Teatro India • Arena 7 • 9 luglio 2021 _ Compleanno 10 luglio 2021 _ Modo Minore

Teatro India • Arena

7 • 9 luglio 2021 _ Compleanno

10 luglio 2021 _ Modo Minore

 L’Arena “en plein air” del Teatro India si fa palcoscenico di un doppio appuntamento

–  COMPLEANNO dal 7 al 9 luglio (ore 21) e MODO MINORE sabato 10 luglio (ore 21) –

 con il drammaturgo, regista e attore Enzo Moscato, che porta in scena la sua speciale relazione  con la nuova drammaturgia partenopea

attraverso il festeggiamento “in assenza” di Annibale Ruccello,  cui è dedicato lo storico Compleanno, e il viaggio mnemonico-musicale di Modo Minore, 

che si sposta danzando discretamente nel giocoso impero canoro napoletano degli ultimi tre decenni del ‘900.

 

DOPPIO ENZO MOSCATO IN SCENA NELL’ARENA EN PLEIN AIR

 DEL TEATRO INDIA CON DITTICO DI SPETTACOLI:

 COMPLEANNO

testo e regia Enzo Moscato

scena e costumi Tata Barbalato _ voce su chitarra Salvio Moscato _ organizzazione Claudio Affinito

 MODO MINORE

interpretazione, testo e regia Enzo Moscato

con Paolo CimminoAntonio ColicaAntonio PepeClaudio Romano

progetto, arrangiamenti e direzione musicale Pasquale Scialò

assistente musicale Claudio Romano _ fonica Teresa di Monaco _ organizzazione Claudio Affinito

Nell’estate “en plein air” del Teatro India è protagonista sul palco dell’Arena un doppio Enzo Moscato, dal 7 al 9 luglio (ore 21) con il suo intenso COMPLEANNO, dedicato alla memoria di Annibale Ruccello e ambientato in una Napoli-Babilonia in cui le lingue si mescolano così come i temi e i riferimenti culturali, e sabato 10 luglio (ore 21) con il concerto-spettacolo di musica popolare napoletana MODO MINORE.

Scritto pochi mesi dopo il tragico incidente del drammaturgo napoletano e messo in scena per la prima volta nel 1992, COMPLEANNO è dedicato alla memoria di Annibale Ruccello, assieme a Moscato tra i capifila della nuova drammaturgia napoletana nell’ambito di quella generazione che segue Eduardo De Filippo e scomparso nel 1986 a soli trent’anni. I festoni, un tavolo-altare imbandito, la torta e le candeline, le cinque rose, gli ori, una poltrona vuota: tra gli spettacoli più intensi e rappresentati del repertorio di Enzo MoscatoCompleanno è una celebrazione, dolorosa ma ironica, della mancanza; una festa kitsch in cui assenza e delirio si intrecciano e si confondono tra loro, entrambe dimensioni fantasmatiche in cui parole, suoni, visioni, gesti sgorgano per colmare il vuoto, la vacuità dell’esistenza – o del teatro. Un esercizio quotidiano del dolore, del controllo e di elaborazione della pulsione di morte, senza assumerne, però le condotte autodistruttive, ma sorridendone, talvolta godendone come una festa, un ciclico ricorrere di affinità elettive, di sconvolti, teneri ricordi. «Emotivamente, ho sempre “rifiutato” la morte di Ruccello – racconta Moscato – L’ho rimossa, negata, sin dai primi istanti successivi alla incredibile, terribile notizia, datami per telefono quella sera del 12 settembre 1986. E questo rifiuto, questa rimozione, questa negazione del suo svanire fisicamente dal mondo e da questa città (che, in verità, non l’ha mai amato, come non ama nessuno che voglia cambiarla o aiutarla a cambiarsi) continua a persistere in me, ancora tuttora, con una caparbietà e una tenacia infantili che, sono certo, dureranno fino a che avrò respiro. Questa persistenza della vita di Ruccello in me, oltre e nonostante la morte, questa specie di “Malombra” ma senza compiacimento letterario, è da ascrivere senz’altro all’onnipotenza magica, annullatrice del reale, di uno schizofrenico, certo; ma anche all’intima, differente natura di quelle enigmatiche creature che, per convenzione, chiamiamo artisti, e che non si arrendono mai (non dovrebbero arrendersi mai) neppure davanti alla più evidente bruttura del reale, al più spietato tradimento del nostro puerile, ma sublime, sogno di eternità. Eternità da guitto, è logico. Tutta fintoni, cantinelle, mezze quinte, carta pesta».

Attore, autore e regista, ma anche filosofo e cantante, Enzo Moscato scrive e dirige il concerto spettacolo MODO MINORE con la direzione musicale di Pasquale Scialò che trascina il pubblico in excursus sonoro dagli anni Cinquanta fino agli Ottanta, recuperando brani poco noti della nostra tradizione canora, sia napoletana che italiana e internazionale. In scena lo stesso Moscato, accompagnato da un affiatato complesso musicale da camera composto da quattro elementi, si addentra nello spettacolo con il suo “recitar cantando”, una vocalità essenziale, priva di enfasi o retorica, incantando l’intera performance di emozioni immediate. Si passa dall’ultimo, romantico, Carosone di Giacca rossa ‘e russetto all’ imperituro e quasi modernista Sergio Bruni di ‘O jukebox ‘e Carmela; dall’ ironico Ugo Calise al malinconico Enzo Di Domenico;  da Antonio Basurto a Teddy Reno, Mario Trevi, Mimmo Rocco, Bruno Martino, Giorgio Gaber, Luigi Tenco, Pino Donaggio, Sonny and cher, l’ Equipe ’84, Dalida e Gloria Christian: un defilé di artisti, autori e ‘glamorous’ canzoni d’ epoca, che scanzonatamente – ma non senza il rigore dell’ attenzione e dell’ approfondimento filologico – esplora il repertorio in “modo minore”, in umiltà, il cuore e gli arti del complesso e al contempo leggerissimo impero canoro – napoletano e internazionale degli ultimi tre decenni del ‘900. «Modo minore: dal significato musicale a quello associato a componimenti poco noti o caduti nell’oblìo, quanto non considerati di bassa qualità – racconta Pasquale Scialò – con un organico strumentale da camera si attraversano diversi filoni della produzione vocale, guidati da un’idea di “musica inclusiva”, che spazia dalla canzone urbana diffusa “en plein air” nei vicoli di Napoli a quella intonata nella penombra dei night clubs. Che accade se si pone in successione The Köln Concert del 1975di Keith Jarrett e Nun t’aggia perdere di Moxedano-Iglio del 1976, lanciata da Pino Mauro? In questo incessante navigare, tra memoria episodica e continui stimoli dalle reti digitali, si delinea un bricolage sonoro da cui affiorano piccole perle dimenticate, in bilico tra una surreale creatività e luoghi comuni».

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