IL REGIME FORFETTARIO: LA NUOVA REGOLAMENTAZIONE

L’articolo 1 comma 54 lettere a) e b) della legge di Bilancio 2023 n.197/2022 ha apportato alcune modifiche al regime forfettario. In particolare, è stata incrementata a 85.000 euro la soglia per l’accesso/permanenza al regime. Inoltre, nel caso in cui vengano superati i 100.000 euro, è previsto il ritorno immediato in corso d’anno al regime ordinario. Invece, i soggetti che supereranno la soglia degli 85.000, ma non quella dei 100.000 euro, usciranno dal regime a partire dall’anno successivo.

Ai sensi del nuovo comma 54, art. 1 della L.190/2014, il regime forfettario è applicabile dai soli soggetti, persone fisiche, che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000 euro; abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente e accessorio, per un ammontare complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi.

Per la verifica dell’eventuale superamento del limite si deve tener conto del regime contabile applicato nell’anno di riferimento. Dunque, coloro che hanno operato in contabilità ordinaria devono calcolare l’ammontare dei ricavi conseguiti applicando il principio di competenza; coloro che hanno applicato il regime semplificato di cui al comma 1 dell’articolo 18 del d.P.R. n. 600 del 1973 devono calcolare l’ammontare dei ricavi conseguiti applicando il regime di cassa.

Il limite di 85.000 euro deve essere ragguagliato all’anno nel caso di attività iniziata in corso d’anno.

I proventi conseguiti a titolo di diritti d’autore concorreranno alla verifica del limite di 85.000 euro solo se correlati con l’attività di lavoro autonomo svolta, circostanza che sarà ritenuta sussistente se, sulla base di un esame degli specifici fatti e circostanze, gli stessi non sarebbero stati conseguiti in assenza dello svolgimento dell’attività di lavoro autonomo.

Ai fini del computo del limite in esame, non rilevano i maggiori ricavi o compensi da adeguamento agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), di cui all’art. 9-bis del DL 50/2017.

Per la verifica del superamento del limite, quando il contribuente esercita più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Nel computo del superamento del limite non devono essere considerati i proventi incassati in conseguenza della cessione dei beni strumentali. Pertanto, non solo le plusvalenze eventualmente realizzate non concorrono alla determinazione del reddito forfettario, con l’applicazione di specifici coefficienti di redditività, ma i proventi sono del tutto irrilevanti al fine di verificare il mancato superamento del limite di ricavi o di compensi.

La medesima soluzione riguarda anche i professionisti, che utilizzando in condivisione la struttura dello studio, procederanno ad addebitare periodicamente agli altri professionisti utilizzatori dello studio, una parte dei costi. È frequente, in questi casi, che un professionista sia intestatario del contratto di locazione e delle utenze e proceda ad addebitare periodicamente una parte dei costi agli altri professionisti che condividono l’uso della segreteria, della sala riunioni e di altri ambienti. Le somme così addebitate non hanno natura di compensi. Infatti, ove il professionista intestatario dei contratti non avesse adottato il regime forfettario, le stesse non avrebbero dovuto es-sere assoggettate a ritenuta d’acconto e avrebbero dovuto essere considerate in diretta diminuzione dei costi a cui si riferiscono (Circolari AdE n. 58/2001 e n. 38/2010).

Alla stessa conclusione si giunge per gli altri proventi non aventi natura di compensi. Si tratta, ad esempio, delle somme incassate da un professionista per la cessione della clientela.

Con riferimento alle cause ostative, il comma 692 della Legge di Bilancio 2020 n.160/2019 ha previsto il ripristino della causa ostativa già esistente sino al 2018 ed abolita dalla Legge di Bilancio 2019, attraverso l’inserimento nell’art. 1, comma 57 della L. 190/2014 della nuova lettera d-ter, mentre le restanti 5 cause ostative [previste nelle lettere a), b), c), d) e d-bis)] sono rimaste invariate.

In ultimo, la lettera b) dell’articolo 1 comma 54 della Legge di Bilancio 2023 n.197/2022 ha modificato il comma 71 della L. 190/2014 disponendo che chi avrà compensi o ricavi superiori ai 100 mila uscirà immediatamente dal forfettario, senza aspettare l’anno fiscale seguente.

