UN PROGETTO DI FONDAZIONE SICILIA E AMICI DEI MUSEI SICILIANI IN COLLABORAZIONE CON ARCHIVIO EMILIO ISGRÒ E LA PARTECIPAZIONE FONDAZIONE PER L’ARTE E LA CULTURA LAURO CHIAZZESE

UN PROGETTO DI FONDAZIONE SICILIA E AMICI DEI MUSEI SICILIANI

IN COLLABORAZIONE CON ARCHIVIO EMILIO ISGRÒ

E LA PARTECIPAZIONE FONDAZIONE PER L’ARTE E LA CULTURA LAURO CHIAZZESE

PALERMO, DICEMBRE 2021 – OTTOBRE 2022

VILLA ZITO – PALAZZO BRANCIFORTE – ORATORIO DI SAN LORENZO

COMUNICATO STAMPA #1

7 dicembre 2021 Link al comunicato stampa e al press kit di mostra: https://bit.ly/3y2dnWe

Dal prossimo 11 dicembre a Palermo un importante progetto culturale della durata di quasi un anno, che può essere sintetizzato nell’espressione Isgrò Dante Caravaggio e la Sicilia, è promosso da Fondazione Sicilia e Amici dei Musei Siciliani in collaborazione con Archivio Emilio Isgrò e la partecipazione di Fondazione per l’Arte e la Cultura Lauro Chiazzese.

Prima tappa il prossimo 11 dicembre quando si inaugurerà nelle sale di Villa Zito, sede della Pinacoteca della Fondazione Sicilia, la mostra Isgrò Dante e la Sicilia curata da Marco Bazzini e Bruno Corà.

“Siamo felici che il progetto che lega Dante, Caravaggio, Isgrò e la Sicilia parta proprio dalla nostra Fondazione. Questa prima tappa – afferma il presidente di Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – coincide tra l’altro anche con i nostri primi trent’anni, e il dialogo artistico tra Dante e Isgrò con cui inizia questo itinerario lungo un anno è ottimo per celebrare la cultura e i progetti che portiamo avanti”.

Aperta al pubblico dal 12 dicembre fino al 14 marzo 2022, la mostra presenta una ventina di opere a tema dantesco provenienti da collezioni pubbliche e private che, dal 1966 ai lavori più recenti, raccontano sinteticamente il multiforme e profondo rapporto che Emilio Isgrò ha avuto con la cancellatura, che in questa occasione si è concentrata sul “De vulgari eloquentia” di Dante.

Negli oltre cinquant’anni della sua attività artistica, Isgrò ha sempre avuto un corpo a corpo con l’opera dantesca. Per chi nasce poeta non poteva essere altrimenti. Fin da quando ha iniziato a cancellare parole e figure su materiali a stampa, la figura e i testi del sommo poeta sono stati oggetto di una sua riflessione nonché di una salvifica copertura attraverso la cancellatura, ormai riconosciuta a tutti gli effetti come l’originale linguaggio artistico a cui ha dato vita e che lo ha reso famoso uno degli artisti più importanti a livello internazionale. Quasi Isgrò volesse dar prova reale, per parodiare le stesse parole di Dante scritte nel XIII canto del Paradiso, “che sol per cancellare” si scrive o si disegna.

Le prime opere dedicate all’autore della Divina Commedia risalgono alla metà degli anni sessanta del secolo scorso e proprio al grande capolavoro sono dedicate. A questa seguono molti altri tomi

cancellati nei più diversi anni, alcuni anche “dipinti” con il colore bianco come quelli dedicati al Paradiso nei primi anni ottanta, fino ad arrivare al grande monumento realizzato per la IULM di

Milano. Lo stesso Dante è stato soggetto di numerosi lavori tra cui quello di poesia visiva in cui si legge che “Dante and Beatryce never meet”, quasi un’anticipazione del concettuale per la carica tautologica che esprime. Ad accompagnare la scritta sono linee e frecce disposte in parallelo. Oppure, Isgrò di Dante ha ripreso il ritratto a figura intera “nascondendolo” sotto una griglia di

cancellature nere o bianche, come nelle grandi tele realizzate negli ultimi anni. Stessa sorte è toccata ad Alessandro Manzoni e a molti altri (Galileo Galilei, Giacomo Puccini, Giotto, ecc.) a dimostrazione di come Isgrò si sia sempre confrontato con la cultura alta di tutti i secoli rendendola però comprensibile al più vasto pubblico attraverso il linguaggio rivoluzionario e penetrante della cancellatura. Potremmo dire che quanto Dante ha fatto con la lingua, trasformarla in qualcosa che permetteva di parlare di tutto, Isgrò ha fatto con la cancellatura: infatti, ora questa permette di dire molte più cose di quanto normalmente si pensi.

Seconda tappa del progetto il 5 marzo 2022 a Palazzo Branciforte per la presentazione del Seme d’arancia su pietra siciliana, l’opera di Emilio Isgrò di recente acquisita alla collezione di Fondazione Sicilia, acquisizione che agli occhi del Maestro contribuirà a legare ancora di più l’idea del seme d’arancia all’Isola amplificandone così il valore simbolico.

Il seme d’arancia, tra le sculture più note di Isgrò, nasce nel 1998 come grande scultura pubblica per la sua città natale, Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia. È una grande metafora della cultura siciliana e della sua possibilità di rinascita, rimanda alle culture del Mediterraneo, solari e avvolgenti, che si sono sviluppate tanto con la parola che con gli scambi dando vita a valori di convivenza civile e di accoglienza.

In un’intervista con il critico Arturo Schwarz, Emilio Isgrò si augura che il seme d’arancia “possa dare origine a un seminario permanente di educazione civica. A meno che qualcuno non trovi antiquata l’idea che l’arte serva anche a educare”.

