IL BRANCH EXEMPTION

La stabile organizzazione costituisce una valida alternativa per investire nel mercato estero, sfruttando anche importanti opportunità fiscali.

I Gruppi d’impresa ad ampio respiro internazionale perseguono specifiche finalità di investimento nel mercato estero per ampliare il proprio business. Esistono, in merito, due possibilità: costituire un’impresa estera controllata o, in alternativa, creare una stabile organizzazione, ossia una sede fissa d’affari mediante la quale il soggetto controllante italiano esercita sul territorio dello Stato estero un’attività d’impresa in modo stabile e duraturo. Con il decreto crescita e internazionalizzazione delle imprese, nel 2015 il legislatore ha introdotto importanti benefici fiscali che, al ricorrere di determinate condizioni, consentono alla casa madre italiana di esentare gli utili conseguiti oltrefrontiera da parte della propria stabile organizzazione. Illustriamo, di seguito, il contesto normativo di riferimento e i correlati profili elusivi della branch exemption.

Nella letteratura internazionale per stabile organizzazione si intende una sede fissa di affari mediante la quale una società residente in Italia esercita un’attività d’impresa in un uno Stato estero, mediante l’impiego di uomini e mezzi. Rispetto ad un’impresa estera controllata, soggetta alle disposizioni previste dall’articolo 167 Tuir (CFC legislation), la stabile organizzazione non è un soggetto autonomo e indipendente, ma costituisce una promanazione della casa madre italiana, con la diretta conseguenza che, in linea di principio, i risultati economici della stabile organizzazione (utile o perdita) confluiscono nel bilancio della casa madre.

Per espressa disposizione normativa (articolo 162 del D.P.R. n. 917/1986), la «stabile organizzazione» materiale comprende: a. una sede di direzione; b. una succursale; c. un ufficio; d. un’officina; e. un laboratorio; f. una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali; f-bis. una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.

Per individuare la presenza di una stabile organizzazione materiale sono quindi necessarie precise condizioni: stabile presenza in un determinato territorio di risorse materiali (locali, magazzini, macchinari ed attrezzature); esercizio di un’attività d’impresa che viene a concretizzarsi tramite tale sede.

La stabile organizzazione è tipicamente costituita dai seguenti elementi essenziali: 1. presenza di una sede di affari, per mezzo della quale un’impresa esercita in parte la sua attività su un determinato territorio; 2. disponibilità della sede di affari da parte di un determinato soggetto, circostanza che può realizzarsi anche con un titolo diverso dalla proprietà; 3. stabilità e permanenza temporale dell’insediamento, che risulta strumentale allo svolgimento dell’attività d’impresa.

La stabile organizzazione materiale viene accertata sulla base di un preciso iter logico giuridico, come di seguito indicato: 1. individuazione della sede di affari (c.d. place of business test); 2. verifica della reale disponibilità materiale (c.d. right of use test); 3. la sede di affari deve essere fissa – permanente (c.d. location test); 4. riscontro del carattere di permanenza temporale (c.d. permanence test); 5. verifica della strumentalità con l’attività di impresa esercitata (c.d. business connection test).

Si ha una stabile organizzazione personale, quando un agente dipendente agisce per conto dell’impresa non residente, esercitando abitualmente il potere di concludere contratti in nome della stessa (articolo 162, comma 6, del D.P.R. n. 917/1986).

L’agente dipendente stipula, abitualmente, contratti per conto della casa madre. Egli svolge un ruolo significativo ai fini della conclusione di contratti che sono stipulati di solito dall’impresa senza modifiche materiali da parte della stessa. Conclude contratti in nome dell’impresa che hanno ad oggetto il trasferimento di proprietà o altro diritto d’uso con riferimento a beni di proprietà dell’impresa o di cui la stessa abbia il diritto all’utilizzazione, ovvero la prestazione di servizi da parte dell’impresa.

Opera come semplice mediatore, commissionario generale, o mero intermediario mantenendo totale indipendenza dal soggetto non residente. In merito, occorre individuare: l’indipendenza giuridica ed economica; l’autonomia decisionale; il rischio di impresa che deve gravare in capo al singolo agente; il numero di imprese che l’agente rappresenta: se lo stesso agisce quasi esclusivamente per un unico committente/mandante, risulterà difficile attestare lo status di indipendenza dello stesso agente.

L’art. 11 del Reg. UE 282/2011 del 15 marzo 2011 prevede che la stabile organizzazione designa qualsiasi organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e di una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici, necessari a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione. L’articolo 7, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972 prevede che per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute.

