Architetto Pasquale Piroso, l’architettura della bellezza

Il Vocabolario Treccani alla voce architettura dice: l’arte di formare, attraverso mezzi tecnico costruttivi, spazî fruibili ai fini dei bisogni umani: città, edifici, piazze, parchi e giardini.

Ma questi spazi vanno oltre questa definizione perché spesso vengono pensati come creazioni artistiche funzionali. Possiamo quindi di affermare che nell’architettura la fruibilità sovente si mescola al bello?

Architetto Piroso è d’accordo con questa affermazione?

“Fare architettura, progettare sogni altrui, realizzarli e concretizzarli per poi farli vivere, questo è per me l’idea del bello. Inoltre è una mia prerogativa quella di avere un forte legame con l’arte. Non esiste infatti un mio progetto in cui non ci sia presenza di arte. Architettura e arte insieme, suscitano emozioni. Ho la fortuna di avere la sede del mio studio all’interno di Palazzo Canova, l’atelier che fu del famoso scultore Antonio Canova. Oggi, oltre che sede del mio studio, è anche, e soprattutto, studio dell’artista Luigi Ontani, con il quale spesso ho avuto occasione di confrontarmi su temi di arte, architettura e design. Il Maestro Ontani è per me un ulteriore stimolo di confronto e di bellezza.”

Si parla di un bello artistico, visivo e strutturale o di un bello emotivo funzionale al benessere interiore oltre che esteriore?

“Il bello abita fuori di noi, ma vive anche dentro di noi, nella nostra anima, altrimenti non sapremmo riconoscerlo. Deve esserci una “corrispondenza” tra l’interno e l’esterno, una sorta di specchio, in cui il bello esterno deve riflettersi.

Ed è per questo che non si può parlare di un bello in senso assoluto, se non siamo noi, con le nostre emozioni, predisposti a riconoscerlo.

Noi architetti abbiamo il compito di costruire le case, non solo esaudendo tutte le funzioni del vivere, ma soprattutto realizzando sogni e desideri di chi vivrà quegli spazi, di qualsiasi natura e ampiezza siano. L’architettura è l’arte di saper costruire le città e i suoi luoghi, ma è anche e soprattutto bellezza.”

Possiamo dire allora che la sua passione per l’architettura nasce per una sua predisposizione naturale al bello strutturato e strutturale

“Utilizzare la propria creatività e metterla a disposizione degli altri. Da questo presupposto nasce la mia passione per il lavoro che faccio. Una passione direi viscerale e profonda; una passione che non si ferma alla semplice realizzazione di un progetto, ma va oltre l’architettura, approfondisce la materia e la trasforma. Un bravo architetto deve saper ascoltare. Ascoltare il luogo dove si progetta, ascoltare le persone che poi abiteranno quel luogo. Passione significa anche amore non solo per l’architettura, ma anche per l’arte, per la luce. Non esiste architettura senza arte, non esiste architettura senza luce. Il buio non è altro che assenza di luce: “sine luce, nulla architettura est”. Realizzare un progetto senza passione vuol dire non dedicare attenzione al progetto stesso.”

Dedicare attenzione quindi significa prestare ascolto ma anche curare ogni più piccolo dettaglio. Un gigante dell’architettura del secondo Novecento Vittorio Gregotti, nel suo libro “Sulle orme di Palladio”, parla della necessità di individuare nell’arte della costruzione la pratica, la pazienza e il ripensamento continuo.

“I miei progetti non finiscono mai come iniziano, molto spesso seguendo l’opera, riesco a modificarla e migliorarla, a modellarla come la musica, poiché l’architettura è musica, veicola emozioni attraverso il ritmo della sua crescita. L’architetto deve lasciarsi travolgere dall’emozione per poi realizzare la giusta cornice necessaria a sostenere la propria idea”

C’è un progetto al quale si sente più legato?

“Proprio per quanto già detto non saprei esattamente a quale dei miei progetti sono più legato, probabilmente all’ultimo, o forse a quello successivo ancora da realizzare. Certamente ripercorrendo ognuno dei miei progetti, sono certo che lo rifarei esattamente così come lo vedo realizzato.

Di certo, proprio per il mio modo di vivere la professione, posso affermare che il mio prossimo obiettivo è sempre il migliore possibile, che sia un luogo, piuttosto che una casa, piuttosto che una residenza o un hotel. Progettare significa ascoltare il luogo e farlo crescere nel miglior modo possibile.”

Si teorizza spesso, oggi, di bioarchitettura, pensando magari che basti un’ampia terrazza verde e un impianto fotovoltaico per raggiungere lo scopo. Un altro grande architetto, Ernesto Rogers, ha sempre posto massima importanza sulla connessione forte e reale tra gli aspetti teoretici e quelli pratici dell’architettura proprio per evitare che si cada in equivoci.

“Oggi più che mai abbiamo bisogno di nuovi modi di progettare, il nostro pianeta è fragile, l’intera umanità è debole, serve nuova linfa, nuova energia, aggiungo anche e soprattutto, nuovi spazi per i giovani. Sono loro, insieme a noi, che devono aprirsi a nuovi percorsi, pensando soprattutto ad un sistema ecosostenibile, alle città vivibili, senza frenesia. La qualità della vita dovrà essere l’investimento sul quale puntare. Riqualificare il verde, le strade, le piazze e gli edifici; ripensare le città, investire sulle risorse che ci ha tramandato la storia, i nostri borghi. Costruire edifici che respirano. Proiettiamoci verso il futuro, ma con estrema attenzione e con tanta leggerezza. Facciamo in modo che le brutte esperienze di questi ultimi anni siano auspici di crescita per il nuovo mondo che verrà.”

Un augurio per il futuro?

“Cosa mi auguro per i progetti futuri? Vorrei concludere con una frase di Jim Morrison: Non dite mai che i sogni sono inutili, perché inutile è la vita di chi non sogna.”

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