Laura Mirò: con le sette note si prende cura dell’anima di chi ascolta

Il mio nome è Maria Laura Santini, in arte Laura Mirò, lavoro come psicologa clinica e psicoterapeuta, attività a cui dedico e ho dedicato la maggior parte della mia formazione e del mio tempo, maturando esperienza in particolare con pazienti psichiatrici e disturbi alimentari. Nel tempo libero sono un’appassionata di musica e più di recente ho organizzato questa passione in una seconda attività: quella di cantautrice. Ho ripreso gli studi musicali con maggiore continuità’, ho dato seguito a tanti piccoli desiderata lasciati sparsi e incompiuti nel tempo, ho affrontato molte remore e insicurezze e mi sono lanciata in questa avventura cantautoriale.

Ne è venuto fuori il mio primo album autoprodotto “Orme chiare” in corso di pubblicazione, nonché una collaborazione artistica con il musicista Pasquale Ferrara con il quale stiamo cominciando a portare in giro e promuovere i brani dell’album e non solo.

“Non lasciare molliche di pane” può essere visto come la consapevolezza di non voler tornare indietro?

“Non lascerò molliche di pane è la frase di inizio del brano “Orme Chiare”, è più una speranza di lasciare una traccia di me chiaramente identificabile (il riferimento è alla favola di Hansel e Gretel) per manifestare la mia vicinanza alle persone che mi hanno conosciuto e voluto bene, in modo che possano sentirmi accanto a loro anche quando non lo sono fisicamente. Ho scritto il brano in un momento nel quale il pensiero della morte era purtroppo presente per varie circostanze personali e professionali. La suggestione di fondo è l’idea della mia morte. Nello scrivere il brano mi sono chiesta quale sarebbe il mio lascito alle persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene. Mi sono venuti in mente flash, momenti, situazioni che potrebbero rappresentarmi agli occhi di chi mi conosce e che potrebbero far sentire loro la mia vicinanza anche quando non dovessi più esserci. Mi piacerebbe che le persone che mi hanno voluto bene mi sentissero vicina non solo nel ricordo, ma nell’attualità di situazioni ordinarie, nella vita di tutti i giorni. Come succede un po’ a tutti noi quando veniamo sorpresi da circostanze apparentemente banali, un odore, un gesto, un sapore, che ci riportano la vicinanza di affetti che pensavamo perduti e che invece riscopriamo improvvisamente attuali; piccole tracce capaci di ispirarci, commuoverci, consolarci, incoraggiarci, che ci svelano connessioni che apparivano prive di senso e che solo noi possiamo cogliere perché ci appartengono come “orme chiare” delle persone a cui abbiamo voluto bene.

Non è il brano che preferisco tra quelli che ho scritto, ma è una specie di testamento, per questo l’ho scelto a titolo dell’album.”

Ci racconta il suo rapporto con la musica?

“La musica è sempre stata presente nella mia vita, come un aspetto viscerale, ineludibile, quasi un bisogno. Quando ascolto musica non riesco a fare altro, satura tutta la mia attenzione! Perciò posso sentirla solo quando attivo il pilota automatico, mai se devo lavorare o fare cose che mi chiedano concentrazione! Ho iniziato a studiare musica da ragazza, in modo discontinuo. Non era un’attività incoraggiata dalla mia famiglia ed era un linguaggio del tutto sconosciuto a casa. I primi approcci con la musica sono stati timidi e ammantati di insicurezze. Mi vergognavo. Sentivo un’attrazione talmente forte verso la musica, inspiegabile e incomprensibile agli occhi dei miei che ho finito per sentirmi strana, un’aliena dai gusti marziani. A 16 anni mi ero iscritta di nascosto a un corso di chitarra ad una scuola rinomata, ma alla fine non riuscivo a fronteggiare le spese ne’ a tener testa alle paure. E’ andata un po’ così anche nel corso degli anni successivi, ho ripreso e lasciato gli studi di musica tante volte. Il coinvolgimento era tale che non riuscivo a conciliarlo con altri aspetti della mia vita, quando mi dedicavo alla musica venivo rapita da un impeto che richiedeva tutto il mio coinvolgimento, un approccio senza mezze misure, che finiva per essere totalizzante. Era una dimensione idealizzata, un banco di prova, di affermazione e riscatto e come tale vissuta senza equilibrio e con grande ambivalenza. La mia formazione ha preso un altro corso e la musica è rimasta relegata a ruoli minori, vissuta in una dimensione totalmente intima e privata. La maturità mi ha consentito di ridefinire il rapporto con la musica, di viverla come aspetto bello e complementare alla mia vita, una grande passione a cui dedicarmi con slancio e spontaneità, alleggerendola di significati che non le appartengono. Adesso è un bel gioco che in cui sperimentare tanti aspetti di me che hanno poco spazio nella vita di tutti i giorni, un gioco che mi consente di mantenere viva una parte creativa ed entusiasta. È un terreno di incontro e di scambio, di crescita e cambiamento.”

