“I vini calabresi, ahimè, sono poco conosciuti, perché spesso i produttori stessi hanno la tendenza a non credere fino in fondo nei loro prodotti; le cantine puntano a vendere più che altro al nord e all’estero”. Con queste parole Stefano Genovese ci introduce nei due mondi che ama: il vino e la Calabria. Sommelier del ristorante gourmet Hyle, a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, Stefano ha iniziato come barman per poi specializzarsi nel vino, lavorando a Roma ed in Liguria.
Stefano ci racconta che grande è il potenziale della sua regione, da rilanciare e valorizzare: “Ci sono le magnifiche Terre di Cosenza, una DOP molto vasta che sta emergendo adesso, con alcune realtà interessanti, come Librandi e Ceraudi, che hanno una tradizione storica consolidata, oltre a Maradei, azienda agricola condotta da 4 sorelle che producono un vino bianco affinato in anfora, in particolare Guarnaccia bianca e Malvasia”.
Per lo più originari della Calabria e del territorio sono i vini proposti dalla cantina del ristorante Hyle, a San Giovanni in Fiore, dove Stefano lavora insieme allo chef Antonio Biafora, che ha di recente aperto una nuova realtà, facendo tesoro dell’esperienza acquisita nel Biafora Resort di famiglia.
L’innovativo locale, che propone una formula di nicchia con 4 tavoli, una cucina completamente a vista e una carta vini importante, composta da 730 etichette, è stato inaugurato nel gennaio di quest’anno; costretto a chiudere solo due mesi dopo, a causa delle misure restrittive imposte dal Governo per fronteggiare la diffusione del Covid-19, ha potute finalmente riaprire ad inizio giugno. In carta troviamo Zibibbo, Danfora, Manca del Rosso, Greco di Bianco e molti altri vini rinomati, prodotti da aziende del territorio.
Interessante anche la scelta del nome del ristorante, Hyle, che in greco significa materia, perché i Greci, sin dalle prime visite sull’altopiano silano, così erano soliti indicare questa terra, ricca di boschi millenari e di legna: siamo infatti in montagna, a circa 1300 metri d’altitudine. Da questi elementi, inoltre, i romani coniarono il nome Sila, da silva per la precisione, ad indicare la selva di boschi che caratterizzano la zona.
La materie prime della Sila, che poi sono gli ingredienti principali dei piatti proposti dallo chef, sono i funghi, i tartufi, le patate ed i cardi; per quando riguarda la fauna, qui si trovano ottime quaglie e trote, l’eccezionale manzo podolico e la rara capra rustica. Completano il tutto, gli aromi di anice nero, le pigne ed altre erbe spontanee.
Un vero e proprio orto biologico che si estende su 600 metri quadrati, su due livelli: uno dedicato agli ortaggi e alle piante da frutta, l’altro alle erbe aromatiche: è questa la scommessa dello chef Biafora, che vi si dedica personalmente e che qui ha piantato zucchine, peperoni dolci e piccanti, melanzane e zucche, ortaggi e verdure, da utilizzare nella cucina del suo ristorante. L’orto, inoltre, ha una sua utilità anche per ridurre i rifiuti delle cucine, in un’ottica di economia circolare e filosofia eco-sostenibile.
Da segnalare è anche la collaborazione con i produttori della Sila, per fare rete e mettere in tavola il meglio dei formaggi e dei salumi locali: iniziative che non possono che giovare sia al menù che al territorio, con la creazione di un piccolo network di eccellenze locali.
La nostra meravigliosa Italia ci regala arte e sapori unici, che meritano di essere scoperti e riscoperti: non esistono solo le grandi città e le realtà più pubblicizzate. “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, diceva Shakespeare: una materia da scoprire e riassaporare in Calabria, per sognare insieme, da Hyle.