Ai fini IVA, la stabile organizzazione ai fini IVA deve: avere un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di effettuare l’operazione alla quale partecipa (art. 53 par. 1 Reg. UE 282/2011); essere intervenuta nell’operazione (art. 53 par. 2 Reg. UE 282/2011); utilizzare le risorse umane e tecniche per fini inerenti al compimento della transazione alla quale partecipa (art. 53 par. 2. reg. 282/2011); partecipare attivamente alla fase commerciale propedeutica alla vendita o alla prestazione di servizi. Non si deve trattare di un mero supporto amministrativo (art. 53 par. 3 reg. 282/2011).

Ai sensi dell’articolo 168-ter Tuir, introdotto nel nostro ordinamento dall’articolo 14, comma 1, D.lgs. n. 147/2015 (decreto sulla crescita e internazionalizzazione), un’impresa residente in Italia può adottare un regime tributario di particolare favore che prevede l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero, optando per la c.d. “branch exemption”.

Per poter esercitare l’opzione, occorre rispettare i seguenti requisiti. Nella fattispecie, l’esenzione deve riguardare gli utili e le perdite attribuibili a tutte le stabili organizzazioni costituite all’estero, in base al noto principio all in – all out; l’opzione deve essere esercitata all’atto della costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta, ed è irrevocabile; per le stabili organizzazioni già esistenti, l’opzione in rassegna può essere esercitata entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni sulla branch exemption (7 ottobre 2015), con effetto dal periodo d’imposta in corso a quello di esercizio della stessa.

Ai sensi dell’articolo 168-ter Tuir, «1. Un’impresa residente nel territorio dello Stato può optare per l’esenzione degli utili e delle perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero. L’opzione è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta».

In buona sostanza, la nuova disciplina, in vigore dal 7 ottobre 2015, prevede che gli utili o le perdite conseguite dalla stabile divengono irrilevanti per l’erario nazionale, scontando esclusivamente l’imposizione prevista nello Stato di produzione del reddito.

Di conseguenza, il contribuente dovrà scegliere tra due meccanismi di tassazione alternativa del reddito delle stabili organizzazioni estere. In particolare, il primo prevede l’applicazione dell’aliquota italiana IRES del 24% sugli utili prodotti dalla branch ovvero con il contestuale riconoscimento delle relative perdite e del credito di imposta ex articolo 165 Tuir (c.d. worldwide taxation principle); il secondo denominato branch exemption, che rende irrilevanti gli utili e le perdite conseguite all’estero dalla stabile organizzazione, che sarà tassata applicando unicamente l’imposta estera con la locale aliquota (c.d. capital import neutrality principle).

Gli utili e le perdite dalla stabile organizzazione confluiscono nella contabilità della casa madre italiana e, conseguentemente, contribuiscono alla determinazione del reddito o della perdita.

Infatti, ai sensi dell’articolo 14, comma 5, del D.P.R. n. 600/1973, le società e gli enti che esercitano attività commerciali all’estero mediante stabili organizzazioni devono rilevare nella propria contabilità distintamente i fatti di gestione che interessano le stabili organizzazioni, determinando separatamente i risultati dell’esercizio relativi a ciascuna di esse.

Gli utili e le perdite dalla stabile organizzazione vengono, su opzione del contribuente, esentati dalla determinazione del reddito o della perdita della casa madre, operando specifiche variazioni in aumento e/o in diminuzione del reddito imponibile. Quindi, il reddito e/o la perdita conseguita dalla stabile organizzazione saranno rilevanti unicamente nello Stato estero di localizzazione della stabile organizzazione.

Ai sensi dell’articolo 168-ter Tuir: «3. Quando la stabile organizzazione soddisfa le condizioni di cui al comma 4 dell’articolo 167, comma 4, l’opzione di cui al comma 1 si esercita, relativamente a tali stabili organizzazioni, a condizione che ricorra l’esimente di cui al comma 5 del citato articolo 167. 4. Le imprese che esercitano l’opzione di cui al comma 1 applicano alle proprie stabili organizzazioni, in assenza delle esimenti richiamate nel comma 3, le disposizioni dell’articolo 167.» L’articolo 167 Tuir disciplina il regime fiscale CFC che si rende applicabile al ricorrere congiunto di una duplice condizione pregiudiziale di accesso (prevista dall’articolo 167, comma 4, Tuir), che investe le imprese controllate estere.

Esiste una causa esimente in base alla quale la normativa CFC può essere disapplicata se il soggetto controllante residente in Italia dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali (articolo 167, comma 5, Tuir).

In buona sostanza, qualora le stabili organizzazioni estere soddisfino la stessa duplice condizione sopra indicata prevista per l’accesso alla CFC, l’esercizio dell’opzione per la branch exemption è subordinata al ricorrere dell’esimente sopra indicata, prevista dall’articolo 167, comma 5, Tuir.