Non possono avvalersi del regime forfettario le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfettari di determinazione del reddito. In questo caso l’incompatibilità con il regime forfettario è in re ipsa, ogniqualvolta il regime speciale IVA o di determinazione dei redditi sia un regime obbligatorio ex lege.

Non sono compatibili con il regime in esame i regimi speciali IVA e imposte sui redditi riguardanti le seguenti attività: agricoltura e attività connesse e pesca (articoli 34 e 34-bis del DPR n. 633/72); vendita sali e tabacchi (articolo 74, I° comma, del DPR n. 633/72); commercio dei fiammiferi (articolo 74, I° comma, del DPR n. 633/72); editoria (articolo 74, primo comma, del DPR n. 633/72); gestione di servizi di telefonia pubblica (articolo 74, I° comma, del DPR n. 633/72); rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta (art.74, I° c., DPR n. 633/72); intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al DPR n. 640/72 (articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633/72); agenzie di viaggi e turismo (articolo 74-ter del DPR n. 633/72); agriturismo (articolo 5, comma 2, della legge n. 413 /91); vendite a domicilio (articolo 25-bis, VI° comma, del DPR. n. 600/73); rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (articolo 36 del D.L. n. 41/95); agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione (articolo 40-bis del D.L. n. 41/95).

L’esercizio di un’attività esclusa dal regime forfettario, in quanto soggetta a un regime speciale IVA o espressiva, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, di un reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato con modalità forfettarie, preclude l’applicazione della disciplina per tutte le altre attività anche se non soggette a un regime speciale.

Tuttavia, i produttori agricoli, che rispettano i limiti previsti all’articolo 32 del TUIR, sono titolari di reddito fondiario e, pertanto, non esercitando l’attività d’impresa, possono applicare il regime forfettario per le altre attività che intendono svolgere.

La Circolare 9/E/2019 ha sottolineato che, per tale categoria di contribuenti, l’applicazione del regime forfettario è consentita a condizione che l’opzione per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari sia stata esercitata in relazione all’anno precedente quello di applicazione del regime forfettario.

Non possono avvalersi del regime forfettario i soggetti non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono in Italia almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto; non possono avvalersi del regime forfettario i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati e relative porzioni o di terreni edificabili, ovvero cessioni intra-comunitarie di mezzi di trasporto nuovi; non possono avvalersi del regime forfettario gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all’articolo 5 del TUIR, ovvero che controllano direttamente o indiretta-mente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni.

Per quanto riguarda il possesso di partecipazioni in società di persone, associazioni, imprese familiari e aziende coniugali, per l’accesso al regime l’impedimento dovrà essere eliminato entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui si intenda accedere al regime agevolato.

La Circolare n.9/2019 ha chiarito che l’eventuale acquisizione della partecipazione (ad esempio per eredità) in corso d’anno comporterà, così come stabilito dal comma 71 art. 1 della Legge 190/2014, la fuoriuscita dal regime forfettario a partire dall’anno successivo a meno che essa non venga ceduta entro l’ultimo giorno dello stesso anno.

Relativamente al possesso di partecipazioni in società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione è necessario il contemporaneo verificarsi di due condizioni ovvero il controllo diretto o indiretto di s.r.l. o associazioni in partecipazione; l’esercizio da parte del contribuente e della società della stessa attività economica o comunque di attività tra esse riconducibili.

In assenza di una delle predette condizioni, la causa ostativa non opera e il contribuente può applicare o permanere nel regime forfettario.

Riguardo alla prima condizione la Circolare 9/2019 ha evidenziato che per la definizione di controllo occorre rifarsi a quanto disposto dall’art. 2359 del Codice civile. Nella fattispecie, per il controllo diretto occorre verificare la maggioranza dei voti esercitabile in assemblea; i voti sufficienti ad esercitare influenza dominante; l’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali. Mentre, per quanto riguarda il controllo indiretto esso avviene anche se esercitato tramite società controllate, società fiduciarie e per interposta per-sona (familiari, coniuge, parenti fino al III° grado e affini entro il II° grado). Sarà considerata pertanto causa ostativa il possesso di partecipazioni pari o superiori al 50% del capitale sociale, anche se tale partecipazione fosse posseduta dal coniuge o da un parente entro il terzo grado.