Lo stesso 5 marzo prossimo sarà presentato il catalogo di Isgrò Dante Caravaggio e la Sicilia, pubblicato da Skira Editore, conterrà tutti i materiali, una testimonianza dell’artista, le riproduzioni delle opere in mostra a Villa Zito e i testi dei curatori e di importanti studiosi a commento dei diversi aspetti dell’arte di Isgrò trattati.

L’Oratorio di San Lorenzo, nel cuore del centro storico di Palermo, ospiterà la terza tappa dal prossimo 24 dicembre. Nell’ambito di Next XI edizione, sarà presentata l’opera inedita di Emilio Isgrò appositamente realizzata, progetto ideato e organizzato dall’Associazione Amici dei Musei Siciliani.

Dopo la presentazione virtuale del 24 dicembre 2020 in cui è stato trasmesso il video della

cancellazione della tela, il Maestro offre al pubblico in presenza la sua personale riflessione

sul tema, misurandosi con l’iconografia della Natività, integrando e compenetrando all’interno

della composizione dettagli grafici estratti dal proprio caratteristico corredo d’artista. I magnifici stucchi di Giacomo Serpotta diventano la quinta di uno scenario incantevolmente fiabesco, un eden primigenio in grado di evocare il miracolo della creazione e della rinascita.

L’opera rimarrà in esposizione fino al 17 ottobre 2022, cinquantatreesimo anniversario del

trafugamento della Natività di Caravaggio dall’Oratorio di San Lorenzo, imperdonabile furto unanimemente considerato un crimine contro l’umanità e di cui ancora oggi, forse non invano, si tenta il recupero. La Natività di Caravaggio è inserita dall’FBI al secondo posto della sua “Top Ten Art Crimes”.

Biografia di Emilio Isgrò

Emilio Isgrò (Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, 1937)

Considerato tra gli innovatori del linguaggio artistico italiano del secondo dopoguerra, Emilio

Isgrò è il padre indiscusso della cancellatura, un atto che ha iniziato a sperimentare dai primi

anni Sessanta e che ancora oggi mantiene la stessa vivacità e audacia creativa. Questa originale

ricerca sul linguaggio lo ha reso una figura pressoché unica nel panorama dell’arte

contemporanea internazionale facendone uno degli indiscussi protagonisti. È, infatti, il 1964

quando l’autore inizia a realizzare le prime opere intervenendo su testi, in particolare le pagine

dei libri, coprendone manualmente una grande parte sotto rigorose griglie pittoriche. Le parole e

le immagini sono cancellate singolarmente con un segno denso e dello scritto restano leggibili

soltanto piccoli frammenti di frasi o un solo vocabolo. Nel tempo questo gesto si applica alle carte

geografiche, ai telex, al cinema, agli spartiti musicali, anticipa le espressioni più tipiche dell’arte

concettuale, si declina in installazioni e, con il passaggio dal nero al bianco negli anni Ottanta, arriva a risultati pittorici che si sono rinnovati in questi ultimi anni quando con la cancellatura ha

costruito immagini quasi fossero pittogrammi. Il cancellare è un gesto contraddittorio tra distruzione e ricostruzione. Le parole, e successivamente le immagini, non sono oltraggiate dalla cancellatura ma attraverso questa restituiscono nuova linfa ad un significante portatore di più

significati: l’essenza primaria di ogni opera d’arte. La cancellatura è la lingua inconfondibile della ricerca artistica di Emilio Isgrò che oggi appare come una filosofia alternativa alla visione del mondo contemporaneo: spiega più cose di quanto non dica.

Dopo l’esordio letterario con la raccolta di versi Fiere del Sud (Schwarz, 1956), si dedica

alla Poesia visiva, nel doppio ruolo di teorizzatore e artista. Nel 1966 si tiene la sua prima

personale presso la Galleria 1 + 1 di Padova a cui seguono numerose mostre presso la Galleria

Apollinaire, la Galleria Schwarz e la Galleria Blu a Milano, La Bertesca a Genova, la Galleria Lia

Rumma a Napoli. Nel 1977 vince il primo premio alla Biennale di San Paolo. Nel 1985 realizza a

Milano l’installazione multimediale La veglia di Bach, commissionata dal Teatro alla Scala per

l’Anno Europeo della Musica, mentre nel 2010 con la mostra Var Ve Yok è presente alla Taksim

Sanat Galerisi in occasione di Istanbul Capitale Europea della Cultura.

Partecipa alla Biennale di Venezia del 1972, 1978, 1986 e del 1993, quest’ultima con una sala

personale. Di rilievo è anche la sua attività di scrittore e uomo di teatro, consolidatasi

con L’Orestea di Gibellina (1983/84/85) e con alcuni romanzi e libri di poesia, tra

cui L’avventurosa vita di Emilio Isgrò (Il Formichiere, 1975), Marta de Rogatiis

Johnson (Feltrinelli, 1977), Polifemo (Mondadori, 1989), L’asta delle ceneri (Camunia,

1994), Oratorio dei ladri (Mondadori, 1996) e, infine, Brindisi all’amico infame (Aragno, 2003). In

questi ultimi anni sue mostre personali sono state presentate al Centro per l’arte contemporanea

Luigi Pecci di Prato (2008), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2013) e, nel 2016,

una grande antologica a cura di Marco Bazzini ha coinvolto Palazzo Reale, Gallerie d’Italia e Casa

del Manzoni a Milano. Lo scorso anno una mostra a cura di Germano Celant è stata presentata alla

Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

Le sue opere sono presenti nelle maggiori collezioni private e pubbliche nazionali e

internazionali.

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