COLLEZIONI IN DIALOGO Un capolavoro del Museo Egizio di Torino raccontato dai Musei Vaticani

Collezioni in dialogo è il titolo del nuovo progetto espositivo che vedrà i Musei
Vaticani collaborare con le più importanti istituzioni museali nazionali ed internazionali
con l’intento di creare preziose e reciproche occasioni di dialogo, confronto, ricerca e
crescita scientifica.
L’iniziativa prende il via con il Museo Egizio della città di Torino che concede in prestito
uno dei suoi capolavori identitari. Dal 4 dicembre 2018 al 30 giugno 2019 la statua di
Amenhotep II – mai uscita prima dalla magnifica Galleria dei Re – troverà sistemazione
all’interno della collezione permanente del Museo Gregoriano Egizio del Vaticano.
A presentare l’iniziativa sono stati il direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, il
direttore del Museo Egizio, Christian Greco e il curatore del Museo Gregoriano Egizio,
Alessia Amenta.
“Ogni collezione museale è uno spazio di dialogo. – afferma il Direttore Barbara Jatta – Per questo
abbiamo deciso di consacrare dei luoghi privilegiati per evidenziare la ricerca attraverso il “dialogo” in tutte le sue accezioni. In questo primo appuntamento è il Museo Gregoriano Egizio e la statua di
Amenhotep II è il simbolo di una rinnovata ma consolidata politica di apertura culturale”.
La volontà di promuovere questo progetto si sviluppa sulle linee di un rapporto
intellettuale intenso e ricco di affinità tra i due Musei che da molti anni hanno avviato
una proficua collaborazione scientifica mettendo al primo posto la ricerca e la
conservazione: il Vatican Coffin Project e il Progetto Sekhmet sono due importanti progetti
internazionali che hanno all’attivo numerose pubblicazioni, conferenze, convegni e
mostre.
“Per il Museo Egizio, porre la ricerca e lo studio alla base della sua attività istituzionale, significa
anche mettere al centro il dialogo tra le istituzioni museali. – dichiara il Direttore Christian Greco
– Il dialogo e la collaborazione con i Musei Vaticani è stato avviato più di quattro anni fa, con il
Vatican Coffin Project, nell’ambito della ricerca che il Museo conduce sui sarcofagi del III Periodo
Intermedio, e testimoniato poi con l’esposizione del sarcofago restaurato di Butehamon, in occasionedell’inaugurazione del nuovo allestimento nell’aprile del 2015. Il prestito della statua di Amenhotep II, uno degli esempi più importanti della statuaria regale del Nuovo Regno, è un’altra tappa del dialogo tra le nostre collezioni”.

Capolavoro della statuaria monumentale faraonica, la scultura del sovrano Amenhotep II
(XVIII dinastia, fine del XV sec. a.C.), fa parte dell’importante collezione di Bernardino
Drovetti, Console generale di Francia, acquistata dai Savoia nel 1824.
Sovrano della gloriosa XVIII dinastia, quando l’Egitto diventa la potenza più importante
del Mediterraneo orientale, il lungo regno del faraone conta 26 anni di potere stabile e
fiorente, in cui l’arte si classicizza e si esprime attraverso una sobria eleganza e armoniosa
perfezione, celebrando le perfette proporzioni del corpo.
La celebre scultura è stata posizionata nella sala prima del Museo Gregoriano Egizio,
all’interno della quale è stato progettato un apposito allestimento che richiama il pilone,
l’ingresso monumentale di un tempio egizio simboleggiante l’orizzonte del cielo: il
faraone, come il dio Sole, appare all’orizzonte e illumina il mondo creato, portando la
vita rinnovata ogni mattina.
“Un capolavoro – dichiara il Curatore Alessia Amenta – raccontato nel suo valore simbolico più
profondo al grande pubblico dei Musei Vaticani attraverso un originale allestimento: il faraone
inginocchiato nell’atto di offrire agli dei celebra il principio fondante della cultura egizia, vale a dire la rivalsa della caducità dell’uomo attraverso la regalità legittimata”.
Collezioni in dialogo celebra lo spazio museale stesso come luogo ideale di dialogo. Con
questo presupposto, i Musei Vaticani e il Museo Egizio si sono intesi per rispondere alla
missione che ogni istituzione culturale per propria natura è chiamata ad assolvere:
raccontarsi e raccontare quel passato che rappresentano.

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