La sfida laicista di Charlie Hebdo, rinnovata e dissacrante

Finalmente ho tra le mani l’ultimo numero di Charlie Hebdo, uscito questa mattina con Il Fatto Quotidiano. La copertina è irriverente e doveva esserlo perché questo è il DNA del settimanale parigino e perché bisognava rispondere alla scia di sangue iniziata con l’attentato terroristico contro la loro redazione e continuata per altri due giorni, mietendo vittime innocenti. Bisognava farlo per onorare quei 12 morti, giornalisti e vignettisti, insomma lavoratori intellettuali tanto invisi al mercantilismo imperante eppure celebrati ora come eroi, e gli altri morti colpevoli solo di stare facendo la spesa in un supermercato Kosher di Porte de Vincennes. “Io sono Charlie – scrive il Caporedattore Gérard Biard – significa io sono la laicità”. La vignetta (in foto) dà lo spunto per prendere in giro tutti, a partire da Maometto che l’Islam non vuole raffigurato, tanto meno in forma satirica, fino ai potenti che hanno preso parte alla Marcia Repubblicana. Nel suo editoriale il neodirettore Biard non risparmia nessuno: “Vorremmo inviare un messaggio a papa Francesco, che anche lui, questa settimana ‘è Charlie’: accettiamo che le campane di Notre-Dame rintocchino in nostro onore solo quando sono le Femen a suonarle”. D’altronde, l’anima di questo giornale è proprio l’anticlericalismo, il rifiuto del dogmatismo religioso, la laicità esibita contro tutti anche contro la sinistra “politicamente corretta”. Charlie Hebdo è figlio dell’universalismo francese prima ancora che un giornale dell’ultrasinistra anarchica ed eterodossa. Pur non condividendone la linea editoriale, poiché sono convinto che la cifra contenutistica della laicità delle idee risieda nella tolleranza e non nell’aggressione, riconosco il grande merito di avere riaperto il dibattito su temi altrimenti trascurati come la laicità dello Stato, la liberta di espressione e i suoi limiti, il multiculturalismo. Tutto quello che è accaduto deve farci riflettere su di noi e non solo sugli altri, vale a dire i mussulmani che un discorso neorazzista vorrebbe tutti pericolosi terroristi. La direzione è indicata da Carlo Freccero su Il Manifesto, quando ha scritto che “il problema è che noi non siamo più i portatori dei valori dell’illuminismo, ma abbiamo introiettato da tempo quella barbarie che ci sconvolge al di fuori di noi”. In altri termini o ritroviamo la matrice profonda dell’identità nei valori della Rivoluzione francese oppure annegheremo tutti (cristiani, mussulmani, ebrei, atei) in un mare di intolleranza, in un paesaggio violento e incivile nel quale non vale la pena vivere.

 

Pasquale MusellaCharlie Hebdo 14 gennaio 2015

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