Eco Libri

Ci siamo. Come ad ogni inizio di anno scolastico, assistiamo impotenti al prosciugamento dei nostri portafogli per l’acquisto dei libri e del materiale didattico.

Come un rito collettivo che si ripete, ci siamo ritrovati accalcati con la lista in mano ad ordinare una serie infinita di testi che, in buona parte, riposerà intonsa nella libreria fino a fine anno. E, come sempre, l’anno successivo tenteremo di riciclarli nelle librerie dell’usato, per sentirci addurre infinite scuse per il rifiuto. Ove fossimo fortunati perché il testo è ancora adottato o l’edizione non è ancora aggiornata, vedremo monetizzare in pochi spicci (pari al 10/20% del valore del testo) la fatica, anche fisica, di esserci trasportati i volumi in giro per la città.

“E degli altri?” “Li può buttare” la risposta laconica del commesso.

“Buttare? Intende: buttare nel cassonetto della carta, come la raccolta differenziata e la mia coscienza ecologica impongono?”

Buttare? Ma ha senso questo verbo in tempi di crisi economica devastante, dove sempre più numerose famiglie si trovano a ridisegnare i loro bisogni per mancanza di reddito, dove non ci sono soldi sufficienti per bisogni primari, dove i tagli alla scuola ed all’istruzione in generale stanno impoverendo la qualità dei servizi fondamentali?

Buttare? Mi rifiuto di coniugare questo verbo, soprattutto ad un bene che, per sua natura, non ha un ciclo produttivo corto, un bene la cui edizione ha un impatto ambientale importante, un bene che, al di là delle copertine patinate, delle fotografie e dei mai utilizzati CD ROM allegati, ha il medesimo contenuto per generazioni….

Mi domando come si possa coniugare la crisi dell’editoria con il proliferare di prodotti editoriali di basso profilo. Ma avete mai sfogliato i testi adottati dai vostri figli o nipoti? Rarissimo trovare libri interessanti. Rarissimo trovare libri utili all’uso. Teoria senza definizioni chiare, senza esercizi di supporto immediatamente identificabili, pagine vuote piene di immagini.

Eppoi edizioni continuamente aggiornate di nulla, solo per non far combaciare le pagine e strozzare il mercato parallelo dell’usato.

Ricordo (ai miei tempi…ahimé!) i primi mercanteggiamenti con le classi superiori per accaparrarsi i libri dei più bravi, con le preziose annotazioni a margine, vergate a mano, prime esperienze di imprenditoria che alle attuali generazioni risultano sconosciute. O i libri ed i quaderni di appunti dei fratelli maggiori su cui ripetere le regole di grammatica o di algebra.

I miei figli che “distano” tra loro 2 classi, in tutta la carriera scolastica, si sono potuti riciclare solo il testo di inglese della scuola media e del primo biennio del liceo.

Orsù, ma la Divina Commedia sarà forse cambiata negli ultimi 700 anni?!?

La lingua latina, definita “lingua morta”, ha subito modifiche grammaticali, sintattiche o sono stati elaborati nuovi testi per le versioni?!?

Ma una coscienza per chiedere ogni anno, mediamente, una spesa di 300€ a studente, per libri adottati nella scuola dell’obbligo, si dovrà avere?

Perché non utilizzare questo balzello per adeguare strumenti didattici, arredi, spazi scolastici alle esigenze dei discenti? Sarebbe utile ed educativo insegnare alla gioventù l’amore e la cura per i testi ed il passaggio di testimone del sapere incarnato da questi preziosi oggetti, acquistando nuovi testi di letteratura, scienza, arte a corredo della formazione culturale della futura cittadinanza.

 

Sabrina Cicin e Federico Mattia Ricci

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares