Tartufo, gioiello naturale della Terra.

Un diamante incastonato nella terra a simboleggiare, semmai ce ne fosse bisogno, l’altissimo livello di prodotti che Madre Natura è in grado di offrire all’uomo se rispettata e lasciata partorire nella sua spontaneità e senza inquinanti storture o artifizi umani. Principe regnante a Tavola, è in grado di trasformare e caratterizzare come nessun altro prodotto della Terra la preparazione di un piatto, anche il più semplice. La storia della sua classificazione e del suo impiego alimentare è molto antica. Chi non ha mai sentito parlare di Naturalis Historia, testo scritto da Plinio il Vecchio e di grande rilievo storico e ancora oggi impiegato al fine di riconoscere le varie piante attraverso tutto ciò che la Natura offre all’alimentazione umana: quando si parla di forme spontanee, si parla approfonditamente anche di “Tartufo”. Nella Storia, le invettive non sono mai mancate e nel I secolo d.C., Plutarco pensava che il fungo denominato come Tuber Terrae (tubero della terra) potesse nascere grazie a tre elementi naturali: fulmini, acqua, calore. Dietro questa visione però, c’è più che altro una leggenda il cui protagonista sarebbe stato niente meno che Giove che lo creò scagliando un fulmine ai piedi di una quercia che, a sua volta, avrebbe “generato” il tubero. Leggende a parte, il tartufo è utilizzato da sempre come alimento ed è sempre stato un cibo apprezzato particolarmente sulle tavole della nobiltà e della Chiesa che ne lasciarono varie testimonianze descrittive scritte. L’aroma del tartufo rappresentava una specie di quintessenza che si sosteneva provocasse un effetto estatico sulle persone e si comprende come tra mito, giudizi particolari e storie narrate nel tempo, questo prodotto della Terra abbia acquisito una sua fama precisa che certamente ha contribuito (assieme alle sue reali caratteristiche particolari e uniche tra i tuberi) ad evidenziarne la fama. Nel periodo del Rinascimento, sono stati innumerevoli gli autori che hanno trattato il tema del Tuber Terrae, tra questi Pietro Aretino che diede vita a molte epistole al riguardo nel 1520. Sicuramente non possiamo non citare un altro nome, quello di Alfonso Ceccarelli che scrisse un libro dedicato al tartufo dal titolo “Opusculus de tuberis”: la data era quella del 1564 ed in questo scritto vennero riassunte le informazioni di alcuni importanti naturalisti greci e latini con l’aggiunta di diversi aneddoti storici connessi al tubero. Oggi l’Italia è tra i Paesi con la più alta produzione ed esportazione a livello mondiale di tartufi. Tra le Regioni nelle quali questo tubero della terra è maggiormente presente in quantità assai alte, spicca senz’altro l’Abruzzo: l’economia però, come noto, non va a braccetto con la terra automaticamente e ciò significa che, sebbene l’Abruzzo sia ancora oggi la Regione col maggior numero di tartufi, tanti fattori non ne fanno la prima Regione per competizione sul prodotto. Per ciò che riguarda la promozione del prodotto e il comparto del turismo eno-gastronomico che mette al suo centro proprio questo tubero, infatti, ci sono Regioni molto più competitive (si pensi al Piemonte…). Analizzando la produzione e raccolta del tartufo, notiamo che, a partire da tempi recenti, il tartufo viene anche coltivato, per soddisfare una richiesta importante di una fetta di mercato e deliziare anche i palati più esigenti. Affiancata alla raccolta del tubero naturale, la coltivazione dei tartufi, oggi, trova estensione in tutta la Penisola, ma la coltivazione consente (ovviamente) un tipo di raccolta diversa, limitata ad uno spazio circoscritto, dove la natura non è più qualcosa nella quale immergersi e dove passare ore accompagnati dal cane di fiducia preparato a reperire il nobile tubero. Nella raccolta da coltivazione però è possibile raccogliere tutte le specie utilizzate in campo gastronomico e la coltivazione prevede un calendario preciso per la raccolta, anche se alcune tipologie di tartufo possono venir colte tutto l’anno. Sempre attraverso questa forma di produzione, è possibile sopperire ai periodi di assenza di un tartufo, con il prodotto precedentemente surgelato o confezionato. Dando uno sguardo alle tipologie di tartufo presenti in Italia, notiamo che le caratteristiche pedo climatiche del Belpaese, permettono la nascita e lo sviluppo di diverse varietà di tartufo da raccogliere e come detto in precedenza, l’Abruzzo è la Regione di eccellenza dove è possibile reperire tutte le specie più rilevanti del tubero. Le specie maggiormente raccolte sono: il tartufo nero pregiato (tuber melanosporum), il tartufo bianco (tuber magnatum pico), il tartufo nero invernale (tuber brumale), il tartufo nero estivo (tuber aestivum), altrimenti definito come Scorzone, ed il tartufo uncinato (tuber uncinatum chatin). Ci piace molto evidenziare anche come il rapporto tra Uomo e Animale, raggiunga in quest’ambito soprattutto, una significativa valenza collaborativa: l’immagine va subito ai cani, utilizzati come fantastici scopritori di tartufo attraverso quello che per loro è solo un gioco dalla ricompensa sicura. Forse non tutti sanno però, che tradizionalmente, e nella storia di questo tubero, la raccolta in natura veniva un tempo inizialmente effettuata facendosi accompagnare da un maialino. La scelta poi di cambiare metodo affidandosi al cane, avvenne nel secondo dopoguerra, e fu dovuta al fatto che la gestione dell’istinto alimentare del maiale, lo portava ad addentare il tartufo trovato rovinandone spesso la consistenza o addirittura facendolo svanire tra le sue fauci: questa situazione, unita al maggiore e naturale affaticamento nel maialino, fece propendere la bilancia verso un cambiamento, legando la scelta anche al fatto che, come noto, un cane non sviluppa stanchezza solo dopo moltissime ore. Attualmente in Italia vengono impiegati esclusivamente cani addestrati a tale obiettivo di raccolta e non esistono razze particolari che vengono impiegate per reperire i tartufi ma, al contrario ed in termini generali, è interessante notare come vengano scelti proprio dei meticci di piccola taglia. Nel finale di questo approfondimento, ci permettiamo di lasciarvi una curiosità che abbiamo voluto riservare sul nome “Tartufo”: pare che il termine derivi dalla somiglianza che nel Medioevo si riconosceva tra questo tubero e il tufo, roccia porosa tipica del Centro Italia. Storia dunque, e tante curiosità intorno ad un prodotto che non incontra sempre il gusto di tutti, anche a causa del forte odore idrocarburico che sprigiona, ma che certamente rappresenta una delle pietre più preziose dell’italica “parure” delle grandi eccellenze.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares