Francesco Branchetti, il sipario calato all’ombra del Covid-19 e la forza del teatro

Sipario calato. Palco vuoto. Silenzio. Mai come ora, forse, ci vorrebbe il teatro per ripartire dopo la pandemia. Perché tra tutte le discipline, il teatro aiuta alla società di ritrovarsi mediante la forza della parola, dell’azione in scena e attraverso l’interazione tra attori e pubblico. Lo scriveva anche Leo de Berardinis: “Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. E questo lo sa bene Francesco Branchetti: attore, regista e innamorato dell’azione in scena. Lui, che era in tour con “Parlami d’amore” insieme a Natalie Caldonazzo e avevano appena debuttato con “Un grande grido d’amore” insieme a Barbara De Rossi. Lui, che è già a lavoro proprio per capire come è quando sarà possibile riprendere le tournée, spera in un ritorno alla normalità. Intanto è chiuso in casa. Come tutti: “Devo dire che è uno dei periodi più difficili e tristi della nostra vita, triste per quello che ci accade intorno, contagi, morti, crisi economica che è alle porte e di cui si vedono già i segni tangibili ma difficile e molto triste anche per la nostra attività di teatranti, repentinamente interrotta per il virus proprio mentre eravamo in tournée”, spiega Brachetti che intravede un futuro diverso. “Credo che adesso con questa drammatica situazione generata dal virus cambieranno molte cose nel mondo del teatro, già peraltro molto danneggiato e credo che le norme di distanziamento sociale, soprattutto all’inizio condizioneranno moltissimo il lavoro, tuttavia credo che dobbiamo ricominciare e spero che possa essere molto presto e noi siamo pronti con i nostri spettacoli ad affrontare un anno che sarà sicuramente molto difficile e complicato. I miei progetti adesso sono essenzialmente e interamente tesi a recuperare le date che abbiamo perso e a rimetterci in cammino nel nostro “viaggio teatrale” che da tanti anni è la nostra vita”.

Parla al plurale quasi a sottolineare quel pensiero condiviso che unisce gli artisti, unici nel far arrivare valori, emozioni, umori al cuore di noi spettatori. E un pizzico di malinconia subentra nel racconto, dove come un film l’attore, e capita anche a Francesco Branchetti, rivede la sua carriera, i tanti progetti da cui si è lasciato incantare. L’opera a cui è più legato? C’è. “Sicuramente lo spettacolo del passato a cui sono più legato è “Antonio e Cleopatra” di Shakespeare, che ho diretto e interpretato anni fa a Taormina, Segesta e in tanti altri teatri meravigliosi. Fu la realizzazione di un sogno teatrale e richiedette più di un anno di preparazione e credo che sia lo spettacolo a cui ho dato di più “di me stesso” e che più mi è rimasto nel cuore”. Oggi, al di là degli incastri, della riorganizzazione, delle tutele, c’è una grande voglia di ricominciare, di alzare il sipario, di accendere le luci in sicurezza e forse all’aperto, in un modo diverso ma con il sottofondo degli applausi del pubblico.

 

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