L’Arpagone dalle Albe al Teatro Valle

Quella del Teatro delle Albe (fondato nel 1983 da Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina, Marcella Nonni) è un’esperienza ormai consolidata; la compagnia di Ravenna ha ormai un stile riconoscibile, nel quale si uniscono elementi visionari e grotteschi, popolari e raffinati, il lavoro sui classici si affianca alla passione per la lingua dialettale. Mai viene tralasciato, anzi è essenziale, il percorso pedagogico con le giovani generazioni.
Quest’anno il Teatro Valle di Roma ospita le Albe con una monografia di scena che è iniziata mercoledì 24 con L’Avaro, di Molière nella traduzione di Cesare Garboli, a interpretare la parte del protagonista, Arpagone, è Ermanna Montanari (nella foto). I capelli tirati, il volto reso bianco dalle luci (sono di Francesco Catacchio e Enrico Isola) più che dal trucco, l’attrice sembra un Pierrot grottesco, una maschera che supera il tempo. Non importa che sia un uomo o una donna a impersonarla: l’avarizia, difetto sordido dal quale nascono l’adulazione, l’ipocrisia, il cinismo, non ha sesso, né spazio né tempo. Non per niente, capostipite di tutti gli avari del teatro è Euclione, protagonista dell’Aulularia di Plauto, anche se l’avaro per antonomasia è appunto quello creato da Molière. Martinelli, che è anche regista dello spettacolo e interprete del personaggio di Anselmo, e Montanari leggono e reinterpretano la figura di Arpagone in maniera personale, rendendolo una sorta di «fantasma-burattino di un perpetuo, ridicolo potere». La voce del vecchio, dura, chioccia, dolce quando parla dei suoi 10.000 scudi nascosti in una cassetta, arriva attraverso un microfono che di quel potere è simbolico scettro. Se tutti nella casa vivono in funzione del padrone, hanno al contempo una vita propria e vissuta al di fuori di lui, fatta di ciò che sono davvero, di ciò che pensano e sognano e desiderano. L’avaro è solo, ma quando ha il proprio denaro basta a se stesso.
Con Ermanna Montanari è «in scena tutta la compagnia, a ricreare una galleria di personaggi impauriti e ipocriti». Un insieme armonico e una solida drammaturgia, al contempo spettacolo godibile e occasione per riflettere su un ‘fondo nero’ che la comicità non basta a nascondere.
La monografia del Teatro delle Albe durerà fino al 5 dicembre. All’Avaro seguiranno l’Odisea, monologo di Tonino Guerra interpretato dal giovane attore Roberto Magnani, e, nella stessa serata, Aria Pubblica, un corto teatrale su versi di Patrizia Cavalli e interpretato da Laura Redaelli, che è frutto del laboratorio al Teatro Rasi di Ravenna (sede e ‘casa’ delle Albe). A chiudere, una novità di Marco Martinelli, un monologo sul tema dell’immigrazione e delle morti nel canale di Sicilia, dal titolo Rumore di acque, affidato all’attore Alessandro Renda con le musiche originali eseguite dal vivo dai fratelli Mancuso. Per finire, due incontri-dibattito con il pubblico e la proiezione dei film\documentario Ubu Buur e Ubu sotto tiro, a cura di Alessandro Renda.

Mirella Saulini

Per più ampie informazioni: tel. 06 68803794; www.teatrovalle.it

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