Come Hänsel e Gretel. La fame dell’anima

La fiaba, un genere letterario antichissimo e diffuso in tutte le culture del mondo ma spesso frainteso e sconosciuto. Fuorviati dall’interpretazione disneyana, crediamo che questi ancestrali esempi di saggezza popolare, siano delle storie edificanti, il cui scopo principale è quello di mostrare che il bene vince sempre sul male. Ma gli Antichi, sempre più umani di noi, con questi incantati gioielli letterari volevano spiegarci in realtà come far vincere il bene e, soprattutto, in quale cieco baratro piombi chi si avvicina al male. Ecco perché la fata di Pinocchio muore per le malefatte del giovane burattino ma poi resuscita di fronte al suo sincero pentimento, oppure la rana e lo scorpione annegano entrambi nello stagno, a causa delle malizia insita nel carattere del secondo. Gli elementi terrificanti e cupi sono spinti all’estremo nella fiaba di Hänsel e Gretel, nella quale due bambini vengono abbandonati alla morte dai genitori, spinti dalla miseria e dal bisogno, giungono in una casa fatta di dolciumi (simbolo del peccato capitale della gola) e uccidono una strega, che vuole mangiarli, per potersi liberare. Tutta la favola è permeata dalla tematica della fame, del bisogno spirituale che si manifesta come bisogno fisico, la mancanza di qualcosa, che è metaforicamente rappresentato dal cibo ma che, in realtà, è carenza di valori e di affetto. Un argomento fatto a posta per la società di oggi, alla quale si attaglia in maniera perfetta. Per questo, la compagnia Teatro Libero di Palermo ha rivisitato l’opera dei fratelli Grimm in chiave contemporanea e l’ha presentata con successo sia in terra di Sicilia, che in una tournee attraverso l’Italia. Nella tappa romana la rappresentazione è stata messa in scena al Centro Teatro Preneste. Il tema principale dello spettacolo è, come nella fiaba originale, la fame anche se intesa in maniera del tutto differente. La nostra è una società figlia del benessere e, come tale, in decadenza; noi abbiamo oggi fame di consumo e con esso consumiamo noi stessi. Dunque i due poveri fanciulli vengono ancora gettati via, abbandonati come spazzatura, da un padre e da una matrigna che non sono più in grado di badare a loro, perché troppo egoisti e presi da loro stessi. L’iniquo e meschino sentimento dei due genitori abbandona il figlio indesiderato in una selva non di alberi, ma di rifiuti di ogni genere e forma, oggetti che apparentemente non sono più utili e sono divenuti ingombranti e scomodi. Ma in questa foresta di oggetti dimenticati, obsoleti e apparentemente inutili si muove qualcosa di vivo e vitale e, un giorno, sbuca fuori dalla matassa la piccola testa di una bambina. Forse anche lei, come il ragazzo, è stata abbandonata. Ma quell’immenso mare di oggetti è davvero così inutile? E allora i due protagonisti, superando le iniziali e naturali diffidenza e paura, stringono un’amicizia fortissima, cementata dalla comune condizione di abbandonati. Da qui iniziano un nuovo viaggio, dolce e romantico, verso la loro casetta di marzapane, incontrando tanti personaggi diversi e approdando infine ad un nuovo ed enorme continente che, come la strega, li vuole divorare. Una bellissima parabola, sempre attuale e commovente, interpretata con molta delicatezza e garbo da un cast di professionisti straordinari. Uno spettacolo da vedere.

 

Come Hänsel e Gretel

a partire dall’omonimo racconto popolare

drammaturgia originale e regia Luca Mazzone

con Salvo Dolce e Silvia Scuderi

luci Gianfranco Mancuso

video e animazione Pietro Vaglica

scene e costumi Lia Chiappara

realizzati da Fiorenza Dado e Gianfranco Mancuso

 

 

Patrizio Pitzalis

 

 

 

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares