Stefania Meneghella La scrittura è parte di lei da sempre

Lettrice entusiasta e affamata di arte in tutte le sue forme, Stefania Meneghella produce recensioni, racconti, articoli, aforismi, tutto ciò che è parole.

Dopo una serie di premi e riconoscimenti, nel 2015 è co-fondatrice di Kosmo Magazine, magazine online di cultura e spettacolo e, nel   pubblica il suo primo romanzo “Silenzi Messaggeri”, edito dalla casa editrice Gruppo Albatros. Magnete è il suo ultimo romanzo.

Stefania Meneghella, ha dichiarato che a cinque anni, appena apprese le lettere dell’alfabeto piuttosto che disegnare hai prediletto la scrittura. Ricorda qual è stata la primissima cosa che ha scritto?

La scrittura è parte di me da sempre, e non ricordo il momento preciso in cui ha iniziato a farne parte. Posso però dire che, sin da quando ho cominciato appunto a saper scrivere, non ne ho più fatto a meno. Non ho buona memoria di quello che scrivevo inizialmente e, sicuramente, erano cose legate soprattutto a favole o immagini che un bambino di quell’età immagina di vedere. Ricordo però quello che scrissi quando ero in prima media, ed un mio racconto fu pubblicato nel giornalino della scuola: parlava di una rondine che era alla ricerca del proprio cibo. Era uno scritto per bambini, appunto, ma ero felicissima che qualcun’altro lo avesse letto e apprezzato. Da allora, non mi sono più fermata.”

Lei preferisce il genere introspettivo, psicologico, quel genere di lettura che esprime le emozioni, che ti guarda dentro, esatto?

Sì, i miei scritti si ispirano soprattutto al romanzo psicologico di Virginia Woolf, il mio “beniamino letterario”. Il suo flusso di coscienza e la sua analisi dei personaggi mi hanno infatti molto aiutato nella costruzione di un mio stile narrativo. Nei miei libri, preferisco, dunque, parlare di quello che i vari personaggi sentono a livello di emozioni e sentimenti. Questa è la mia priorità, e metto in secondo piano la descrizione di fatti ed eventi. L’introspezione è per me fondamentale, e cerco sempre di inserire un’analisi altamente psicologica, oltre che dell’inconscio.

 

Ha già in mente un prossimo romanzo?

Sì, sto pensando ad un sequel di “Magnete” ma è ancora tutto nella mia mente. Non ho ancora abbozzato nulla ma, sicuramente, non smetterò di scrivere. Sono sempre pronta a creare nuove storie e nuovi libri.”

Stefania Meneghella, “Magnete” non è la sua prima esperienza letteraria. Qual è stata l’opera che l’ ha vista più coinvolta nella sua realizzazione?

Direi che, al di là di “Magnete”, mi sono sentita molto coinvolta durante la stesura de “La linea gialla”. È un libro che tratta un episodio a me particolarmente caro, e che è stato ispirato da una mia esperienza lavorativa in una comunità educativa minorile. Il romanzo tratta appunto la tematica del mondo penale minorile, che vede spesso molti ragazzi (o bambini) svolgere reati solo per sentirsi “forti” e “grandi”. La strada è un mondo a loro familiare, e lì si sentono bene davvero. È quello che appunto accade ad Adham – protagonista del romanzo – a cui la strada inizia però a stare stretta, perché l’ha distrutto e reso una persona cattiva. Ho inserito tra quelle pagine ciò che vissuto in prima persona con i ragazzi della comunità, le cui parole e gesti saranno sempre parte di me.

Ha qualche genere che predilige come stile di scrittura? Si sente più portata per un genere in particolare?

Come detto sopra, sento che il genere surrealista e psicologico mi appartiene. Il motivo principale è senz’altro la mia passione per la psicologia, che ha sempre influenzato i miei scritti. Prediligo l’analisi dei sentimenti ed emozioni, piuttosto che la descrizione dettagliata di fatti ed eventi.”

Stefania Meneghella, Magnete è un libro molto particolare, a partire dalla suddivisione dei capitoli, si è ispirata a qualcosa in particolare? E c’è un motivo dietro questa scelta di suddivisione?

 

Magnete” è soprattutto un viaggio all’interno del cervello della protagonista, Sofia. Per questo, ho deciso di suddividere i capitoli in base alle varie aree che compongono questo organo tanto misterioso quanto complesso. Ogni capitolo è infatti un’area del cervello e, in ogni area, ci sono altri mini-capitoli che sarebbero le diverse storie raccontate da Sofia. Questo rappresenta la dimensione del cervello, a cui viene poi associata la seconda dimensione del romanzo: quella della casa di Virginia, che si ritrova improvvisamente da sola a riflettere durante il periodo del primo lockdown.

Sofia è un personaggio particolare, con una realtà mentale complessa, le ha creato difficoltà realizzare un libro con un personaggio così impegnativo?

È stato molto complicato scrivere e creare il personaggio di Sofia ma, soprattutto, parlare del cervello. Prima della stesura, ho infatti analizzato e studiato quest’organo, mediante documentari, libri, ricerche. Ho approfondito quello che c’è nel cervello, biologicamente parlando, e in seguito ho analizzato anche la psiche che c’è dietro i nostri comportamenti. Tutta la lavorazione è stata dunque molto impegnativa ma, alla fine, sono stata molto soddisfatta del risultato.

Il lockdown è stato un periodo strano e particolare, ciò che descrive nel libro rappresenta la sua reale esperienza e le sue sensazioni? Come ha vissuto il lockdown?

