Elisabetta Bricca, nata e cresciuta nel cuore di Roma, è laureata in Sociologia, comunicazione e mass media, e lavora come copywriter, autrice e traduttrice. Vive con il marito e le due figlie al «Rifugio del Daino», un antico casolare umbro circondato da ulivi e boschi, che domina il lago Trasimeno. È appassionata di arte, cucina, vino e natura. Con Garzanti ha pubblicato anche Il rifugio delle ginestre (2017).
Signora Bricca le è mai accaduto, come succede agli attori, di rimanere coinvolta in un suo personaggio?
“A dire il vero, no. Cerco sempre di mantenere un certo distacco emotivo dai personaggi che creo in modo da poterli descrivere nel modo più obiettivo possibile, e per obiettivo intendo calarmi nella loro psicologia senza farla mia. Altrimenti scriverei di loro per come la vedo io e non per come la vedono loro. Però mi capita spessissimo di parlarci come se fossero persone in carne ed ossa.”
Le è mai successo di perdersi nel suo cammino artistico?
“Tante volte, succede ancora. Non sono mai sicura di un percorso quando lo comincio, navigo a vista. E’ anche successo che io abbia accantonato progetti, di cui avevo già scritto parecchie pagine, perché non ne ero convinta.”
Se le dicessi “Cercando Elisabetta” lei cosa mi risponde?
“Che Elisabetta si sta ancora cercando.”
Nella prima parte del romanzo, datata 1976, lei parla di un mondo che va disgregandosi sempre più. Nel 2021 il mondo è sempre più diviso. Cosa si potrebbe fare, secondo lei, per resuscitare l’umanità?
“Meteorite? Sto scherzando (neanche troppo). Credo che si sia persa l’importanza del confronto costruttivo. Ecco, si dovrebbe cercare di uscire dalla propria individualità, recuperare il dialogo, e riscoprire il fare per la comunità e non per il proprio tornaconto personale.”
Ha un luogo che la ispira di più dedicato alla scrittura? Una stanza tutta per sé?
“Avevo uno studio su di un soppalco, ma poi mi annoiava dover salire sempre le scale. Mi sono trasferita nella mia camera da letto da cui posso vedere il lago e il gelsomino che si arrampica sul muro fino alla mia finestra. In estate il profumo culla le mie giornate.”
Come difende il momento creativo, la fantasia, dalle distrazioni esterne?
“È difficile. Casa mia è un porto di mare, c’è sempre gente. Ho due figlie adolescenti, un marito, un gatto e due cani. Ho imparato a scrivere anche nella confusione. Quando sono concentrata non ho bisogno di silenzio. Se devo scrivere velocemente, preferisco farlo la mattina, prima dell’alba e prima che tutta la frenesia abbia inizio.”
Quale rapporto ha con la scrittura? Scrive ogni giorno?
“Un rapporto conflittuale, ma scrivo ogni giorno. O almeno cerco di scrivere una pagina al giorno per non perdere il filo della storia. Se stacco per troppo tempo poi è difficile tornarci sopra e recuperare quello stato di simbiosi e di confidenza con i personaggi.”
Ha in mente un nuovo romanzo?
“Lo sto scrivendo. Un romanzo molto lungo.”
Le parole hanno una grande forza. Si immagini di avere in mano la sua penna preferita e sulla scrivania una pergamena. Quale frase scriverebbe per dare un po’ di positività in questo periodo sociale?
“Non scriverei una frase, ma una sola parola: comprensione.”
Le è mai accaduto di sentirsi abbandonata e di trovare nella scrittura la salvezza?
“Spesso. La scrittura racchiude l’altra me, mi protegge, dà un senso al mio essere persona oltre la donna, la madre, la moglie.”
Le donne purtroppo continuano ad essere maltrattate, sfregiate, uccise, manipolate, sfruttate. La loro sofferenza sembra non avere fine. Secondo lei cosa si può fare perché tutto questo abbia una fine?
“Ci vorrà molto molto tempo affinché le cose possano cambiare. Non bisogna mollare, è necessario continuare a parlarne, è fondamentale puntare sull’educazione non solo delle figlie ma soprattutto su un’educazione sentimentale dei figli. E andare contro un certo tipo di mentalità, opporsi sempre. Anche se significa scontrarsi.”
Elisabetta Bricca, nata e cresciuta ner core di Roma, è laureata in Sociologia, comunicazione e mass media, e lavora come copywriter, autrice e traduttrice. Vive con il marito e le due figlie al «Rifugio del Daino», un antico casolare umbro circondato da ulivi e boschi, che domina il lago Trasimeno. È appassionata di arte, cucina, vino e natura. Con Garzanti ha pubblicato anche Il rifugio delle ginestre (2017).