L’insuperabile stallo politico della Spagna che favorisce l’ultradestra

Le elezioni politiche spagnole confermano che, in quel Paese, “el bloqueo” (lo stallo) rappresenta ormai la regola e non più un’eccezione. Questa sembra essere la fotografia complessiva all’indomani della ennesima consultazione elettorale senza un esito politico definitivo. In realtà, da aprile ad oggi – le penultime e le ultime elezioni – si sono verificati alcuni mutamenti importanti. È aumentato il cosiddetto partito dell’astensione, cresciuto di quasi il 7%, nonostante gli appelli del Primo ministro Pedro Sánchez a recarsi al voto per fermare le destre. Proprio il suo partito, vale a dire El PSOE, riesce a mantenere la primazia politica, con 120 seggi (- 3 rispetto ad aprile), ma ancora una volta manca il bersaglio della maggioranza assoluta dei 176 scranni richiesti. Secondo molti osservatori, i socialisti dovranno allearsi con gli avversari di sempre, ovvero i popolari guidati da Pablo Casado. Il PP ha conseguito 88 seggi (ben 22 in più rispetto ad aprile) che potrebbero essere preziosi per raggiungere la maggioranza e governare. D’altra parte, se il PSOE scegliesse di guardare alla propria sinistra, il che è un’operazione irta di difficoltà come hanno dimostrato i mesi precedenti al voto, dovrebbe fare i conti con il fatto che Podemos ha perso 7 seggi, in parte a causa della nascita di un’altra lista di estrema sinistra denominata Más País. Per creare una coalizione delle sinistre bisognerebbe ricorrere al soccorso delle formazioni indipendentiste e questa è la nota dolente, visto che la situazione politica catalana è sempre più tesa. Un quadro politico così frammentato e attraversato dalle spinte indipendentiste di una delle regioni più importanti del Paese come la Catalogna ha favorito l’ascesa dell’ultradestra di Vox di Santiago Abascal. Ed infatti la formazione sovranista ha ottenuto 52 seggi, raddoppiando il proprio peso e facendo gridare al proprio leader (amico di Le Pen e Salvini): “Abbiamo restituito voce a un pezzo di Spagna che non l’aveva”. Stando ad analisi politiche molto accreditate, l’estrema destra avrebbe sottratto voti alla formazione di centro Ciudadanos. Il partito di Albert Rivera, che sembrava l’astro nascente del moderatismo iberico, si è attestato intorno al 6,8%, ottenendo 10 seggi, avendone persi 47, in soli 7 mesi. Anche in Spagna dunque come in Italia e in altri Paesi europei una parte degli elettori sembra sensibile alle sirene del radicalismo di destra, ai messaggi di un leader come Abascal che esalta la Reconquista, il franchismo, la “Spagna eterna” e che propugna l’idea di una società chiusa, euroscettica, contro l’immigrazione, contro i diritti delle donne, contro il matrimonio egualitario. Gli appelli alla governabilità del “guapo” Sánchez non hanno saputo scaldare i cuori di un Paese smarrito, anche quando il Premier accusa l’ultradestra di essere l’erede di “una tradizione legata alle ore più buie della storia europea. Una tradizione (intende il fascismo, ndr.) di cui tutti ricordiamo il nome.” Se l’evocazione dello spettro neofascista non basta a compattare l’elettorato democratico, comunque maggioritario, l’unica via percorribile per evitare un’ulteriore avanzata dell’estrema destra nazionalista, da un lato, e degli indipendentisti catalani e baschi, dall’altro, potrebbe essere rappresentata dalla Grande Coalizione con i popolari; un’opzione politica, quest’ultima, invisa all’elettorato progressista e che incontrerebbe al contrario il favore delle istituzioni europee.

Foto tratta da Youtrend.

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