Roberto Bazzano e le sue due carte: testa e cuore.

Immaginarsi a 26 anni titolare e chef di un ristorante nel proprio paese, è un sogno di molti, un’ aspettativa di tanti, un disegno a china, a matita, tracciato con il temperino della fantasia e con il foglio dell’innocenza che si concretizza per Roberto Bazzano, che deve molto a quel bambino delle elementari che sognava no il calcio o le macchinette, ma le pentole e le cucine.

Tutto esordisce 26 anni fa nel paese in provincia di Asti, Canelli proclamato nel 2014 con Asti Spumante Patrimonio Mondiale dell’Unesco, quando cullato dalle colline del suo paese e da papà Luciano cultore del cibo e della buona tavola e da mamma Ester, donna unica e amabile, Roberto si innaffia con i sapori e i profumi della sua terra, con la morbidezza della pasta fatta in casa, che sin da subito impara a fare, con gli odori piemontesi inconfondibili e decisi, che ricalcano  la storia di un territorio partendo dalle materie prime, da ciò che la natura genera e crea. Dopo il diploma presso l’istituto alberghiero di Asti, Roberto svolge le sue prime stagioni, i suoi primi stage, anche presso importanti realtà come Maison de Filippo, e poi l’incontro con Paolo Ghi, un uomo prima, un insegnante dopo, uno chef per ultimo.

Tante le lezioni apprese, ma la più importante quella che Roberto porta ancora adesso sopra la sua divisa è quella  lasciatagli da Paolo Ghi ovvero della forza, crederci sempre, avere il cuore nella cucina e la testa di accompagno ad essa nella preparazioni dei piatti che non rimangano allo Chef ma divengono non solo portavoci di un territorio, ma pertinenza di una collettività, opere che parlano e raccontano.

Oggi i piatti di Roberto nella bomboniera del suo ristorante Ca’ di Basan, incastonata tra le grotte delle Cantine di Contratto e Bosca, Patrimonio Unesco, un ristorante di circa 48 coperti con più di 100 etichette di vini tra cui primeggia Barbera e bollicine, raccontano della sua infanzia, della sua regione e della sua primaria culla ovvero la famiglia, dell’amore verso i suoi genitori, della forza del padre che ha creduto in lui e ha fatto diventare la sua ritrosia un punto di forza, la sua bravura il suo vanto, e il  suo cammino un salto in lungo che porta il nome parafrasando il suo cognome Ca di Basan.

Un luogo dove si respira arte, dove Francesca la sua compagna accoglie gli ospiti, e dove sin da subito si avverte sapore di squadra, di determinazione e voglia di non mollare: un campo da calcio dove i goal sono i piatti, creazioni che Roberto inventa elabora e propone, tutti prodotti a Km zero, anche di produttori locali, ma eccellenti e autentici. Il piatto cardine tra tutti è il raviolo del plin  un primo piatto piemontese a base di pasta fresca all’uovo.

Tra un girello tonnato cotto al rosa, o un tonno di faraona aromatizzata all’olio con erbe di campo, tutto al ristorante di Roberto diviene un oasi di sapori, caldi avvolgenti e stupefacenti anche nella loro presentazione. Avvolgendo allora il nastro con un calice di vino e un tris di ravioli al plin ci si trova seduti, si osserva da lontano quel bambino  e ci si fa una partita a carte possibilmente due testa e cuore e ci si ride su con il sorriso  del bambino-uomo rivolto a papà Luciano e mamma Ester che esclama ecco io ci credo, io ci sono.

 

Foto di Francesca Quadrini

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