Una Sonata d’autunno che vuole raccontare la fragilità nascosta dell’animo umano

Una Sonata d’autunno che vuole raccontare

la fragilità nascosta dell’animo umano

Grande successo per la prima della versione teatrale di un capolavoro di Ingmar Bergman, “Sinfonia d’autunno”, in scena fino al 5 novembre 2023 al Teatro di Documenti (via Nicola Zabaglia 42). In scena Evelina Nazzari e Arianna Ilari, la regia è curata da Rosario Tronnolone.

Un dialogo intenso tra madre e figlia, ma con un linguaggio differente che non permette, almeno in apparenza di potersi comprendere tra loro. Charlotte la madre, sa esprimere sentimenti autentici solo attraverso la musica, non si permette e non permette a nessuno di portare le parole ad un livello emozionale coinvolgente. E Eva la figlia, cresciuta, tra le belle parole, ma quando queste sono contraddette dall’atteggiamento o dall’enfasi non sono apertura, ma chiusura; non porte, ma barriere. Sono proprio le loro voci, quelle di una madre e di una figlia, a volte allegre, altre gravi e dolorose, a dare il titolo a “Sonata d’autunno”. La traduzione esatta del titolo originale, Höstsonaten, è Sonata d’autunno, e non Sinfonia, infatti la maggiore enfasi strumentale del titolo italiano fu dovuta alla scarsa considerazione da parte dei distributori italiani per la cultura musicale del pubblico. Bergman struttura il suo testo riferendosi con precisione alla composizione musicale a carattere strumentale scandita in tre movimenti detta Sonata, e lo definisce “una sonata a due voci. Due violoncelli, perché il timbro è grave”.

“La realizzazione di questo spettacolo per me è veramente la realizzazione di un sogno – racconta il regista Rosario Tronnolone – Intanto per l’immensa ammirazione che nutro verso l’autore di questa sceneggiatura e per le due interpreti originali, infatti i ruoli di Charlotte ed Eva nel 1978 furono interpretate da due leggende del cinema, Ingrid Bergman e Liv Ullmann. Ma anche per l’amicizia e l’ammirazione che mi lega alle due attrici che hanno lavorato con me, Evelina Nazzari e Arianna Ilari, due interpreti di un enorme talento, generosità e sensibilità, che hanno saputo comprendere e esprimere i drammi di queste due donne”.

Ingmar Bergman definiva questo dramma una storia d’amore, proprio sulla mancanza e sul bisogno d’amore ma anche sulla sofferenza e sul riconoscimento che amare è davvero l’unica possibilità che abbiamo di sopravvivere.

“Interpretare Charlotte è eccitante – spiega l’attrice Evelina Nazzari – perché è un personaggio di una donna estremamente fragile, terrorizzata al pensiero di

andare a fondo della sua psiche. In tutto questo diciamo che è riuscita però a sopravvivere, forse proprio grazie al fatto che tutte le sue emozioni si sono incanalate nell’arte. Lei è una pianista e nella sua musica, ha gettato tutti i suoi dolori, le sue difficoltà e contraddizioni. Non è assolutamente una persona risolta nella vita, ma mettendo questa corazza riesce a farcela, però nel momento in cui la figlia la mette davanti alle sue responsabilità, crolla. E questo mettere la corazza per affrontare la vita, anche se non come Charlotte, è una cosa che anch’io conosco, e quindi è bellissimo poterlo rendere sul palcoscenico”

La scena chiave della doppia esecuzione del preludio, diventa così metafora del rapporto che lega e separa madre e figlia, e prima esplosione silenziosa e latente del conflitto che le dilania; perché se le parole si limitano ad accampare deboli scuse, a cercare ansiosamente un cenno d’approvazione e a rassicurare frettolosamente, la musica rivela bisogni e insicurezze, rievoca astio e rimozioni, denuncia egoismo, invidia, paura, sopraffazione, amore. È metafora di un dolore represso, incessante, di cui è inadeguata espressione una voce incerta. È il ritratto di entrambe.

“Misurarsi con un autore immortale come Bergman e con delle attrici che sono diventate dei “mostri sacri” nel cinema è al tempo stesso una responsabilità ed un onore ma anche una grande gioia – sottolinea l’attrice Arianna Ilari – perché sono proprio queste figure che ci hanno ispirato ad intraprendere questa carriera. Tra noi tre, Rosario, Evelina ed io, si è creato un clima di lavoro davvero molto bello, e insieme abbiamo costruito un lavoro si fedele al testo originale ma anche personale, dove siamo noi ad essere in scena e non stiamo tentando di imitare il film di Bergman. E il piacere di creare qualcosa di tuo, di originale, dà una grande soddisfazione. Misurarmi con un lavoro del genere mi ha portato a specchiarmi con delle mie fragilità magari nascoste, e il pubblico questo lo percepisce”

La pierce teatrale andrà in scena fino al prossimo 5 novembre. Alcuni dei costumi dello spettacolo sono stati indossati da grandi attrici del passato – Ingrid Bergman, Greta Garbo, Katharine Hepburn – e provengono dalla collezione privata del regista.

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