L’articolo 168-ter, comma 5, Tuir sancisce che: «5. Nel caso di esercizio dell’opzione di cui al comma 1 con riferimento alle stabili organizzazioni per le quali risulti integrato il requisito di cui al comma 1 dell’articolo 47-bis (dividendi paradisiaci) e non siano rese applicabili le disposizioni di cui all’articolo 167, si applicano, sussistendone le condizioni, le disposizioni degli articoli 47, comma 4, e 89, comma 3.» Tale disposizione si riferisce al caso in cui la società madre residente in Italia (con branch paradisiaca all’estero) distribuisce ai propri soci residenti in Italia (es. holding capogruppo italiana) i dividendi di provenienza “black”, ossia derivanti da redditi conseguiti all’estero dal soggetto residente per il tramite della stabile organizzazione. Infatti, in deroga alla regola generale di esclusione dal

concorso della base imponibile degli utili rimpatriati dalle branch esenti, la norma prevede che gli utili realizzati dalla branch esente localizzata in Stati a fiscalità privilegiata, siano tassati in capo alla casa madre nel momento in cui questa li distribuisce ai propri soci, secondo le disposizioni degli articoli 47, comma 4, e 89, comma 3, del TUIR.

Ai sensi dell’articolo 168-ter Tuir, comma 7 e 8 Tuir, viene previsto che: «7. Ai fini del comma 6, l’impresa indica separatamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di esercizio dell’opzione, gli utili e le perdite attribuibili a ciascuna stabile organizzazione nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di effetto dell’opzione. Se ne deriva una perdita fiscale netta, gli utili successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono imponibili fino a concorrenza della stessa. Dall’imposta dovuta si scomputano le eventuali eccedenze positive di imposta estera riportabili ai sensi dell’articolo 165, comma 6. 8. Le disposizioni del comma 7 relative al recupero delle perdite fiscali pregresse della stabile organizzazione si applicano anche quando venga trasferita a qualsiasi titolo la stabile organizzazione o parte della stessa ad altra impresa del gruppo che fruisca dell’opzione di cui al comma 1.»

La disposizione antielusiva in rassegna, reca i seguenti effetti: primo anno esercizio opzione per S.O. già esistenti: opera la tassazione degli utili della stabile organizzazione “esente” sino al totale riassorbimento delle perdite fiscali nette importate dalla medesima stabile nei 5 periodi d’imposta precedenti a quello di esercizio dell’opzione; in caso di trasferimento intercompany della stabile organizzazione, il «recapture segue la branch che lo ha generato».

Quindi, il soggetto acquirente infragruppo sarà costretto a tassare i redditi della medesima branch fino al totale riassorbimento del recapture.

Infine, ai sensi dell’articolo 168-ter Tuir, il legislatore prevede che: «10. In caso di esercizio dell’opzione, il reddito della stabile organizzazione va separatamente indicato nella dichiarazione dei redditi dell’impresa e ai fini della sua determinazione valgono i criteri di cui all’articolo 152, […]»

Ciò significa che il reddito della S.O. è determinato in base agli utili e alle perdite ad essa riferibili, secondo le disposizioni della Sezione I, del Capo II, del Titolo II del D.P.R. n. 917/1986 sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti.

In merito, per calcolare il reddito della stabile organizzazione occorre fare diretto riferimento al principio elaborato in ambito OCSE, che vede la stabile organizzazione quale «functionally separate entity», svolgente le medesime o analoghe attività, in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati; i componenti di reddito attribuibili alle S.O. relativamente alle transazioni e alle operazioni intercompany sono determinati in base alle regole in tema di transfer pricing (art. 110, comma 7, del D.P.R. n. 917/1986).

Nel panorama della fiscalità internazionale, la stabile organizzazione rappresenta una grande opportunità per le imprese italiane che intendono investire nel mercato estero. Il legislatore ha inteso agevolare il business oltrefrontiera, introducendo un particolare regime denominato “branch exemption”, il quale prevede l’esenzione dei profitti e delle perdite realizzate dalle stabili organizzazioni all’estero, con possibilità per la casa madre italiana esentare da tassazione, al ricorrere delle particolari condizioni previste dalla normativa di riferimento, i profitti realizzati dalla sede fissa di affari all’estero.

Tuttavia, qualora un’impresa italiana intenda operare in regime di branch exemption, dovrà tenere conto delle numerose disposizioni antielusive e, in particolare, del “carattere totalitario dell’opzione” che obbliga di includere nel perimetro delle branch oggetto di opzione tutte le stabili organizzazioni riferite alla casa madre italiana. Infatti, eventuali comportamenti elusivi posti in essere dal contribuente potrebbero essere valutati in applicazione delle disposizioni in tema di abuso del diritto ex articolo 10-bis della Legge n. 212/2000, con conseguente recupero a tassazione delle imposte sottratte a tassazione in assenza di valide ragioni economiche.

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