Cantine del Notaio

Gerardo Giuratrabocchetti, titolare dell’azienda “Le Cantine del Notaio” è un Agronomo ed Enologo, oltre che alla settima generazione di Viticoltore. Ha studiato dai Salesiani e poi all’Istituto di Agraria. Il padre era nell’esercito prima e poi è diventato notaio (aha, ecco da dove deriva il nome della Cantina!). Mentre lui, la vigna, l’ha ricevuta dal nonno, perché era l’unico nipote che si chiamava Gerardo come lui. E lui si è occupato di genetica agraria.

Una volta ha sognato il nonno che gli diceva: “Io ti ho dato questa vigna, perché tu ne facessi il centro della tua vita”. E, così, ha deciso di lasciare tutto e di dedicarsi a questa vigna, avviando la Cantina e, in ricordo del padre, notaio, l’ha chiamata “Le Cantine del Notaio”.

Lasciare una strada sicura per una incerta è una scelta “da pazzi”, secondo il giudizio di suo padre. Dopo aver trascorso 9 anni all’università, come ricercatore, poi direttore del servizio di assistenza tecnica per l’Università della Basilicata, per diventare poi viticoltore è, in effetti, un grosso cambiamento. “Sto costruendo per lasciare ai miei figli e alle mie figlie”, dice Gerardo “sarà un’occasione anche per loro per confrontarsi con l’impresa di fare impresa, soprattutto al Sud”.

E come dargli torto?

Tutto questo progetto ruota attorno all’Aglianico del Vulture, un vitigno molto particolare, difficile da coltivare e a maturazione tardiva: ha questo nome perché si pensava che fosse diverso dall’Aglianico campano (che cresce in Irpinia) e da quello pugliese (che invece è originario delle Murge). In realtà è la stessa varietà. La differenza è data dal Vulcano, un vulcano spento che ferma l’aria calda che arriva dall’Africa: inverni freddissimi, con la neve, ed estati caldissime, senza pioggia. Il Vulture è equidistante dai mari Ionico, Adriatico e Tirreno. Presenta forti escursioni termiche che possono raggiungere anche i 20 gradi.

Con un suolo costituito da tufo vulcanico. In pratica, una “spugna” che assorbe acqua in inverno e la restituisce in estate, alimentando la pianta. L’ultima esplosione del vulcano ha rilasciato ceneri che si sono solidificate, cambiando le caratteristiche del terreno. Si è così formato il tufo.

Non abbiamo mai fatto irrigazione, nemmeno di soccorso, perché il tufo allatta la pianta”, dice Gerardo, gran conoscitore di questo particolare terreno.

L’Aglianico in Vulture è un vino “tosto, qualche volta anche burbero: un pugno di ferro in un guanto di velluto”, lo descrive lui. E come potrebbe essere altrimenti un vino che ha origini da un ambiente climatico e da un terreno di origine vulcanica come questo?

Ma Gerardo Giuratrabocchetti a chi deve il suo percorso di conoscenza dell’arte (perché è “un’arte”!) della viticoltura?

A Luigi Moio, dice lui, che “mi ha permesso di fare un percorso di crescita in tempi accelerati. Una persona dalla vivace intelligenza, competente e ironico, con cui ho potuto intessere un rapporto di amicizia che va oltre l’aspetto professionale. Senza di lui non avrei potuto fare questa attività. Insieme abbiamo studiato l’Aglianico cercando di capirlo: una materia complessa, ma estremamente plastica, da poter interpretare in modi diversi. Una sfida in cui lui mi ha aiutato a porre le basi. Moio mi ha aiutato a impostare anche il modo di lavorare dei miei collaboratori”.

Ci sono oltre 1000 cantine nel sottosuolo del paese di Rionero in Vulture, con alta umidità e bassa temperatura, le condizioni ideali per il vino.

Ritrovando anche documenti antichi, risalendo al 1520, abbiamo visto che l’Aglianico non era molto apprezzato. Soprattutto, nella versione più “scarica di colore”, più pallida. Hanno così deciso di fare un “rossato”, un vino più carico di un rosato, ma meno di un rosso, a cui hanno dato il nome di “Rogito” (sempre per restare in ambito “notarile”!).

Le specialità della Cantina sono inoltre 4 declinazioni di rossi, con una concentrazione di colore, profumi e sapori crescenti, nati dall’idea di sfruttare al meglio le capacità polifenoliche dell’Aglianico, fino ad una sorta di Amarone con un lieve appassimento in pianta.