In riferimento alla seconda condizione ostativa l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che l’attività esercitata dal contribuente si considera “riconducibile” a quella esercitata dalla società indipendentemente dai codici ATECO dichiarati ma in riferimento all’attività in concreto svolta dai due soggetti.

Nell’ipotesi di attività esercitate dalla società a responsabilità limitata appartenenti di fatto alla medesima sezione ATECO di quella in cui sono classificabili le attività esercitate dalla persona fisica in regime forfettario, la riconducibilità diretta o indiretta delle due attività economiche esercitate si riterrà sussistente ogniqualvolta la persona fisica che usufruisce del regime forfettario effettui cessioni di beni o prestazioni di servizi tassabili con imposta sostitutiva alla società a responsabilità limitata direttamente o indirettamente controllata, la quale, a sua volta, deduce dalla propria base imponibile i correlativi componenti negativi di reddito.

Di conseguenza, non sono attività riconducibili al contribuente forfettario le seguenti fattispecie: SRL e contribuente forfettario svolgono attività non rientranti nella stessa Sezione ATECO; SRL e contribuente forfettario svolgono attività rientranti nella medesima Sezione ATECO, ma assenza di prestazioni – acquisti di beni e prestazioni di servizi – dal contribuente forfettario nei confronti della società; SRL e contribuente forfettario svolgono attività rientranti nella medesima Sezione ATECO con cessioni di beni e prestazioni di servizi dal contribuente forfettario nei confronti della società non fiscalmente deducibili.

La verifica relativa all’applicabilità della causa ostativa deve essere effettuata non nell’anno precedente, ma nell’anno stesso in cui il contribuente ha applicato il regime forfettario. Solo con riferimento a tale anno può essere verificata la riconducibilità, diretta o indiretta delle attività economiche svolte dalla SRL alle attività economiche esercitate dal contribuente forfettario.

Non possono avvalersi del regime forfettario le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano inter-corsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatorio ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

La causa ostativa non si applica qualora la cessazione del rapporto di lavoro sia intervenuta anteriormente ai due periodi d’imposta precedenti a quello di applicazione del regime forfettario.

Tale causa ostativa prevede che i parametri cui fare riferimento per il calcolo della prevalenza sono i ricavi conseguiti e i compensi percepiti nei confronti dei datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o nei confronti dei quali il contribuente abbia svolto la propria attività lavorativa negli ultimi due periodi d’imposta ovvero nei con-fronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.

Il requisito della prevalenza andrà inteso in senso assoluto, con la conseguenza che, per integrare la causa ostativa, occorrerà che i ricavi conseguiti e i compensi percepiti nell’anno nei confronti dei datori di lavoro ovvero dei soggetti a essi riconducibili siano in ogni caso superiori al 50%.

Circa l’interpretazione della locuzione “datori di lavoro”, sono ricompresi nell’ambito di applicazione i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del TUIR.

Tuttavia, alla luce della ratio legis ispiratrice della causa ostativa in esame, occorre effettuare alcune distinzioni. In particolare, con specifico riferimento ai pensionati che percepiscono redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 49, comma 2, del TUIR, gli stessi non incorreranno nella causa ostativa in esame ogniqualvolta il pensionamento sia obbligatorio ai termini di legge.

La causa ostativa si applicherà viceversa nei casi di interruzione del rapporto di lavoro (ad esempio: licenziamenti, dimissioni ecc.) e di prosecuzione con l’ex datore di lavoro ovvero con soggetti direttamente o indirettamente a esso riconducibili dell’esercizio prevalente dell’attività di impresa o di lavoro autonomo, usufruendo del regime forfettario.

Per quanto riguarda la locuzione utilizzata dalla causa ostativa in esame riguardante i “soggetti direttamente o indirettamente riconducibili” ai datori di lavoro, si tratta dei soggetti controllanti, controllati e collegati ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

Possono svolgere attività in regime forfettario, in misura prevalente a favore del datore di lavoro o del ex datore di lavoro dei due periodi di imposta precedenti, senza decadere dal regime agevolato, i soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Non possono applicare il regime forfettario i contribuenti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati per un importo lordo superiore a Euro 30.000.

