Russia 2018, il Mondiale dello zar Putin

Mancano ormai davvero poche ore al via del mondiale di calcio in Russia.

Giovedì 14 giugno il match tra Russia-Arabia Saudita aprirà la kermesse sportiva, e mentre Putin garantisce una squadra di casa che andrà avanti a lungo il calcio ormai è solo la cornice, il quadro è lo show-business.

Al 2011 risale la storica e discussa assegnazione che ha creato non pochi guai agli addetti ai lavori della FIFA, che tra accordi sottobanco e corruzioni varie hanno portato al trionfo della Russia, che nella corsa al Mondiale del 2018 ha sbarrato il cammino all’Inghilterra e alle candidature congiunte di Spagna-Portogallo e Paesi Bassi-Belgio.

«Quando c’è un capo di Stato forte che può prendere decisioni autonomamente come potrà fare Putin per i Mondiali del 2018, è più facile per noi organizzatori. Meno democrazia a volte è meglio per organizzare una Coppa del Mondo, dirò qualcosa di pazzesco, ma è così» dichiarò all’indomani della scelta di Russia 2018 il braccio destro di Blatter, l’ex vicepresidente Fifa Jérôme Valcke, epurato così come il buon Joseph (il Presidente FIFA accusato e condannato per corruzione).

È evidente come il Cremlino abbia usato il calcio e lo sport in maniera strategica per rispondere alle esigenze di rafforzare l’immagine internazionale del paese e mantenere il sostegno sia delle élite politico-economiche che delle masse.

E proprio come avvenne sotto il fascismo Mussolini, che nominò Leandro Arpinati supervisore del pallone di regime, così ha fatto Putin, piazzando al centro del villaggio olimpico il fido ministro dello sport Vitalij Mutko.

Imperialismo sportivo russo, considerando che sul territorio sovietico, capace di far fuori tutti i nemici per conquistare 25 eventi internazionali, si sono svolti: i Mondiali di atletica, i Giochi invernali, nuoto, hockey su ghiaccio, ecc, ecc…

La spesa complessiva del Mondiale di calcio si aggira intorno ai 15 miliardi di euro, cinque miliardi più di Brasile 2014.

Soldi in parte arrivati dai tesori privati degli oligarchi russi itineranti, come Roman Abramovich, il presidente della squadra inglese del Chelsea.

Per portare a termine i lavori ci sono voluti centinaia di moderni schiavi dei cantieri, molti dei quali forniti dalla Nord Corea, e secondo alcuni rapporti di ong umanitarie si è scoperto che gli operai asiatici venivano sottopagati, uno dei tanti scandali denunciati e insabbiati.

Per non parlare del caso “Doping di Stato” emerso già nel 2014.

Questo è il “modulo” Putin, un gioco al massacro contro i nemici della legalità, in cui la po-litica e la mafia, sono da sempre ovunque, pallone compreso.

Iniziano così i “mondiali dell’omertà” e “dei silenzi comprati”, calcio di inizio presso lo Lužniki Stadium di Mosca (81mila posti a sedere, lo stesso impianto ospiterà anche l’ambita finalissima).

Una delle edizioni definite “più politicizzate della storia”, forse una delle più chiacchierate, forse poi alla fine dei giochi rimarrà nelle pagine del calcio come l’evento più spettacolare, forse sarà un mondiale combattutissimo, e forse proprio la Russia si porterà a casa l’ambito trofeo, tanti forse, l’unica certezza è la mancanza della nazionale italiana per la prima volta dopo 60 anni, in cui staremo a casa a tifare un’altra nazione, e forse proprio quella russa.

 

 

 

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