Oltre a “La Stipula”, uno spumante da vinificazione in bianco, con metodo classico, prodotto anche in versione rosé. Che poi è anche il primo spumante rosso, metodo classico da Aglianico del Vulture. In passato si faceva una sorta di spumante ancestrale, ma nessuno aveva mai provato a fare una cosa del genere. È uscito a Natale del 2020.

Benarrivato!

Oltre alla tradizione, conta, anzi è importantissima, la ricerca. Senza, non si può stare sul mercato. Dice Gerardo: “è necessario fare ricerca: sarà perché sono nato come ricercatore… Ma la ricerca non è solo nel modo di coltivare, ma anche a livello di cantina. Noi abbiamo tutti i sistemi di estrazione del colore che esistono a livello di tecnologie. Stiamo anche studiando l’Aglianico dal punto di vista genetico: stiamo facendo ricerche importanti con la speranza di ottenere un Aglianico più precoce e più resistente alle malattie. Due mesi in più ti mettono a rischio con la raccolta e ti obbligano a fare più trattamenti e quindi a più lavoro.”

Prosegue, illustrando i suoi progetti per il futuro: “Il vino che farò è quello che mi piace di più”: ogni anno si cerca di fare qualcosa in più. Prima il compagno era per me un compagno di viaggio, poi è diventato una scoperta con il suo fascino e la sua intrigante sensualità: ci permette di stare lontani e stare vicini alle persone, allo stesso tempo. Sapere, ad esempio, di esser stato, col mio vino, presente ad eventi importanti della vita delle persone, è sempre un’emozione. Il fascino di questo lavoro è nel fatto che non fai una cosa solo per te, ma devi cercare anche di capire gli altri. Quando fai un vino e lo dovrai bere tra dieci anni, devi pensare a come saranno le persone che lo berranno tra 10 anni… Come si mangerà? Quali saranno i gusti? Interpretare un percorso e trovare il giusto equilibrio, che possa durare nel tempo e attraversare le generazioni, è una sfida straordinaria.”

Ma qual è il “punto di forza” di Gerardo?

La mia miglior qualità è anche il suo peggior difetto” confessa “sono un perfezionista, alla costante ricerca della perfezione. Non mi accontento mai! Chi si accontenta non gode: il godimento sta nel cercare di fare ancora meglio”.

Ma, al di fuori dei suoi vini, non c’è una zona che ama più delle altre, perché ogni vitigno, allevato in territori differenti, può dare risultati assolutamente straordinari e differenti: bisogna vedere come vengono fatte le cose…

Si, però, lui, un vino “preferito” ce l’ha?

È l’”Autentica” il vino al quale è più legato, perché fare un passito nel vulture è una sfida: 14 mesi di maturazione in legno, si parte da una matrice da 450 gr/l di zucchero, usando le mamme, i fondi, dell’anno prima. Non è facile fermentare bene a queste condizioni: un lavoro difficile che quando riesce, da enormi soddisfazioni. Insomma, un autentico lavoro di passione e di grande impegno.

Anche se Gerardo, ormai, fa il coordinamento di un lavoro che fanno, materialmente, altre persone: un grande lavoro di squadra. Oggi lavorano con lui 40 persone, che nel 2019 hanno prodotto 470.000 bottiglie: una grande squadra a cui lui è molto legato e a cui deve molto.

Il 5 ottobre, giorno del suo compleanno, a 40 anni, ha deciso di cambiare vita ed iniziare quest’avventura, anche grazie alla moglie Marcella. Una scelta di incoscienza, dice lui, guardando al passato. Ma, precisa, “Nella vita ci vogliono 5 C: il cuore, il cervello, il capitale (denaro, valori, rapporti), la competenza, il culo”…E la sesta che è la lettera M “Marcella, sua moglie”.

Nel 2020 la sua è stata l’azienda più premiata d’Italia: https://www.vulturenews.net/e-di-rionero-lazienda-vinicola-piu-premiata-ditalia-per-cantine-del-notaio-ancora-un-successo/

L’”azzardo” a 40 anni ha portato ottimi risultati, dopo molto impegno e fatica.

Ne è valsa insomma la pena.

Lo può certificare il Notaio (https://www.cantinedelnotaio.it/it/)!

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