Per esplicita previsione normativa, il limite è irrilevante se il rapporto di lavoro è ces-sato, purché la cessazione sia avvenuta nell’anno precedente a quello di applicazione del regime for-fettario e, successivamente alla cessazione, non siano stati percepiti redditi di pensione (cumulabili, data la loro qualificazione fiscale di redditi assimilati ai redditi da lavoro dipendente) ovvero non sia stato iniziato un nuovo rapporto di lavoro ancora in essere al 31 dicembre dell’anno precedente. (Cfr. Circolare 10/E del 2016, Agenzia delle Entrate).

La lettera b) comma 54 della Legge di Bilancio 2023 n.197/2022 ha modificato il comma 71 della legge n.190/2014 prevedendo che i soggetti che avranno compensi o ricavi superiori ai 100.000 euro usciranno immediatamente dal forfettario, senza aspettare l’anno fiscale seguente. Conseguente-mente sarà dovuta l’imposta sul valore aggiunto a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del già menzionato limite. Invece, i soggetti che supereranno la nuova soglia degli 85.000 euro, restando sotto ai 100.000 euro, usciranno dal regime forfettario a partire dall’anno successivo.

Il comma 70 dell’articolo 1 della L. 190/2014 prevede che: “I contribuenti che applicano il regime forfettario possono optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L’op-zione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successiva-mente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata”.

Quindi, di regola, l’opzione per un regime di determinazione dell’imposta vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, trascorso il quale si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime scelto.

Ciò non significa che il contribuente che attualmente determina il reddito con modalità ordinarie, e che avrebbe potuto invece aderire al regime forfettario, nell’effettuare questa scelta (con opzione espressa, o anche solo a seguito di comportamento concludente) resti vincolato per un triennio.

Infatti, con la Risoluzione n. 64/E del 2018, è stato chiarito che il contribuente che, pur possedendo i requisiti previsti per l’applicazione del regime forfettario di cui alla legge n. 190/2014, abbia optato per i regimi di contabilità semplificata di cui all’articolo 18 del d.P.R. n. 600/1973, può passare al regime forfettario senza attendere il decorso di un triennio, anche qualora abbia scelto la particolare modalità di registrazione di cui al comma 5 del predetto articolo 18, in quanto trattasi di due regimi naturali dei contribuenti minori.

Ai fini del calcolo del limite dei 85.000 euro per l’ingresso nel regime forfettario, tuttavia, rilevano i soli componenti positivi effettivamente incassati nel 2022, mentre quelli non ancora percepiti concorreranno nel periodo d’imposta in cui si realizza l’effettiva percezione.

Pertanto, i contribuenti possono sempre transitare dal regime semplificato al forfettario se in possesso dei requisiti per la sua applicazione. In tal caso, infatti, il contribuente passa da un regime naturale a un altro regime naturale. A tal fine non occorre alcuna comunicazione preventiva o successiva e non è necessario esercitare una specifica opzione.

Nel caso di passaggio dal regime contabile ordinario, laddove lo stesso sia stato adottato per opzione, al regime contabile forfettario, l’opzione espressa vincola il contribuente per un triennio, visto che il regime contabile ordinario non è “regime naturale”.

Nel caso di adozione del regime forfettario nel 2023, con provenienza da un regime di contabilità semplificata o ordinaria, il contribuente passa da “soggetto IVA” a “soggetto non IVA”.

È, inoltre, necessario chiudere i conti con eventuali poste in sospeso ai fini IVA; effettuare, al ricorrere dei casi previsti dalla norma, la rettifica dell’IVA detratta sugli acquisti. Per quanto riguarda le poste in sospeso ai fini IVA, occorre ricordare che il contribuente – nell’ipotesi di passaggio al regime agevolato nel 2023 non sarà più chiamato ad effettuare le liquidazioni periodiche IVA. Di conseguenza, ogni valore “in sospeso” ai fini IVA deve essere chiuso in sede di dichiarazione IVA 2023, anno 2022.

