Pastiera napoletana, quando è Pasqua tutto l’anno

Non manca molto alla Pasqua, non manca molto, per chi è credente, alla celebrazione di Cristo risorto. Ma le celebrazioni avranno puntualmente anche una deriva gastronomica fatta di tradizioni che si tramandano da sempre. Pranzi, cene e super colazioni faranno da cornice alle più profonde riflessioni spirituali che questo evento liturgico porta in dote. Fatte salve le uova di cioccolato, che puntualmente e gradualmente inizieranno a comparire ovunque per la gioia dei bambini soprattutto, se c’è un simbolo (lo diciamo con rispetto) gastronomico che rimanda inevitabilmente alla Pasqua, la pastiera napoletana probabilmente lo incarna completamente. Dolce napoletano e pasquale per eccellenza, la pastiera è realizzata con ricotta, grano e uova. Si comincia a prepararla il Giovedì Santo per essere mangiata il sabato precedente la domenica della Resurrezione sulle tavole dei partenopei e a Pasquetta. Rileviamo subito che la sua importanza è stata anche affermata a livello ufficiale con il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale campano. Nel cuore del centro storico della città, all’ombra del Vesuvio, sono tanti i laboratori e le pasticcerie dove mangiare la migliore pastiera. Pochi, però, sanno che questa pietanza ha radici antichissime, che risalgono addirittura alla nascita stessa di Napoli e al paganesimo, prima ancora di diventare emblema della festività cristiana. In molti concordano sulle origini pagane della pastiera e secondo un’antica leggenda, la prima a realizzare questo dolce fu la sirena Partenope in persona, a cui si deve anche la nascita di Napoli: per ringraziarla di aver scelto il Golfo come sua dimora e della sua voce melodiosa, gli abitanti incaricarono sette tra le più belle fanciulle dei villaggi di regalarle sette doni della natura, che Partenope stessa mescolò insieme dando vita alla pastiera. Si trattava di farina, ricotta, uova, grano tenero, acqua di fiori d’arancio, spezie e zucchero. Secondo un’altra tradizione, invece, la sua creazione sarebbe legata al mondo dei pescatori. Le mogli di quest’ultimi, narra il mito, avrebbero lasciato una volta sulla spiaggia, cesti pieni di ricotta, frutta candita, grano, uova e fiori d’arancio come offerta al Mare affinché consentisse ai loro uomini di tornare sani e salvi a casa. Ma durante la notte le onde mischiarono tutti questi prodotti e al loro ritorno, il giorno dopo, avrebbero trovato in quelle stesse ceste un dolce già pronto, cioè la pastiera. Il mare non solo gli aveva riportato i consorti sani e salvi ma lasciò loro anche un dolce fantastico. Ad ogni modo ed in entrambi i casi, è chiaro il legame della ricetta con gli antichi riti pagani per la celebrazione della primavera: in particolare, il frumento simboleggiava un augurio di ricchezza e fecondità, mentre le uova la vita primordiale che prende forma. Ancora la farina rappresenta la ricchezza, la ricotta l’abbondanza, i fiori d’arancio ricordano il profumo della terra campana e lo zucchero la dolcezza. In realtà, al di là dei presunti legami con la cultura pagana, la ricetta della pastiera così come la conosciamo oggi sarebbe nata nel sedicesimo secolo tra le mura di un convento di San Gregorio Armeno, la famosa strada dei pastori nel cuore del centro storico di Napoli. Una delle suore benedettine che lì viveva, volle realizzare un dolce che potesse unire insieme alcuni degli ingredienti più simbolici del periodo pasquale, in primis le uova, che rappresentano nella simbologia cristiana la nascita a vita eterna dell’uomo attraverso la morte e Resurrezione del Figlio di Dio. Ben presto, diventarono famose le pastiere realizzate dalle suore del monastero, che preparavano in grande quantità durante la settimana santa per offrirle ai signori della ricca borghesia partenopea. Un’ultima storia, forse la più nota, circola intorno alla nascita della pastiera. Si racconta che Maria Teresa D’Austria, moglie del re Ferdinando II di Borbone, soprannominata “la regina che non ride mai”, cedette, su insistenza del marito, famoso per essere molto goloso, col mangiare una fetta di pastiera. Al primo assaggio, la sua tristezza, però, si sciolse con un grande sorriso, dovuto forse alla dolcezza e alla morbidezza della pietanza, che colpì a tal punto il sovrano che esclamò a gran voce: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”. Da qui deriverebbe anche il detto “magnatella ‘na risata”, tipica frase che sollecita la gente alla ilarità. Il merito fu senza dubbio della ricotta, che le conferisce una consistenza eterea e che rappresenta a sua volta la vera caratteristica di questo dolce napoletano. La fortuna vuole che nel tempo, questa vera e propria eccellenza napoletana sia rimasta si, un dolce assolutamente pasquale, ma tale è il suo apprezzamento, che ormai durante tutto l’anno ci si può inebriare dei suoi profumi e dei suoi sapori certamente imbattendosi in qualsiasi pasticceria napoletana, ma sempre più frequentemente, la si ritrova esposta nelle migliori pasticcerie italiane pronta a regalarci le sue irripetibili sensazioni. Un dolce unico che ci regala gioia tutto l’anno.

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