Cloud Atlas e l’eterno ritorno

Un’azione compiuta oggi, originata da qualsivoglia istinto, può riverberarsi nei secoli a venire.

Sembra incredibile, sembra fantasia, sembra una sciocchezza romantica; eppure, usciti dalla sala cinematografica, non sembra un pensiero così lontano dalla realtà.In fondo, noi, qui, oggi, non siamo forse il prodotto di milioni di anni di perfezionamento, di tentativi e correttivi, di azioni compiute da milioni di altri uomini. Conteniamo la bellezza di ere trascorse. Uomini e donne hanno influenzato il nostro presente senza aver avuto neanche il lontano sentore che compiere un’azione quotidiana, come poteva essere fare una carezza, avrebbe potuto riflettersi in un futuro talmente distante da non avere neanche un nome. Forse è una questione di sensibilità, il credere a questo genere di storie. Alcuni lo chiamerebbero “Karma”, altri ci vedrebbero un meno spirituale (e più cartesiano) nesso causa-effetto;  111personalmente, udendo i commenti a caldo e riflettendo sulle immagini appena viste e sui temi appena affrontati, mi è venuto in mente che la “poesia”, più in generale, la bellezza (vago e non identificabile); ha bisogno di un terreno reso fertile da una sensibilità sopravvissuta al violento impatto con il mondo e l’età (presunta) adulta. Il lavoro, il denaro, l’appagamento dei bisogni; sono annoverabili fra i fattori che portano il cuore all’inaridimento. A tal punto che alcune persone sono disposte a pagare per “annoiarsi” davanti a quello che dovrebbe essere un momento di godimento del proprio tempo, assistendo allo svolgersi di una storia attraverso i secoli. Quando un “essere sensibile” trova qualcuno che ha conservato la capacità, lafacoltà di stupirsi. Allora può permettersi di regredire, di –come dire- riassaporare quell’innocenza che non è perduta, solo trascurata, messa da parte; quasi a proteggerla da un mondo che sembra ricoperto di spigoli contro cui sembra così facile ferirsi. Senza colpa, solo travolta dagli eventi e dal tempo. Condizionata dagli altri (così importanti in alcuni momenti della vita) e dagli anni, che sono il nostro modo di misurare la nostra esperienza, che sono la nostra corona.Tuttavia c’è qualcosa che resta; qualcosa che tace e continua a splendere anche dopo che la nostra corsa è arrivata alla sua fine, o almeno è così che ci sembra. Ma ci sono ancora tante vite da conoscere e tanto da essere, senza necessariamente conservare la forma a cui siamo abituati nel periodo di veglia fra un’esistenza e l’altra; nel tempo che non esiste ne non in quella fantasiosa invenzione che è l’orologio.

 

Giampaolo Giudice

 

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares