‘Scuola di Cult nasce per dare un approfondimento agli spettatori di IRIS, il canale cinematografico di Mediaset, che hanno seguito il film della prima serata. Se sono rimasti davanti alla tv, se lo hanno seguito fino alla fine, allora quella pellicola li ha tenuti interessati… e quindi perché non regalare loro qualche informazione in più?
Scuola di Cult può, ad esempio, aiutare a comprendere meglio il film, a conoscere il lato nascosto degli attori, vedere gli errori sul set, imparare alcune tecniche utilizzate dai registi e molto altro…’ Così Enrico Tamburini, introduce la sua rubrica dedicata alle curiosità e agli aneddoti dei film e a quanto pare, questa intuizione di tanto tempo fa sta per diventare un Cult di nome e di fatto!
Stai raggiungendo un traguardo importante, 200 puntate. E’ una sorpresa o un successo annunciato?
“Quando con Susanna Fontana, la mia collega dell’epoca, abbiamo iniziato nel 2016 eravamo sicuri che Scuola di Cult sarebbe piaciuta perché realizzata con il cuore e la passione.
Le curiosità e i dietro le quinte che racconto sono scelti personalmente da me, sono gli stessi che io, da spettatore come le persone a casa, vorrei sentirmi raccontare. Quindi perché sarebbe dovuta andare male?
Il giudizio finale, però, spettava al pubblico del canale televisivo e del web, dato che le puntate sono in streaming anche su Mediaset Infinity e la pagina ufficiale di IRIS. Per fortuna la rubrica è piaciuta molto. Gli spettatori spesso mi chiedono “Perché non parli di quel’altro film?” “Fai uno speciale su…?”
Nel programma utilizzi un linguaggio giovane e curioso. Cosa ti dicono i ragazzi che lo seguono?
“Il mio linguaggio è lo stesso che userei con gli amici nel mio salotto nel commentare un film che abbiamo appena guardato. Ai ragazzi a casa piace proprio questo, lo percepiscono e commentano soprattutto gli atteggiamenti degli attori dietro le quinte, che spesso sono molto diversi da come ci immaginiamo. Non sempre chi è dolce e romantico davanti alla telecamera, quando si spengono le luci, ha lo stesso atteggiamento.
In ogni finale di puntata, poi, a meno che la pellicola non affronti dei temi delicati, inserisco sempre qualcosa di comico inventato da me, qualcosa che spiazza (di solito un personaggio del film si arrabbia con me, mi insulta e, magari, mi vuole pure eliminare), per abbassare i toni e non sembrare un professore. Questo mi porta a “dare del tu” agli spettatori, che a loro volta “danno del tu” a me ridendo e scherzando su quello che mi è accaduto”.
Conoscere aneddoti e retroscena dei film, quanto aiuta a capire il film stesso?
“Sapere cos’è accaduto dietro le quinte può essere una semplice conoscenza triviale, un gossip, un piacere in più, ma anche, in alcuni casi, può aiutare a capire il film stesso.
Per alcune pellicole, quelle più complicate, infatti, segnalo sempre alcuni punti dove il regista, in maniera non esplicita ha voluto lanciare un messaggio o esprimere una sensazione… quella tipica curiosità che ti fa esclamare “Ah.. non pensavo!” e che noterai con piacere la successiva volta in cui guarderai la pellicola.
Un aneddoto, inoltre, può aiutarti anche ad apprezzare maggiormente alcuni film, sapendo che alcune sequenze sono state girate superando mille avversità logistiche e metereologiche oppure con attori gravemente infortunati sul set.
Ad esempio, uno spettatore magari non lo sa che spessissimo, durante le riprese delle pellicole d’azione, almeno un membro del cast rischia seriamente la vita”.
C’è qualche aneddoto che hai scoperto e non avresti mai associato a quel film? Se si quale?
“Un aneddoto che mi ha colpito molto riguarda, non un film, ma gran parte della filmografia di un mito come Totò. Dal 1958 in poi l’attore ha sofferto di gravi problemi agli occhi, era quasi non vedente, ma ha comunque recitato in maniera esemplare in tantissimi film… e il pubblico non si accorse di nulla! Il talento e la passione superavano i limiti fisici.
C’è qualche film invece che è ‘blindato’ su quanto accaduto durante la lavorazione?
La filmografia di Kubrick, uno dei registi più enigmatici di sempre, che realizzava dei film ricchi di dettagli stimolando la curiosità e l’interpretazione degli spettatori.
I suoi set erano blindati e segreti. Gli attori stessi spesso non conoscevano benissimo la trama e avevano l’assoluto divieto di raccontare la giornata di lavoro anche ai loro colleghi che lavoravano alla stessa pellicola. Più volte i contratti con Kubrick, che con la sua proverbiale maniacalità spesso girava e rigirava le scene anche 100 volte, non prevedevano una data di fine riprese. Il cast, quindi, sapeva quando iniziava a lavorare ma non quando avrebbe finito”.
E’ tua anche l’idea di trattare i cinepanettoni facendo nascere la pagina social ‘Filmoni e Cinepanettoni’, tra l’altro seguitissima. Soffermiamoci sui secondi: il Cinepanettone è un fenomeno?
“Certamente! I cinepanettoni erano (parlo al passato perché ora come ora i veri cinepanettoni non esistono più) un fenomeno tutto italiano. Per oltre trent’anni, ogni Natale, nelle sale usciva una pellicola che portava nei cinema migliaia di persone. Successi quasi sempre consolidati dal primato al botteghino, ormai diventati delle vere tradizioni natalizie per le famiglie e che creavano numerose discussioni sia a favore che contro quella tipologia di film.
I cinepanettoni sono quindi un fenomeno, ma i critici italiani spesso evitano di analizzarne i numeri per non “sporcarsi le mani”. Nel 2013 è però uscito il libro “Fenomenologia del Cinepanettone”, per il quale sono stato intervistato anche io, scritto da Alan O’Leary, un professore dell’Università di Leeds, che dall’Inghilterra ha analizzato sistematicamente i numeri di quel filone”.
Hai incontrato e ti sei confrontato con personaggi amati dal pubblico italiano, da Banfi a Pozzetto per citarne alcuni. Cosa ti ha colpito e perché?
“Mi ha colpito la loro umiltà e la voglia di continuare a lavorare e divertirsi. Ti faccio un esempio. Quando arrivammo a Milano per registrare le puntate di Scuola di Cult dedicate da Iris a Renato Pozzetto, l’attore, che sapeva che nella rubrica c’è sempre un finale comico,aveva già organizzato autonomamente le differenti location, una per film, in cui inventarsi qualcosa per far ridere. Vista la sua lunga carriere avrebbe potuto tranquillamente sedersi in poltrona a chiacchierare, invece ha voluto essere originale e divertente per rispettare il suo pubblico che lo segue da tantissimi anni. Per me, inoltre, registrare delle gag insieme a Renato Pozzetto è stato un vero sogno”.
Parlando di attualità, la pandemia ha modificato lo strumento di fruizione di un film, passando dalle sale cinematografiche alle piattaforme online. Cosa pensi di questa nuova abitudine?
“Penso che il cinema sia arrivato nel futuro troppo in anticipo e non sa combattere contro l’on demand. La pandemia ha accorciato di netto i tempi di questo processo inevitabile e le produzioni cinematografiche si sono trovate spiazzate. Per noi spettatori è, ovviamente, una nuova abitudine molto comoda, abbiamo tutto sul nostro cellulare o nella nostra smart tv. Il problema è che le produzioni (film o serie tv che siano) diventano molto più “passeggere” rispetto a tempo fa. Ci affezioniamo di meno a quello che vediamo, alle volte non ci ricordiamo nemmeno di averle viste”.
I film di una volta invece, ad esempio quelli anni 80, non smettiamo mai di guardarli e troviamo sempre un momento giusto per rilassarci in loro compagnia. Quelli di adesso, anche se ci piacciono o se ci colpiscono, non riescono ad entrarci nel cuore come quelli di tempo fa. Non esistono più i cult. Quale film moderno possiamo considerare un vero cult che la gente fra 20 anni continuerà a guardare volentieri?
Professionalmente parlando, cosa ti piacerebbe aggiungere a Scuola di Cult?
“Considero Scuola di Cult come un format già rodato e pronto, però, ammetto, mi stuzzicherebbe raccontare le location di un film direttamente sul posto. Sarebbe davvero bello mostrare, ad esempio, una finestra dove 50 anni prima si era affacciato Alberto Sordi o magari visitare un paesino in cui è stata girata una pellicola che abbiamo visto mille volte. Oggi come oggi agli spettatori piacciono molto i luoghi dove sono stati girati i film, tanto che in Italia, negli ultimi anni, è anche aumentato il fenomeno del cine-turismo”.