L’ITALIA TRA DIRITTO ALLA TRASPARENZA E DIRITTO ALLA PRIVACY

“La chiarezza è una giusta distribuzione di ombre e di luci” scrisse Goethe. Sicuramente nella nostra vita quotidiana tale distribuzione non è poi, così propriamente equa, ed è ancora peggio nella vita pubblica delle nostre Istituzioni.

Infatti, il rapporto tra cittadino e le sue Istituzioni è un misterioso rapporto di subalternità, per cui lo Stato, nelle sue forme istituzionali, può decidere cosa far sapere, cosa non far sapere, e pure stabilire il grado di tale conoscenza, a seconda delle proprie convenienze ed opportunità.

Così la trasparenza, il trasformare le Istituzioni in case di vetro e non in segreti bunker spesso fa a pugni con quell’astruso concetto di privacy, dietro cui troppo si nasconde.

L’informazione non è sempre così fluida, laddove essa sia comunque libera, e spesso al cittadino richiedente viene sbattuta in faccia la porta del diniego, o, peggio ancora, l’assordante silenzio, che chiude ogni via d’accesso ed ogni comunicazione.

L’avvocato Ernesto Belisario ed il giornalista Guido Romeo sono gli auturi di un interessante libro inchiesta, proprio sul tema della trasparenza negata, “Silenzi di Stato”, edito da Chiarelettere.

Un testo sulla trasparenza negata e sulla caparbietà di alcuni cittadini nel pretenderla; dieci storie simboliche, dieci episodi reali per comprendere quanto sia insita, come gramigna, nelle nostre Istituzioni, la convinzione che non tutto deve essere veicolato all’esterno, che talune informazioni devono rimanere chiuse nelle segrete stanze.

E non stiamo parlando di informazioni sensibili per la salvaguardia nazionale, non stiamo rlando di informazioni riservate, trasmesse dall’intelligence e dai servizi segreti; no, stiamo parlando d’informazioni che dovrebbero essere di dominio pubblico a prescindere, e che invece, troppo spesso, purtroppo, vengono negate.

Questo è infatti, il “rapporto che, per più di centocinquant’anni, gli italiani hanno avuto con governi e pubbliche amministrazioni. Nonostante la regolare riscossione delle tasse, infatti, fatte salve rare eccezioni, non è stato riconosciuto e garantito il diritto del cittadino di poter controllare cosa facevano lo Stato e gli enti locali”.

Certo le cose negli anni sono cambiate, una legge sulla trasparenza c’è, ed è un bene, ma non è stata sufficiente, visto che lascia eccessiva discrezionalità, e in questo modo, non consente il pieno accesso a tutti gli atti amministrativi.

Ad esempio, è possibile che lo Stato spenda soldi pubblici, e tanti, troppi, per realizzare un sito web, come Italia.it, che avrebbe dovuto essere la vetrina promozionale del nostro turismo, ed invece,si rivela inutile, pieno di errori grossolani, divenendo, in breve, una gran barzelletta, e nessuno riesce a sapere i suoi costi di spesa? È possibile che un insegnante non possa sapere se i colleghi presenti davanti a lui nelle graduatorie, abbiamo titoli accademici per ricoprire quel ruolo? È possibile che non riusciamo a sapere quasi nulla sullo stato di manutenzione degli edifici pubblici, salvo poi conoscere i drammi quando crollano per le scosse di terremoto? È possibile che non possiamo conoscere le spese personali effettive di un Sindaco, fatte con la carta di credito del proprio comune, cioè con i soldi pubblici?

Questi e molti altri interrogativi ci vengono proposti in questo interessante saggio d’inchiesta, proprio a sottolineare quanto la questione della trasparenza non sia un mero principio astratto quanto una realtà che ci riguarda da vicino.

E se la sottile linea di divisione tra privacy e trasparenza è stata ben marcata, e da tantissimo tempo, nei paesi scandinavi, tanto da non essere già più un problema, qui da noi invece il dibattito resta ancora aperto, anche se con la prossima introduzione del Foia(Freedom of information act) italiano, tutto dovrebbe cambiare in senso positivo.

Perché “il diritto dei cittadini di accedere all’informazione è lo strumento democratico più importante dopo il diritto di voto”, ed il prezioso testo di Belisario e Romeo, e proprio qui a testimoniarlo.

R.Z.

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