Scrive prima il testo o prima la musica?

“Non c’è una regola, dipende, sicuramente c’è un impulso, una spinta che ad un certo punto si impone in modo ostinato, chiede attenzione e diventa un chiodo fisso finché non si trasforma in canzone. A volte è un impulso improvviso che poi rimane silente per tanto tempo prima di acquisire nuova forza, “Oltre” è una canzone già scritta che esce fuori di getto. Ad esempio “Al primo bagliore” è nata sulla suggestione di una frase che avevo letto in un libro e che ha agganciato il mio immaginario per giorni, aveva a che fare con la riscoperta della sensualità di una donna matura, vissuta come una conquista della propria autonomia e un’affermazione della propria libertà. Mi piaceva molto l’idea che questa consapevolezza avvenisse in una donna matura, che non ci fosse un’età per entrare in contatto con la propria femminilità e sperimentare il desiderio. Sono rimasta a fantasticare molte situazioni che potessero tradurre quella suggestione e alla fine ho sviluppato il testo un po’ come un racconto e quel che è venuto fuori ha guidato la ricerca del tema musicale.

Mentre invece “Senza far rumore” ad esempio è nata dalla musica, un giro armonico venuto fuori giocando con la chitarra che mi ha successivamente suggerito il testo (è un brano ancora inedito, ma di cui a breve uscirà anche il videoclip).”

Ha una stanza tutta per sé da dedicare al lavoro sulle sette note?

“Ho un angolo del salone che ho adibito a studio musicale. È uno spazio che ho colonizzato un pò alla volta, prima con una chitarra, poi con un’altra, poi con la tastiera, il pc, le casse, i microfoni ecc ; i figli si sono sentiti un po’ espropriati dall’unico accesso alla tv di casa, ma alla fine se ne sono fatti una ragione. Dall’alto dei loro 18 e 21 anni, sono molto indulgenti e solidali con la mia passione e approfittano per vedere la tv quando io sono fuori casa. “

Come difende l’ispirazione con il frastuono della vita ?

“Non è sempre facile. Ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace molto e che è esso stesso in molti casi fonte di ispirazione per la musica. Lavorare come psicoterapeuta vuol dire avere a che fare con persone, relazioni, emozioni, porsi tante domande, mettersi costantemente in gioco e osservare la vita attraverso gli occhi dei pazienti, quindi da tantissime angolazioni diverse. Questa è un’immensa ricchezza. Non è sufficiente di per sé, perché l’ispirazione ha bisogno di essere seguita con spontaneità e poi coltivata con calma. A volte è più semplice, altre volte delimitare il giusto spazio richiede più sforzo.”

Qual è il suo rapporto con la scrittura?

“Scrivere mi piace molto. Mi piace in generale raccogliere impressioni, appuntarmi pensieri, esplorare attraverso le parole sensazioni ed emozioni. Ho sempre con me qualcosa su cui fissare o registrare quello che mi viene in mente. Sono piena di note e di appunti. Scrivere mi consente di mantenere un contatto con me stessa, mi costringe a tradurre in parole quello che spesso appare come una nebulosa indistinta di emozioni, mi consente di fare chiarezza ma anche di esplorare ed arricchire alcune idee. C’è una scrittura di getto, quella più acerba che amo di più, perché istintiva, spontanea e diretta che è la matrice della creatività.

Qual è l’evento che le è accaduto che le ha fatto capire di voler fare la cantante?

“Non c’è un evento vero e proprio, c’è il fatto che quando canto sono felice. E’ proprio in sé qualcosa che mi fa sentire contenta, appagata, è una sensazione paragonabile alla soddisfazione di un bisogno primario. Se non canto vado in sofferenza un po’ come quando ho fame: quando canto mi nutro. E’ sempre stato così.”

