Al Teatro India debutta Un angelo sopra Bagdad (Palace of the end)

Mercoledì 23 maggio alle ore 21.00 al Teatro India di Roma debutta Un angelo sopra Bagdad, tratto da Palace of the end della drammaturga canadese Judith Thompson, nell’allestimento firmato da Marco Carniti che porta in scena una trilogia di voci per mostrare gli aspetti più crudi e violenti della guerra in Iraq. Un’indagine sul senso della giustizia attraverso tre monologhi, tre vite, tre differenti percorsi con un unico denominatore: la condanna della storia e dell’umanità.

Sul palcoscenico Pamela Villoresi, Melania Giglio e Gianluigi Fogacci raccontano le vicende di tre personaggi, attingendo direttamente da fatti di cronaca. Lynndie England, ventenne soldatessa americana, figlia di un ferroviere, condannata per le torture a sfondo sessuale nel carcere di Abu Ghraib, tristemente nota per la foto che la ritrae con il pollice alzato dietro al cumulo di prigionieri iracheni ammassati uno sull’altro. David Kelly, il microbiologo trovato morto in circostanze sospette, che ha contribuito a scrivere il dossier, poi rivelatosi falso, sul presunto possesso di armi non convenzionali da parte dell’Iraq. Una morte misteriosa se si pensa che per casualità furono trovati morti tra il settembre e il novembre del 2001 altri 15 biologi e virologi di fama mondiale, suicidi o scomparsi in circostanze oscure. Ed infine, una donna conosciuta come “l’Angelo che vola sopra Bagdad”, (dalla quale nasce il titolo per la versione italiana), una madre irachena, moglie del capo del Partito Comunista, che dopo aver visto torturare e uccidere i propri figli dal regime di Saddam, viene a sua volta uccisa dalle bombe dell’invasione americana.

“Lo spettacolo è un’occasione per riflettere sugli effetti devastanti del potere, con la consapevolezza che all’interno di una dittatura la distorsione della verità è costante – spiega il regista Marco Carniti – Pertanto è impossibile attribuire con esattezza i ruoli di vittime o carnefici … così ho voluto leggere i tre personaggi come tre condannati a morte dalla storia, inserendoli all’interno di una prigione ipotetica che rimanda alla vera Guantanamo. Il pubblico vive confessioni che si possono ascoltare nel parlatorio di una prigione. Una prigione che allo stesso tempo rappresenta un’assemblea di fronte alla quale è possibile crearsi una nuova opinione, in un mondo che sembra completamente narcotizzato”.

Un angelo sopra Bagdad mette in discussione il senso stesso della giustizia, un vero e proprio processo alla realtà, su un palcoscenico dominato da tre porte murate e da un recinto di reti metalliche. I personaggi-testimoni si chiudono di fronte al pubblico per gridare la loro verità al mondo attraverso un linguaggio secco e quotidiano che esalta la forza della parola. Una storia straziante che sembra strappata direttamente dal cuore dell’Iraq, un altro fantasma che vola senza pace su Baghdad in attesa di vedere il suo popolo regnare sulla propria nazione.

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