DE NITTIS. Pittore della vita moderna La mostra è cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti

DE NITTIS. Pittore della vita moderna

La mostra è cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti

Per la prima volta Palazzo Reale celebra il talento di Giuseppe De Nittis in una monografica a cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti. DE NITTIS. Pittore della vita moderna è una mostra Palazzo Reale/Comune di Milano e CMS.Cultura e presenta circa 90 dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Léontine De Nittis.

La consacrazione di Giuseppe de Nittis come uno dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo è avvenuta grazie alla fortuna espositiva di cui ha goduto a partire dalla magnifica retrospettiva dedicatagli nel 1914 dalla XI Biennale di Venezia. Altre tappe fondamentali sono state la mostra Giuseppe De Nittis. La modernité élégante allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11, e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova a Palazzo Zabarella.

In DE NITTIS. Pittore della vita moderna si intende esaltare la statura internazionale di un pittore che è stato, insieme a Boldini, il più grande degli italiani a Parigi, dove è riuscito a reggere il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.

I francesi e De Nittis, che si è sempre sentito profondamente parigino di adozione, hanno affrontato gli stessi temi, come il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna che De Nittis ha saputo catturare lungo le strade delle due metropoli da lui frequentate, in quegli anni grandi capitali europee dell’arte: Parigi e Londra. Ha saputo rappresentare con le due metropoli, in una straordinaria pittura en plein air, i luoghi privilegiati della mitologia della modernità, che saranno collocati al centro di un percorso espositivo che si sviluppa lungo un arco temporale di vent’anni, dal 1864 al 1884, ricostruendo un’avventura pittorica assolutamente straordinaria, conclusasi prematuramente con la sua scomparsa a soli 38 anni di età.

I risultati da lui raggiunti si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con la pittura giapponese allora diventata di moda.

Come scrive Fernando Mazzocca nel suo saggio in catalogo: “L’unicità della sua pittura, che si confronta con quella degli Impressionisti e non ne esce ridimensionata, sta proprio nella straordinaria capacità di osservazione che gli ha consentito di rendere, come pochi altri, l’inafferrabile dinamicità della città moderna,caratterizzata dall’ “imprevisto, il mutevole, ciò che è fuga”, fermandolo nell’ attimo, come i fotografi, senza irrigidirlo. Dopo aver esordito al suo arrivo a Parigi con una sorta di pittura di genere, quelle scene in costume che gli richiedeva il suo mercante e primo estimatore Goupil, De Nittis uscirà, per così dire dal chiuso dello studio, e finirà con il lavorare dal vero per strada. S’ inventò, come poi faranno Monet con il famoso battello e Boldini quando ritrarrà l’aspetto mutevole di Venezia dalla gondola, un vero e proprio atelier mobile che era una carrozza presa a noleggio. Dopo aver individuato un motivo da rappresentare, si recava ogni giorno ad osservare, da quel rifugio riparato dal movimento caotico della città, il suo soggetto, dipingendolo con una velocità sorprendente che costituisce la freschezza e l’incanto irripetibile della sua pittura, quello che il finestrino di una carrozza inquadra per un momento.

L’ uso della carrozza, prima noleggiata e poi addirittura acquistata, non fece che aumentare la curiosità nei suoi confronti, come confermano le testimonianze di molti cronisti del tempo, colpiti da questo modo davvero unico di lavorare. Il punto di vista rialzato che caratterizza gran parte delle sue vedute parigine e londinesi deriva proprio da questo particolare e personale approccio. Ci possono essere diverse spiegazioni di questa scelta singolare, forse in primo luogo la necessità di aggirare il divieto di dipingere per le strade in anni in cui era quasi ossessivo il controllo dell’ordine pubblico; o la possibilità di ripararsi dalle intemperie in una città spesso grigia e piovosa, di cui ha saputo rendere il fascino malinconico; o ancora per sfuggire alla curiosità dei passanti e poterli ritrarre senza essere visto. Ma quello che più conta è che l’atto stesso di dipingere stando all’interno della vettura assomiglia, sia concettualmente che nella procedura, a quello del fotografo che inquadra e ferma la realtà attraverso la sua macchina.

Egli ha condiviso con i suoi più cari amici francesi, Degas e Caillebotte, l’interesse per la fotografia, come quello per l’arte giapponese e il pastello. Da questo strano e felice connubio, tra l’ occhio guidato da un mezzo meccanico e l’incanto di uno sguardo venuto da un mondo lontanissimo come quello del Meridione italiano, nasce la magia delle sue vedute e dei suoi interni tagliati in maniera strana e la sensibilità con cui ha saputo, soprattutto negli ultimi anni usare il pastello, rivelandosi anche un magnifico ritrattista, come se avesse inteso far risorgere un’ antica forma d’arte portata alla perfezione nel Settecento illuminista, adattandola alla sensibilità moderna.”

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