Ricamatrici di Italia

Un mestiere antico può aprire le porte del futuro. In Italia c’è una crescente richiesta di sarte e di ricamatrici. Lavori che pensavamo appartenessero al passato sono tornati in auge e potrebbero dare occupazione, il che rappresenta una buona notizia in un paese come il nostro e in un momento storico com’è questo di crisi e di disoccupazione di massa che infierisce in particolar modo sui giovani (e anche sui meno giovani) e sulle donne. Per decenni sarte e ricamatrici si sono tramandate il mestiere, imparandolo a bottega. Ci sono realtà come la Brunello Cucinelli che affianca i maestri della moda italiana nella realizzazione di abiti che sfilano sulle passerelle di tutto il mondo. La resistenza di questo pezzo di artigianato italiano – la quintessenza del Made in Italy – è riuscito a sopravvivere alla globalizzazione e alla crisi, perché il patrimonio di sapere accumulato in tanti anni non si improvvisa nelle fabbriche dei paesi con la manodopera a basso costo. La chiave del successo risiede nella tenacia e nella passione per questo lavoro faticosissimo ma anche nella qualità del prodotto realizzato. Gli stessi stilisti, soprattutto per le collezioni di Haute Couture, rivendicano la necessità e l’urgenza di ristabilire la primazia del fatto-a-mano, ovvero del fatto-a-regola-d’arte. Ne è una prova l’atelier di Giada Curti a Roma che ottiene consensi anche nella ricca piazza commerciale di Dubai, dove la stilista originaria di Frosinone ha aperto le sfilate del Bride Show. In quell’occasione la moglie di un ricco sceicco e alcune amiche hanno comprato tutta la sua collezione. Il problema è persuadere le nuove generazioni del valore dell’artigianato dopo trent’anni di svalutazione di questo settore in nome della alfabetizzazione di massa. Un altro problema è rappresentato dalla carenza in Italia di scuole ad hoc per diventare sarte e ricamatrici. Nel borgo di Solomeo alle porte di Perugia la già menzionata Brunello Cucinelli ha creato una scuola dove si studiano materie come ‘Rammendo’ e ‘Riammaglio’. C’è poi la Fondazione Cologni che è impegnata proprio sul fronte del salvataggio dell’artigianato nella moda. Non si tratta solo di diventare sarte, ma anche ricamatrici e merlettaie. Un altro ostacolo è rappresentato dagli stessi artigiani che fanno fatica ad adeguarsi al cambiamento. Gli anziani spesso sottovalutano l’importanza della comunicazione e del marketing nell’era di Internet e dei social network. Diversamente dalle case di moda che ricorrono massicciamente all’universo digitale per attrarre clienti e buyers, coloro i quali quella moda concretamente la fanno diffidano del ritorno commerciale e di immagine della rete. L’ingresso di tanti giovani nativi digitali sta mutando rapidamente questo stato di cose. All’appello mancano dunque solo le istituzioni che fanno ancora troppo poco per incoraggiare l’artigianato e il cosiddetto artigianato 2.0, non rassegnandosi al fatto che l’industrialismo è morto e da tempo.       

 

La foto  di Federica Tomassetti.

Pasquale MusellaRicamatrici di Italia

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