Ho vissuto il lockdown in casa, come la maggior parte di tutti noi. Sono stati due mesi lunghissimi e anche surreali: nessuno di noi si sarebbe infatti mai immaginato di vivere un periodo così difficile per l’umanità. Nonostante questo, ho cercato di trarre il positivo da tutto quel negativo che ci stava investendo. Ho approfittato di quel silenzio che c’era nella mia casa, e anche della riflessione che ne stava conseguendo. Ho così ideato “Magnete”, che parte appunto dalla casa di Virginia, per poi compiere un viaggio inaspettato e inconscio nel cervello di Sofia. Molti sentimenti e molte sensazioni che sente Virginia durante il lockdown sono state senz’altro anche le mie, oltre a esser state le sensazioni di tutti noi. La paura del futuro, l’incertezza dell’oggi, il timore di un abbraccio o di un contatto. Il vivere costantemente come in una gabbia, e non saper quando uscire. E ancora, la mancanza dei colori, le immagini alla tv che raccontavano una guerra invisibile ma comunque forte e crudele. Sono cose che non potremo dimenticare mai.

Stefania Meneghella, cosa vuole comunicare con la copertina del libro?

La copertina di “Magnete” rappresenta la personalità di Sofia: lei si guarda allo specchio e vede il suo cervello. È tutto frammentato, fatto di mille pezzi, che sarebbero le tante maschere che Sofia indossa. Si guarda allo specchio e non si riconosce: tutto è confuso ed è quasi impossibile vedere il vero volto della protagonista. Sofia non ha un’identità, ma tante minuscole personalità che la rendono così misteriosa, manipolatoria e a tratti cattiva.”

Quale messaggio vuole dare con il libro “Magnete”?

Il messaggio principale che ho voluto trasmettere con “Magnete” è sicuramente l’importanza del non giudizio. Nonostante tutto il male che le ha fatto, Virginia riesce a chiudere gli occhi e ritrovarsi nel cervello della sua ex amica Sofia. Ha inizio così un viaggio nei suoi pensieri, nelle tante storie che ha raccontato, nel suo vissuto, nelle sensazioni che ha provato. In questo modo, ha imparato a comprenderla e, di conseguenza, non giudicarla. È una cosa che dovremmo fare un po’ tutti con chi ci ha fatto del male: non giudicare l’altro per quello che ci è stato fatto, per stare bene noi. È un processo davvero difficile, quello del non giudizio, ma è importante per darci l’opportunità di saper capire l’altro, al di là delle sue azioni.”

Stefania Meneghella, i suoi racconti appartengono a un genere specifico, oppure le piace sperimentare generi letterari differenti?

I miei scritti appartengono tutti al genere psicologico, proprio perché il mio stile narrativo è strutturato su quello. Penso di non sentire attualmente l’esigenza di scrivere di altri generi.

Con i suoi racconti ha ricevuto importanti riconoscimenti letterari, ce ne può parlare brevemente?

Prima di iniziare appunto a scrivere romanzi, ho scritto molti racconti che mi hanno aiutato nella costruzione del mio stile narrativo. Con quelli, ho partecipato a molti premi e riconoscimenti letterari ma, quello che porto più nel cuore, è il premio “Federico II” di Brindisi che mi ha donato il riconoscimento come Dama Dell’Arte. Ho infatti partecipato con un racconto che ho dedicato alla tragedia in mare che ci fu a Lampedusa il 3 ottobre 2013. Decisi di scrivere di quell’evento, perché mi colpì profondamente e fui davvero felice di ricevere quel riconoscimento.”

Stefania Meneghella, ci racconta perché ha intitolato il libro Magnete?

Il titolo “Magnete” è nato dopo aver scritto una frase contenente nel libro e inserita sul retro della copertina: “Il mio dolore è come calamita: attira i cuori più deboli che, fatti di ferro, restano incollati alla mia pelle senza staccarsi mai. Sono fatta di magnete e di magnete voglio morire…”. La personalità di Sofia è dunque un magnete, che attrae le persone più fragili. Sono proprio loro a restare incollati alle sue tante identità e non riuscire a staccarsi, proprio per il suo essere manipolatorio e possessivo.

Quale rapporto ha con la scrittura? Scrive ogni giorno?

La scrittura fa parte di me, in ogni sua forma. Per questo, anche se lo volessi, non riuscirei a smettere di scrivere. Credo in tutto quello che è parola che, secondo me, è la medicina giusta per combattere l’indifferenza. Quotidianamente, lavoro per la redazione “Meteoweek”, occupandomi della sezione Spettacolo. Quindi scrivo ogni giorno di quello e, poi, ovviamente c’è la stesura di libri, che mi accompagna in ogni mia giornata. Immagino sempre nuove storie e nuovi valori da trasmettere. Non posso farne a meno.”

Stefania Meneghella, come difende il momento creativo, la fantasia, dalle distrazioni esterne?

Secondo me, la scrittura contiene tutto: sia i momenti interiori sia quello esteriori. Senza le esperienze, i viaggi, le persone che incontriamo non possono esserci storie, dato che l’autore si ispira ai propri vissuti per creare le trame dei suoi libri. Nonostante questo, dopo l’esperienza c’è però la delicatissima fase della riflessione: si ha bisogna di restare con sé stessi e, in silenzio, creare. È un processo lungo e complicato, che richiede molto impegno e sacrificio. Il mio momento creativo lo difendo credendo in quello che faccio e combattendo contro tutto pur di raggiungere i risultati letterari che vorrei.

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