D’Alema: una carriera “dietro le quinte”

In molti si sono interrogati, nel corso degli anni, sul trovare una definizione che racchiudesse tutta l’essenza e la capacità umana e politica di Massimo D’Alema; la definizione più fortunata è forse quella di Roberto Gervaso:

«Spezzaferro [D’Alema, N.d.R.] sembra un tenentino della Belle époque, un coiffeur pour dames fine Ottocento uscito da una novella di Maupassant o da un romanzo di Guido da Verona. Ma ha la stoffa del leader. È il miglior fico del bigoncio diessino dell’ex-scuderia marxista-leninista, ripulita dall’ascetico Berlinguer e ribattezzata, dopo la caduta del Muro berlinese, dal baffuto Occhetto».

Dietro l’aspetto pacato e apparentemente innocuo si nasconde infatti la pinna di uno squalo che, nonostante sia stato Presidente del Consiglio per meno di due anni, ha sempre indirizzato nell’ombra la politica della sinistra dal 1998 in poi, anche dopo la decisione personale di uscire dalle Camere dello Stato. Ha inoltre rivestito diversi compiti istituzionali e non: è stato nel corso del suo lunghissimo cursus honorum Ministro degli Esteri e Presidente del COPASIR (legato alla gestione dei servizi segreti), oltre ad aver occupato cariche di primo piano in tutte le formazioni politiche di cui è stato iscritto.

La qualità che a oggi rende D’Alema visivamente simpatico ma politicamente temibile è la sua capacità di lavorare ai fianchi, catalizzando intorno alla sua persona tutto l’odio verso i diversi segretari del Partito Democratico senza mai sferrare attacchi frontali, agendo nell’ombra, trascinando silenziosamente quanto inesorabilmente tutti gli oppositori della leadership ufficiale a fare fronte comune sotto la sua egida; non a caso queste sue qualità gli sono valse il soprannome di “Andreotti di sinistra” da parte di alcuni addetti ai lavori.

«[Alla domanda: Perché le piace tanto D’Alema?] Perché come me per attaccare i manifesti elettorali è andato di giro nottetempo con il secchio di colla di farina a far botte. Perché è un comunista nazionale e democratico, un berlingueriano di ferro, e quindi un quasi affine mio […]. E poi è uno con i coglioni. Antigiustizialista vero, e per questo minacciato dalla magistratura». -Francesco Cossiga

Qual è l’attuale obiettivo di Massimo D’Alema? Che mosse farà lo squalo travestito da pesce rosso nel prossimo futuro? Riuscirà a rientrare al centro della scena dopo la terribile Caporetto elettorale di Liberi e Uguali? Quel che è certo è che, qualsiasi cosa accadrà, D’Alema non aprirà mai l’armadio degli scheletri: si limiterà a indicarlo e a dire: “Ma che bell’armadio! Chissà cosa contiene…” e lasciare che qualcuno lo apra al suo posto.

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