Pertanto, se il contribuente ha effettuato operazioni attive per le quali l’esigibilità IVA è stata rinviata – ad esempio in presenza di liquidazione IVA per cassa ai sensi dell’art. 32-bis del DL n. 83/2012, con riferimento alle operazioni per le quali non è ancora intervenuto l’incasso (o non è decorso un anno) – lo stesso dovrà indicare tale operazioni nei righi corrispondenti alle aliquote applicate e, nel caso in cui abbiano concorso a determinare il volume d’affari di anni precedenti, il relativo imponibile deve essere compreso nel rigo VE39 – Operazioni effettuate negli anni precedenti ma con imposta esigibile nel 2022.

Allo stesso modo, l’IVA su acquisti sospesa al 31 dicembre 2022, dovrà esser computata nel quadro VF e, laddove si tratti di operazioni relative agli anni precedenti, il relativo ammontare dovrà essere indicato al rigo VF24 – Acquisti registrati negli anni precedenti ma con imposta esigibile nel 2022.

Nel caso in cui l’esigibilità o la detraibilità dell’imposta sia stata rinviata in ragione di opzione per la liquidazione IVA per cassa, posto che il contribuente nel 2023 non è più un soggetto IVA, tutte le operazioni devono essere incluse nel modello IVA 2023 anno 2022, anche se i presupposti di esigibilità non si sono verificati in tale anno, poiché è necessario chiudere tutte le poste in sospeso nell’ultimo anno in regime IVA ordinario.

Il passaggio dal mondo IVA al regime forfettario comporta la rettifica dell’Iva già detratta negli anni in cui si è applicato il regime ordinario, ai sensi dell’art. 19-bis2 del DPR n. 633 del 1972; infatti il contribuente passa da “soggetto IVA” a “soggetto non IVA”.

La fattispecie è disciplinata al comma 61, che regola le ipotesi in cui nel corso dell’attività esercitata interviene una modifica al regime di applicazione dell’imposta. Infatti, il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto al regime forfettario comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da operarsi nella dichiarazione dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie. In caso di passaggio, anche per opzione, dal regime forfettario alle regole ordinarie è operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo anno di applica-zione delle regole ordinarie.

Nel concreto, posto che le operazioni effettuate nel 2023, nell’ipotesi di adesione al regime forfettario, saranno fuori campo IVA, ai sensi dell’art. 19-bis.2 del D.P.R. 633/72 occorre “restituire” l’IVA sugli acquisti detratta, prima del passaggio al forfait, relativamente a beni non ancora ceduti alla data del 31 dicembre 2022 (ovvero IVA detratta relativamente alle fatture di acquisto di quei beni che sono rimasti a magazzino. A nulla rileva il fatto che le rimanenze finali siano fiscalmente rilevanti o meno ai fini delle imposte dirette); servizi non ancora fruiti alla data del 31 dicembre 2022; IVA su acquisti di beni strumentali mobili, con un monitoraggio di 5 anni (quindi a partire da quelli entrati in funzione dal 2019), in ragione di 1/5 ad anno mancante al compimento del quinquennio; IVA su acquisti di beni immobili, con un monitoraggio di 10 anni (quindi a partire da quelli acquisiti dal 2014), in ragione di 1/10 ad anno mancante al compimento del decennio. Non devono essere considerati i beni strumentali di costo inferiore a 516,46 euro, né quelli il cui coefficiente di ammortamento è superiore al 25%.

Nell’effettuare un passaggio da regime ordinario di determinazione del reddito (contabilità semplificata o ordinaria) al regime agevolato, occorre prestare attenzione a quanto disposto dal comma 66 dell’articolo 1 della L. 190/2014: “I componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfettario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime.”

Ai sensi di quanto previsto dal comma 68 dell’art. 1 della L. 190/2014: “Le perdite fiscali generatesi nei periodi d’imposta anteriori a quello da cui decorre il regime forfettario possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi del comma 64 [ovvero determinato secondo le regole proprie previste per il regime forfettario] secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”. L’indicazione delle perdite pregresse deve essere effettuata, in sede di modello Redditi, al rigo LM37.

Il criterio della rettifica dell’IVA previsto dall’ articolo 19-bis.2 del D.P.R. n. 633/1972 si rende applicabile “a favore” del contribuente nel caso in cui il contribuente passi da un regime “non IVA” quale il forfait, ad un regime IVA, e ciò sia nel caso che ciò avvenga per obbligo, sia a seguito di opzione.