Ci parli del suo senso della vita?

“Il mio senso della vita è sicuramente il gusto! Mi piace osservare, ascoltare, toccare, annusare, ma ciò che mi appaga più di tutto è assaporare momento per momento. Intendo dire che mi piace soffermarmi su quello che faccio, cercando di godere appieno delle cose che ho e delle piccole o grandi realizzazioni quotidiane, senza mai dare nulla per scontato. Mantenere una flessibilità mentale che mi consenta di vedere l’aspetto positivo anche nelle situazioni più brutte. Mi ritengo una persona fortunata e sono molto riconoscente alla vita, mi sento in debito e mi fa piacere pensare di poter incoraggiare il “benessere” anche in altri e rimettere in circolo le opportunità che ho ricevuto. Lo faccio a mio modo mantenendo un atteggiamento aperto e fiducioso verso il prossimo, incoraggiando e supportando le iniziative che celebrano la vita in ogni possibile declinazione.”

Come reagisce a chi parla male alle sue spalle?

“Un tempo ero molto sensibile ai giudizi degli altri, soprattutto per quel che riguarda la musica, temevo molto di non piacere, vivevo il parere delle persone come una sentenza, un verdetto che generalizzavo su vari aspetti della mia vita fino a soccombere ad un senso di inadeguatezza che vivevo in modo pressoché costante. Oggi mi è chiaro che nessun giudizio può definirmi come persona e sono in grado di convivere con pareri negativi. Non sono alla ricerca di conferme, mi interessa di più fare quello che sento liberamente, senza inutili paure. Ho le idee più chiare, sicuramente i miei studi, le esperienze personali e la mia professione, mi hanno aiutato a confrontarmi con molteplici banchi di prova e ho ottenuto molte risposte che cercavo, ho imparato ad accettarmi e a dare il giusto valore alle cose che faccio. Indipendentemente da ciò che gli altri pensano. Perciò sono pronta a confrontarmi, ma a chi parla male alle mie spalle volto le spalle.”

Quando importante è per lei sentirsi ascoltata da chi lavora ai suoi progetti?

“E’ molto importante. I miei progetti hanno avuto seguito proprio grazie all’ascolto, all’attenzione e alla dedizione di alcune persone che ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada. Quando in età ormai adulta ho ripreso a studiaremusica, l’ho fatto con mille remore, piena di esitazioni, timori, insicurezze, inibizioni. Sentivo una forte spinta a riprendere un percorso incompiuto, mi sembrava che mi mancasse un pezzo, ma non avevo molta determinazione e coraggio a sostenermi. Sono state proprio le persone con cui ho iniziato a lavorare che mi hanno dato l’entusiasmo e la fiducia necessarie, loro prima di me hanno dato importanza alle mie idee e mi hanno aiutato a farle diventare veri progetti. Uno su tutti a cui sono molto riconoscente è il mio amico Massimo Melodia (musicista, compagno di liceo, insegnante di chitarra e arrangiatore di tutti i brani di “Orme chiare”) che ha compreso le mie intenzioni, quando ancora non erano chiare neanche a me, ha tradotto in musica i miei cenni scomposti e le farneticazioni visionarie, è rimasto solido riferimento di fronte ad ogni mio cedimento con grande pazienza e mi ha accordato moltissima fiducia. Mi sono sentita incoraggiata e sostenuta, è proprio questo che mi ha consentito di diventare un po’ alla volta più sicura e autonoma. Più cresceva la sicurezza e la determinazione, più cresceva il numero di persone disposte ad affiancarmi e sostenermi nei miei progetti. Si è generato un circolo virtuoso che mi fa sentire molto appagata. Oggi conto molte persone verso cui sono profondamente riconoscente. Abbiamo appena costituito la formazione acustica (io, voce e chitarra, Pasquale Ferrara, basso, Luca Giacobbe, percussioni) con la quale porteremo in giro la mia musica e non solo. Faremo serate in vari locali di Roma nella speranza di arricchire il circolo virtuoso di nuove collaborazioni e occasioni, fino alla realizzazione del concerto di presentazione dell’album che si terrà in primavera. Attualmente l’album “ Orme chiare” è in vendita in anteprima sul sito Bandcamp (alcuni pezzi sono ancora inediti) e il ricavato sarà devoluto all’associazione Ponti Non Muri per sostenere il bellissimo progetto Shiksha un ponte per l’India

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