco è anche un distruttore di certezze: la scuola, il lavoro, la didattica (essendo egli un insegnante), il matrimonio e i sentimenti. Il suo è un rifiuto totale di tutto ciò che il mondo gli propina, ma non è un ribelle. O meglio, è un ribelle vigliacco, un rivoluzionario da poltrona: teorizza il superamento del matrimonio e tradisce la moglie, ma di nascosto. Litiga con i colleghi insegnanti e svolge il suo lavoro in modo svogliato, però senza mai oltrepassare il limite, senza trasformare la sua inerzia in protesta aperta. Perché, se lo facesse, sarebbe un eroe, un personaggio da romanzo, e lui invece non lo è: gli manca la stoffa”, chiarisce l’autore, che conclude:

“Sconsiglio il volume ai lettori che cercano storie di buoni sentimenti, a quelli che da un libro desiderano essere rafforzati nelle certezze che già hanno prima di entrare in libreria, e ai lettori incapaci di distinguere la finzione narrativa dalle convinzioni personali, quelle dell’autore e le proprie. Perché questo romanzo offre una descrizione accurata e non edulcorata della vita di provincia e dell’insoddisfazione di un uomo comune, senza compiacimenti letterari e senza inganni commerciali”.

L’AUTORE

Tommaso Borrelli nasce a Napoli nel ’78 e risiede tuttora nell’hinterland. Dopo aver intrapreso studi di letteratura e di teatro, si è dedicato per un certo periodo della sua vita alla scena e a perseguire la carriera accademica finché non ha iniziato il percorso per diventare insegnante. Oggi insegna materie letterarie in una scuola media della provincia. Gli autori cui si ispira sono Bianciardi, Testori de “Il Ponte della Ghisolfa”, DeLillo, Arpino. Al momento, tra embrioni, appunti, e capitoli sparsi, ha in lavorazione numerosi testi in cui rimane forte il tema della formazione individuale nel sud Italia.

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