Patres

Un giovane Telemaco di Calabria attende da anni il ritorno di suo padre, paralizzato nell’attesa, davanti all’orizzonte che può solo immaginare dal buio della sua cecità, attende su una spiaggia bagnata dal Mar Tirreno, mette le mani in avanti per vedere l’orizzonte, si rivolge verso il mare e aspetta che questo padre ritorni. È il mare che scandisce e accompagna la vita di questo figlio, incapace di vedere come di andare, in attesa di un padre che invece non è in grado di restare/tornare a casa, in una terra a volte ostile. Un “Pater” che lega il figlio ad una corda perché altrimenti potrebbe perdersi, incapace di stargli accanto, non ritrova il coraggio della testimonianza e la forza della trasmissione. Telemaco dalla lunga attesa, non aspetta un Godot, aspetta realmente qualcuno e l’attesa è dinamica, come un’erranza, un rischio.

Goethe afferma che l’eredità sta in un movimento di riconquista, il vero erede è un orfano a cui nessuno garantirà nulla. Ereditiamo il niente, ma non proveniamo dal niente, occorre quindi recuperare il nostro scarto col passato.

MOTIVAZIONE ASSEGNAZIONE PREMIO PRADELLA 2018

La giuria del Premio Pradella, esaminati i 26 progetti, ha ritenuto che lo spettacolo Patres della Compagnia Scenari Visibili di Lamezia Terme corrispondesse più degli altri ai criteri di selezione richiesti dal bando. La commissione ha molto apprezzato la ricerca drammaturgica, il lavoro sulla parola densa, immediata e arricchita di parti dialettali e l’originalità del soggetto nel testo di Saverio Tavano con in scena Dario Natale e Gianluca Vetromilo. Protagonsti in Patres sono il mare, la terra, la fuga impossibile/possibile, l’orizzonte invisibile al protagonista e soprattutto il conflitto tra un padre e un figlio descritti con notevole impatto emotivo nel testo e sulla scena. L’intensa attività di spettacolo, laboratori e azioni sul territorio fanno di Scenari Visibili una delle realtà rilevanti del sud di Italia che la commissione giudicatrice (Tommaso Amadio, Alberica Archinto, Antonia Chiodi, Bruno Fornasari, Marina Gualandi) è lieta di poter proporre al Teatro Filodrammatici di Milano nella stagione teatrale 2018/19.

 

Teatro Filodrammatici di Milano

28 gennaio 2019

Patres

Spettacolo vincitore del premio Pradella

con Dario Natale e Gianluca Vetromilo regia e drammaturgia Saverio Tavano produzione Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili

Con il supporto della Regione Calabria

Miglior spettacolo festival Inventaria 2014 Teatro dell’Orologio Roma Premio contro le mafie del MEI 2014 Secondo premio al Festival Teatrale di Resistenza Museo Cervi

Durata: 60 minuti

28 gennaio 2019: ore 21.00

BIGLIETTI: intero € 12,00| ridotto € 10,00 www.teatrofilodrammatici.eu tel. 02 36727550

Ufficio stampa: Antonietta Magli stampa@teatrofilodrammatici.eu – tel. 340 9037334

Nella pagina seguente rassegna stampa:

RASSEGNA STAMPA

Estratti stampa:

[…] Bravi gli interpreti a mantenere questi piani complessi, d’incontro ugualmente assurdo e reale, tra sogno, mito e quotidianità padri che se ne vanno. E che vorrebbero forse anche essere modello, ancora giovani del fare flessioni, spiegando velocemente il mondo che muta, scherzando cameratescamente, incapaci di ascoltare, di stare quietamente, di costruire con pazienza profondi legami affettivi. Tanti applausi al termine e molti “ Bravo!” per Dario Natale e Gianluca Vetromilo. – Valeria Ottolenghi – Gazzetta di Parma

[…] Un’ora di spettacolo dipanata per una partitura scenico-drammaturgica artigianale, incarnata nella plasticità degli attori, dall’effetto di presa aubitanea, epidermica. Un gioco di similitudini e naturalità, veracità e poesia. L’interpretazione fa da piatto forte a un corpus essenziale diretto con precisione lasciando margine di libertà espressiva, non redatto in limiti circostanziali. – Emilio Nigro – Hystrio

[…] Lo spettacolo, è emotivamente coinvolgente, notevole anche nell’intreccio dei linguaggi espressivi: la parola dà spazio alla danza, e lo spettatore in età – ma non quello soltanto – riascolta con emozione una delle prime, ruffiane, ma intramontabili canzoni di Celentano, Storia d’amore. […] – Claudio Facchinelli – corriere spettacolo.it

[…] Padre e figlio, ricerca e allontanamento, vicinanza di sangue e critica anagrafica. Guardando più in profondità il ragazzo ipovedente potrebbe rappresentare il popolo del Sud, la nazione calabrese o l’intera cittadinanza italiana che non vuole vedere quello che da anni gli fanno sotto il naso. […] – Tommaso Chimenti – rumor(s)cena

[…] La scelta di recuperare la lingua dei padri pare un ulteriore tentativo di ristabilire un rapporto con le origini che troppo spesso finisce per affondare nel mare della memoria perduta. Il dialetto lametino, dolce e musicale quello del giovane Telemaco, a volte aspro ed urlato, difficile alla comprensione, quello del Patres, diventa così parola drammaturgica che comunica ben oltre il semplice significato dei termini. Elisabetta Reale KRAPP’S LAST POST www.klpteatro.it

[…] In tutto questo Patres mostra la propria dimensione corporea, spingendo i due attori a un’interpretazione che alterna moti esplosivi e riduzione controllata (e faticosissima) dei muscoli; mostrando la trama della scrittura secca, essenziale, tanto diretta quanto allusiva, che fa pesare ogni parola, ogni frase, ogni dialogo, facendo pesare anche gli attimi di silenzio e di attesa; ma Patres mostra anche che il teatro è l’unico luogo (altro-dal-resto-dei-luoghi) in cui, le carezze delle dita nell’aria, fanno apparire un cane invisibile; in cui il rombo fuori-scena degli aerei richiama, anticipa o provoca l’abbandono paterno; in cui – illuminando la platea di fari blu – davanti al palco può esserci il mare e che, questo mare, sono gli spettatori. “La barca non si guida con gli occhi, la barca si guida con le orecchie” dice il padre, ad un punto; resta la gioia critica di aver assistito a una messinscena in cui la regia ha lavorato con senso della misura e concretezza opportuna; i rari elementi scenografici si sono prestati alla dimensione precisa che ha il teatro quando lavora di segni su fondo buio; gli attori hanno dato vita a una presenza meritevole davvero degli applausi finali. […] – Alessandro Toppi (Il Pickwick settembre 2014)

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