Italia o Spagna per la ONG Open Arms

Torna a far discutere il tema immigrazione, con al centro della tragica querelle ancora una volta la nave della ONG spagnola Open Arms: dopo lunghi giorni di agonia in mare, gli ultimi dei quali a largo di Lampedusa (a 800 metri circa), la Spagna mette a dispozione il porto di Minorca per lo sbarco dei migranti a bordo dell’imbarcazione. Dopo giorni di aspra contesa politica, con Salvini in netta opposizione allo sbarco e il TAR del Lazio che autorizzava di contro l’avvicinamento e l’attracco della nave sospendendo di fatto il famigerato “decreto sicurezza 2”, lo Stato iberico ha finalmente deciso di dare la sua disponibilità per l’accoglienza dei migranti, in modo peraltro piuttosto tardivo.

Nonostante la gravità della situazione e il fatto che la nave battente bandiera spagnola sarebbe, secondo quanto prescritto da convenzioni internazionali firmate anche dal nostro Paese, più che autorizzata e legittimata allo sbarco [ricordiamo che il diritto internazionale prevale su quello interno ex artt.10-11 Cost., N.d.R.], sia il capitano della nave sia il Ministro dei Trasporti Toninelli hanno aperto alla possibilità di portare i richiedenti asilo in Spagna. Secondo quanto dichiarato sui social da Riccardo Gatti, Presidente della ONG Open Arms, “Dopo 18 giorni di stallo, Italia e Spagna sembrano finalmente aver trovato un accordo, decisione che ci appare del tutto incomprensibile […]. Se davvero un accordo è stato trovato, è indispensabile che Italia e Spagna si assumano la responsabilità di garantire, mettendo a dispozione tutti i mezzi necessari, che queste persone finalmente sbarchino in un porto sicuro”; diverso il tenore delle parole del Ministro: “Grazie alla Spagna per aver offerto un porto alla Open Arms, anche se con troppi giorni di ritardo. La nostra guardia costiera è ora a disposizione, ed è pronta ad accompagnare l’Ong verso il porto spagnolo, con tutto il sostegno tecnico necessario, per far sbarcare lì tutti i migranti a bordo. […] È quanto mai necessario e impellente cambiare il Regolamento di Dublino”.

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