Matteo Cocchetti: l’energia di un vulcano nel corpo di uno chef

Matteo Cocchetti, classe ’88, nasce a Brescia ma risiede a Rovato, in Franciacorta, la terra delle Bollicine e del lago d’iseo. Sceglie che la cucina sarà il suo futuro una volta terminate le scuole medie, ispirato dalla madre e da una zia che purtroppo non c’è più: «Mia mamma è una brava cuoca, la zia lo era ancor di più. Mi hanno trasmesso questa passione. In famiglia abbiamo sempre apprezzato l’ottimo cibo e io stesso, fin da bambino, mi dilettavo a cucinare per mio padre e a volte anche per i suoi amici. Cose molto semplici ma gustose», ci racconta Cocchetti.

Arriva, quindi, la decisione di iscriversi alla scuola alberghiera di Clusane D’iseo, un centro di formazione professionale, e di proseguire poi all’Alberghiero di Brescia.

«I primi 2 anni di scuola sono stati un approccio verso questo mondo fantastico. Fin da subito, mentre studiavo, nel tempo libero andavo a lavorare in un ristorante molto grosso in zona Franciacorta, soprattutto nei weekend. È lì che ho capito davvero cosa volesse significare “fare il cuoco”. Dopo qualche mese di lavoro, era il 2003, sentii parlare dai cuochi del ristorante di un certo chef molto famoso di nome Gualtiero Marchesi. Incuriosito della cosa, di nascosto e senza dire nulla a nessuno mi informai meglio su chi fosse e dissi ai miei colleghi che un giorno avrei lavorato per lui. Tutti scoppiarono a ridere e mi apostrofarono con battute del tipo “Proprio tu? Non sai cosa stai dicendo!».

E invece… Arrivato il momento dello stage scolastico alla fine del primo anno di alberghiero, «il professore mi chiama da parte e mi dice “Matteo, voglio darti una grande opportunità che non ho mai concesso a nessuno, mandarti dal mio maestro: Gualtiero Marchesi. Tu da lunedì prossimo inizierai il tuo stage scolastico all’Albereta di Erbusco, nel suo ristorante”. I miei ora ex-colleghi si stanno ancora mangiando le mani!». E Cicchetto lo ammette, è con il maestro Marchesi che è iniziato il suo vero percorso di formazione: «Solo lì capii cosa volessero dire davvero parole come cucina, cuochi, o meglio chef, sous chef, chef de partie, commis. Marchesi mi ha insegnato la gerarchia, la professionalità, le regole, il rispetto, il rigore. Per me era iniziato non solo una stage ma una vera e propria formazione accademica. A soli 14 anni ero già tra i fornelli del maestro, una brigata da 22 cuochi provenienti da tutta Italia, e anche da Germania, Francia e Giappone. In quel periodo lo chef era Andrea Berton ottimo professionista un vero sergente».

Con il maestro Marchesi fu subito amore a prima vista, come un nonno con un nipote, ma Cocchetti ha proseguito i suoi studi e le sue esperienze. «Sono stato in vari ristoranti stellati, come Villa Fiordaliso sul lago di Garda, o il Gelso di San Martino, all’epoca candidato per la seconda stella. Terminati gli studi volevo stimoli nuovi e così andai a lavorare dal francese Philippe Leveille al Miramonti L’Altro e ci rimasi per 2 anni. Un’esperienza strepitosa, uno chef bravissimo, sia in cucina che sul piano umano. Un amante dello champagne e dei gin tonic, che ha trasmesso la sua passione anche a me come fossimo stati vecchi amici». Raggiunti i vent’anni, Matteo sente che ha di nuovo bisogno di cambiare aria, di abbeverarsi di altre energie: «Andai a lavorare nel 2008 per lo chef Vittorio Fusari, una stella Michelin. Lui mi ha insegnato il lusso della materia prima, delle primizie, e di cucinare esse, oltre alla cultura per il territorio della Franciacorta e le amate “bollicine”. Fatta questa esperienza sentivo il bisogno di ritornare a livelli alti, cercavo emozioni forti, tensione, frenesia, competizione, valori. Decisi quindi di riprovare l’esperienza con Marchesi e nel 2009 entrai da commis di cucina con lo chef Fabrizio Molteni, perché dal maestro si riparte dal fondo per scalare E io lo feci: raggiunto il mio obiettivo nel 2012, diventato sous chef, avendo girato tutte le partite di cucina sia da commis che da capo partita, ebbi l’onore di svolgere il ruolo di braccio destro dello chef».

Finita con tanta felicità l’esperienza Marchesi Cocchetti va in Qatar a servire la famiglia reale come cuoco privato e torna in Italia l’anno dopo come consulente, ma le sue esperienze di livello lo portano ad essere convocato anche in Europa: «Nel 2014 sono stato chiamato per una consulenza come chef di cucina a Londra per Princi, un locale Italiano molto grande e famoso in centro a Londra. Ho contribuito all’apertura

di un ristorante italiano nel distretto di Knightsbridge , accanto al famoso Harrods di Londra. Un locale lussuosissimo con cucina italiana di altissimo livello, situato dentro una chiesa sconsacrata del XVI Secolo, ex residenza di Winston Churchill. Da lì una nuova avventura, un’apertura come chef di cucina a Porto Cervo, in costa Smeralda. Locale di alto livello con una cucina italiana e fusion».

È ormai il 2015 quando Cocchetti inizia a sentire la mancanza dell’aria di casa: «Ho ripreso come come chef di cucina presso “Dispensa pane e vini” in Franciacorta, a Torbiato di Adro, il locale presso il quale avevo lavorato sotto la guida di Vittorio Fusari. Era diviso in 2: una parte osteria e una parte ristorante. Dopo un esperienza di 2 anni la mia voglia di fare era sempre tanta. Ho fatto ancora delle consulenze, anche a Miami e a Fort Lauderdale».

Arriva così il 2018 e la telefonata di un amico… Giovanni Cavalleri, maestro pasticcere e patron della “Pasticceria Roberto” di Erbusco in Franciacorta: «Mi disse di avere l’idea di introdurre la cucina nella sua pasticceria. Detto fatto! Nata come un gioco di 2 professionisti che si stimano, possiamo con orgoglio dire che oggi è una splendida realtà.

Una realtà che conta una media di 40 coperti su ogni servizio di pranzo fatto e una cucina aperta dal martedì al sabato, dalle 12.00 alle 14.30, per una pausa pranzo con piatti studiati nei minimi dettagli: «L’ispirazione è quella dei dolci, Giovanni mi aiuta molto nelle tecniche di pasticceria io le rielaboro e le trasformo in cucina. Alcuni piatti che faccio, ad esempio, si chiamano saint-honoré di manzo, vitello tonnato in tiramisù, sette veli di melanzane alla parmigiana, asparagi nell’uovo, torta di riso nero con gamberi e salsa al curry».

E i progetti non si fermano qui: «A breve apriremo la nuova cucina, disegnata dal sottoscritto e messa ad hoc da ingegneri di cucine De Manincor di Trento. Una cucina immersa nel verde del giardino. Un cubo tutto in vetro e acciaio, con all’interno la cucina fatta tutta “sartoriale”».

I sogni per il futuro di Matteo? «Diventare un grande chef, ed essere riconosciuto come tale con la soddisfazione di apparire su alcune guide, come quella “rossa”. Nel frattempo mi dedico a questo progetto con tanto studio, e sempre alla ricerca di nuovi piatti. Penso al futuro sì, ma senza ossessionarmi perché la vita è imprevedibile. I progetti vanno fatti e inseguiti, ma un passo alla volta».

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