Per Anna Pavignano l’amore non ha tempo ne spazio. Il suo affetto per Massimo Troisi non finirà mai

L’attività di sceneggiatrice di Anna Pavignano con Massimo Troisi è iniziata con il film Ricomincio da tre,a cui sono seguiti: Scusate il ritardo, Le vie del Signore sono finite, Pensavo fosse amore invece era un calesse, e Il Postino, per la regia di Michael Radford, che ha ricevuto cinque candidature agli Oscar, tra qui quella per la sceneggiatura non originale, oltre a numerosi premi.

Il libro, Da domani mi alzo tardi, dal quale è tratta questa intervista, è diventato un film, per la regia di Stefano Veneruso.

Anna Pavignano ha descritto una storia d’amore rara senza tempo, che ancora continua dopo la morte, sconfiggendola. Leggendo mi sembrava di stare vicino a lei e Massimo Troisi e assistere ai vari momenti descritti nel testo. A volte, nel riprendere il testo, dicevo: adesso ritorno in casa Troisi; oppure: vediamo come finisce il film.

Credo che Anna Pavignano sia ancora innamorata di Massimo Troisi, che ha lasciato un segno d’amore che va oltre la vita terrena.

Paragono l’intensità amorosa di questo racconto a Romeo e Giulietta, anche se credo che questo amore sia superiore perché non conosce fine.

Massimo aveva un anima fragile, il loro rapporto era la sua forza.

Anna Pavignano accompagna con maestria il lettore dentro una storia d’amore, tanto poi da essere riuscita ad insegnare l’essenza dell’amore attraverso questa storia.

Questo libro mi ha creato un problema: non so se riuscirò a trovarne uno più bello.

Anna Pavignano, cos’ha provato quando il Postino ha vinto il premio come miglior colonna sonora?

“Non posso dire che fosse realmente delusione, perché personalmente non pensavo che una sceneggiatura avrebbe vinto. Un po’ di delusione perché non ha vinto Massimo come miglior attore, poi per la colonna sonora sono stata molto contenta perché era così bella che meritava. Però credo che in effetti se Massimo avesse vinto come miglior attore sarei stata molto felice, anche perché le cose che si dicevano a Los Angeles erano molto belle. Fra le varie interviste mi è rimasta impressa quella con Dustin Hoffman che disse che aveva imparato qualcosa in più sulla recitazione guardando Troisi. Quindi pensa che complimento. Io speravo che vincesse, perché era quello il premio che davvero quel avrebbe dovuto avere, non perché gli altri non lo meritassero.”

Un ricordo particolare della sua vita artistica con Massimo Troisi

“Tutte le scritture che abbiamo fatto insieme sono diverse, forse quella più carica emotivamente è stata quella di “Ricomincio da tre”, perché era per tutti e due una prima esperienza e c’era soprattutto l’entusiasmo e l’inconsapevolezza della prima esperienza. E poi perché è avvenuta in una situazione particolare: avevamo affittato una casa molto grande a Nemi, e vivevamo insieme con Lello Arena e Gaetano Daniele, poi nella casa vicino c’era Enzo De Caro, e quindi eravamo una piccola comune. È stato bello vivere insieme, era divertente. L’unico problema era che faceva freddissimo, e a volte per scrivere ci mettevamo a letto vestiti sotto le coperte e scrivevamo.”

Si dice che quando voliamo via da questa terra lasciamo una traccia del nostro cammino. Anna Pavignano, lei oggi Massimo, dopo lo splendido rapporto che avete avuto, come lo vive?

“Un po’ si evolve il modo di pensarlo, ma credo sia una cosa che succede con tutte le persone care che si perdono, il ricordo si trasforma. Quello che c’è di particolare nel rapporto con Massimo, ho usato casualmente la parola rapporto è come se in qualche modo il ricordo non andasse sfilacciandosi o scomparendo e questo grazie all’amore diffuso nei suoi confronti. Non è tanto il fatto di vederlo nei film, perché anche l’immagine di un film può pian piano appartenere al passato, ma è proprio il fatto di sentirne parlare così spesso, con tanta normalità, con le persone che hanno condiviso un pezzo di vita con lui, e anche con tanta gente che lo ricorda, per cui è come se effettivamente fosse una persona che vive lontano ma che ancora c’è.

Devo dire che chiaramente esiste poi una vita che continua, che va avanti, e il fatto diciamo di avere lui nel cuore, se vogliamo usare frase un po’ romantica, non mi impedisce di amare altre persone.

Finché le persone ci sono, questo riguarda i genitori e ha riguardato anche Massimo in una fase della vita in cui non stavamo più insieme diciamo in maniera classica, c’erano sicuramente dei giorni in cui io non mi ricordavo di lui e lui non si ricordava di me. Così come i genitori non li pensi tutti i giorni, se si fa una vita separata. E invece poi quando se ne vanno si pensano tutti i giorni. Almeno questa è la mia esperienza.”

Se oggi Massimo tornasse davvero, dopo 27 anni, cosa gli direbbe?