Secondo quanto previsto dall’articolo 19-bis2 del D.P.R. 633/72, la detrazione dell’imposta relativa ai beni non ammortizzabili ed ai servizi deve essere rettificata in aumento o in diminuzione qualora i beni ed i servizi medesimi siano utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata. Ai fini di tale rettifica si tiene conto esclusivamente della prima utilizzazione dei beni e dei servizi.

Visto che ci si trova dinnanzi ad un mutamento del regime fiscale delle operazioni attive, che comporta la detrazione dell’imposta in misura diversa da quella già operata (poiché si passa dalla totale indetraibilità in presenza di regime forfettario ad un regime ordinario di determinazione dell’imposta), la rettifica deve eseguita limitatamente ai beni ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati e, per i beni ammortizzabili, la rettifica deve essere eseguita se non sono trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, ricordando che ai fini della rettifica IVA non si considerano ammortizzabili i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro, né quelli il cui coefficiente di ammortamento stabilito ai fini delle imposte sul redditi è superiore al 25%.

Le disposizioni relative ai beni ammortizzabili devono intendersi riferite anche ai beni immateriali di cui all’articolo 68 del TUIR; i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili, ma in tal caso il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione.

Dal punto di vista operativo, occorre quindi operare sulla falsa riga di quanto analizzato in precedenza, ma in maniera esattamente speculare: risalire ai beni non ancora ceduti alla data del 31 dicembre 2022, verificando la corrispondente imposta sul valore aggiunto che non è stata detratta in quanto l’operazione è stata effettuata quando il contribuente era in regime forfettario; stesso meccanismo per gli eventuali servizi non ancora usufruiti alla data del 31 dicembre 2022, per l’Iva relativa ai beni ammortizzabili ancora in carico al 31 dicembre 2022, rilevanti ai fini della rettifica in ragione del periodo di osservazione, pari a 5 anni per i beni mobili, e 10 anni per gli immobili.

Quindi, occorre verificare quali sono i beni ammortizzabili, di valore superiore a 516,46 euro ed aventi un coefficiente di ammortamento inferiori al 25%, ancora in carico al 31/12/2022 e acquisiti nel 2022 o nei 4 anni precedenti per i quali la mancata detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto è dipesa dalla vigenza del regime forfettario; se vi sono servizi non ancora fruiti per i quali non è stata detratta l’imposta nel 2022 in conseguenza del forfait, e che non sono ancora stati fruiti alla data del 31 dicembre 2022; se vi sono beni invenduti al 31 dicembre 2022 (ovvero il magazzino), determinando la corrispondente IVA assolta in sede di acquisto dei beni stessi, che non è stata detratta in quanto l’acquisto è stato effettuato in costanza del regime forfettario. Non va considerata nel conteggio l’eventuale IVA assolta sull’acquisto che comunque non avrebbe potuto essere portata in detrazione, quale potrebbe essere, ad esempio, il 50% dell’IVA relativa all’acquisto di un telefono cellulare.

Sorge ora il problema di comprendere quando l’IVA che discende dalla rettifica operata, a favore del contribuente, può essere portata in detrazione. Sul punto soccorre la citata Circolare n.73/E/2007, che precisa che la rettifica in caso di transito, per legge o opzione, nel regime ordinario dell’Iva, viene computata nel primo versamento periodico successivo alla fuoriuscita dal regime agevolato.

Quindi, supponendo che si tratti di un contribuente che nel 2023 è divenuto semplificato a liquidazione IVA trimestrale, nella liquidazione del I° trimestre 2023 si potrà computare in diminuzione l’ammontare di 400 euro, pari alla rettifica operata.

Per quanto riguarda la dichiarazione IVA, invece, nel futuro modello IVA 2024, che si riferisce all’annualità 2023, il contribuente esporrà la variazione operata al rigo VF70, con segno positivo, andando così ad evidenziare la maggiore IVA che è stata portata in detrazione (rispetto a quella risultante dagli acquisti ordinariamente effettuati nel 2023) in ragione della rettifica della detrazione operata.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares