Comunicazione 2.0

11111142012, l’anno dell’ennesima fine del Mondo, ha visto fiorire oltre ogni aspettativa piattaforme socializzanti o, per dirla con Albione, i social network. La trasmissione delle informazioni ha raggiunto nuovi record di velocità intorno al mondo, superando in umilianti doppiaggi il povero Fogg. La guerra entra nelle case debitamente ripulita dai corpi perché sì, i morti nelle ore dei pasti sono sgraziati e politicamente scorretti; sarà per questo che ai soldati al fronte è stato ordinato di ripulire la zona prima dell’arrivo dei giornali… chi lo sa. In ogni caso siamo in costante e continuo collegamento globoterracqueo  con ogni angolo del pianeta che sia di un qualche interesse, che sia per curiosità personale, per un tema a scuola, o per il gusto di saperne di più in una discussione al baretto. Sta di fatto che, nella concitazione della trasmissione delle notizie e delle informazioni, sta venendo meno (forse perché non più utile) la trasmissione del contenuto. I primi a risentirne sono i sentimenti, i quali vengono battuti, pestati e riplasmati in formati comprensibili e trasmissibili a chiunque e che trova espressione e sfogo nel social network preferito. Così assistiamo alla banalizzazione ed all’appiattimento di ogni spinta emotiva personale nella condivisione di frasi standardizzate finalizzate a dare un messaggio a tutti tranne che alla persona a cui è indirizzato, quasi la volontà fosse suscitare le domande degli astanti tutti ed isolare il reale destinatario dal sociale, emarginandolo con la speranza che recepisca una volta isolato dal branco. Sembra faticoso. Ma meglio una fatica virtuale che un rischio da correre nel mondo di carne cui siamo inchiodati. Perché sì, mentre sul web si può godere della compassione di centinaia di internauti, nella realtà fatta di fiato e sudore è molto più difficile trovare chi busserà alla tua porta con una confezione di birra per ascoltare le tue lagne su come è dura senza di lei o su come eravate amici più migliorissimi ed ora non siete neanche più legati su facebook. La comunicazione sta morendo di internet, malata di pigrizia e di ignoranza. Abbiamo i mezzi di comunicazione più efficienti della storia conosciuta dell’Uomo e li usiamo per raccontarci del Nulla più assoluto; e lo riusciamo a fare anche in modo sgrammaticato. Com’è possibile che ci stiamo trasformando in questo animale pigro ed indolente? O forse lo siamo sempre stati. La post industrializzazione ha fatto solo affiorare una parte dell’uomo che è sempre stata presente “in nuce” nell’ etologia dell’essere umano.Al di là delle congetture e delle impressioni, ciò che resta e che fa riflettere è l’incontrovertibile assioma che vede crescere l’apparenza al diminuire della sostanza. A vederli su internet gli umani si amano tutti, è tutto un fiorire di cuoricini, “tesoro”, “amore”  ed altri abusi verbali che non sto qui ad elencare. La realtà, quella di pelle e occhi, quella sanguinante dietro lo schermo, sta progressivamente perdendo slancio emotivo. Svilendo quelle parole che non devono essere pronunciate con facilità, perché acquistano peso solo nel silenzio e negli occhi dell’altro.Abbiamo sempre meno da dirci, e sempre più mezzi per farlo.

 

Giampaolo Giudice

 

 

 

 

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