La fabbrica del santino

E anche per quest’anno abbiamo passato la stagione delle commemorazioni, che sanificano la coscienza collettiva, avvilendo la ragione storica delle stragi e degli omicidi in una gara a chi conosceva le vittime tessendone le lodi con litanie tanto leziose quanto maleodoranti di falso interesse.

Altri, che proprio non possono tentare alcun accostamento con i personaggi coinvolti, se non esporre i relativi santini in bella mostra nei propri uffici, ritirano fuori per l’occasione dotte citazioni allo scopo di solidarizzare con l’ondata commemorativa firmandone così l’annuale registro mortuario.

Il rinnovarsi di questa dinamica rientra perfettamente nella molteplicità di risultati che gli artefici di tali eventi si prefiggono di ottenere.

In sulle pagine dell’ultimo libro Walter Veltroni “Il caso Moro e la Prima Repubblica”Veltroni non cade nello sport nazionale del voyeurismo criminale, ma ragiona, riflette sul tema negletto del perché Aldo Moro è stato ammazzato.

Lo stesso dicasi per le stragi dei magistrati Falcone e Borsellino; si parla sempre e solo del chi e mai del perché e se lo si fa ci si ferma ad una riflessione di corto raggio che finisce per scadere nell’ovvio.

Quelle che Falcone aveva definito le menti raffinatissime, a proposito degli organizzatori dell’attentato alla sua residenza marina dell’Addaura, sguazzano nell’auto compiacimento nel vedere il dibattito sui loro crimini sempre più lontano dalla questione di fondo: perché?

Per ottenere questo risultato la procedura è banalmente sempre la stessa: rendere il fatto criminale, l’omicidio o la strage, eclatanti, ridondanti, parossistiche nel loro aspetto esteriore, aggiungendo, sin dalla fase di preparazione, un copione di depistaggi.

Gli american in questa materia hanno regalato al mondo l’archetipo con l’omicidio Kennedy in diretta televisiva. Ad ancora a decenni di distanza non esiste una versione definitiva.

E non esisterà mai probabilmente una parola definitiva sulle stragi italiane del secondo dopoguerra finché non maturerà il contesto sociale italiano, e ne siamo molto lontani, a giudicare dal contesto che ci ammanta.

E allora non ci resta che aspettare la prossima ricorrenza per assistere al ripetersi di una sceneggiatura avvilita da sterili copioni

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