“L’emozione sarebbe così forte che in un primo tempo non si riuscirebbe a dire niente, e probabilmente per come siamo fatti noi due faremmo un po’ finta di niente, che tutto sommato non è molto strano che lui sia scomparso per tanti così come faremmo finta che non è molto strano il fatto che sia tornato.

E poi se lui tornasse, adesso entriamo in una dimensione fra il mistico e il fantastico, dalla morte gli chiederei un po’ di cose, avrei un po’ di curiosità.”

Anna Pavignano, ho l’impressione che il film il Postino segnava la nascita di un nuovo Massimo Troisi. Meno ironico ma più profondo, introspettivo, riflessivo. Cosa ne pensa?

“Penso di sì. Anche se non era un nuovo Massimo Troisi ma un aspetto diverso che lui in quel momento sentiva il bisogno di esprimere, e probabilmente sentiva la maturità per esprimere questa sua dimensione più interiore, profonda e poetica. Penso che poteva succedere che facesse altri film diciamo andando in questa direzione perché è vero che si apre una nuova strada, però credo che poi avrebbe avuto voglia, cosi come era già stato con “Non ci resta che piangere”, di fare qualcosa che facesse molto ridere e tornare alla risata allo stato puro. Sarebbe ritornato a fare dei film molto comici. Forse avrebbe avuto voglia di ritirarsi un po’, magari di scrivere soltanto, di non fare l’attore, aveva dei desideri di cambiamento anche nel suo ruolo. Sarebbe stata una grossa perdita se non avesse più fatto l’attore, magari aveva solo bisogno di riposare e poi avrebbe ricominciato.”

Ha mai pensato di non essere all’altezza di quel che stava facendo?

“Massimo aveva paura del parere dei grandi, ed è una paura con cui conviveva. Lui ha sempre temuto, come tutte le persone autocritiche e tormentate dal dubbio, di non essere all’altezza ma questo non gli ha impedito di mettersi in gioco e di fare le cose, perché in fondo poi ci credeva nelle proprie capacità.

Era solo una forma di senso della misura, per cui non si è mai montato la testa e non ha mai pensato di essere uno che poteva fare qualsiasi cosa. Anche se magari invece avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

Era molto attento a non esagerare e a non credersi troppo.”

Anna Pavignano, quale sensazione ha percepito in Massimo una volta finite le riprese de il Postino?

“Lui è morto il giorno dopo la fine delle riprese, non c’è stata alcuna sensazione. Non l’ho più visto. Finite le riprese ha fatto la classica foto di fine del film, con tutti quelli che ci hanno lavorato, hanno fatto questa foto ricordo e lui stava in mezzo, è una foto molto significativa perché era molto biafono e aveva l’aria molto stanca, e disse:” Non dimenticatevi di me.”

Questa deve essere stata la sensazione che deve aver provato, cioè essere riuscito ad arrivare alla fine di questa faticosissima impresa e la soddisfazione per averlo fatto e aver chiuso questo suo progetto che era sicuramente molto importante.”

Anna Pavignano, nel libro fa cenno ai silenzi dolorosi di Massimo Troisi. A quale dolore in particolare si riferisce? C’era qualcosa o qualcosa che invece lo faceva ridere?

“Siccome erano silenzi dolorosi anche se poi si sanno le cose preferiva che non se ne parlasse tanto. Però erano dei silenzi sicuramente legati alla sua malattia. Lui non era uno che ripiegava sul suo essere malato, aveva una malattia cronica ma non soffriva quotidianamente, però avendo una malattia al cuore che ti colpisce da giovane sicuramente ti rimane un dolore dentro. E poi anche lui ha avuto i suoi lutti come la perdita della mamma, questo era un suo forte dolore.

Massimo rideva molto con gli amici anche se principalmente era lui che faceva ridere gli altri. Intanto lui rideva molto con me, ridevamo insieme, c’era un rimpallo di cose divertenti per cui poi si rideva insieme. Spesso quando si ride insieme non si capisce da chi comincia la battuta. Poi Gaetano Daniele, un suo amico molto stretto, che fa una battuta ogni tanto ma quando fa una battuta fa molto ridere perché ha un alto senso della comicità; in casa sua i suoi parenti erano tutti molto allegri e avevano uno spiccato senso dell’ironia per cui anche a casa sua ridevano molto. E poi con Carlo Verdone, Roberto Benigni, ridevano molto, con loro il rimpallo dell’allegria e della comicità che era ad alti livelli. Era un modo di stare insieme in cui si rideva quasi sempre, spesso si buttava sul ridere anche una situazione magari seria.”

Massimo Troisi non era intraprendete e gli inizi sono stati difficili. Anna Pavigano,quanto deve all’intraprendenza di Enzo De Caro e all’amicizia con Lello Arena?

“Massimo riconosceva di dovere molto alla loro intraprendenza, chissà se grazie al suo talento sarebbe capitato in qualche caso fortunato in cui poi sarebbe venuto fuori lo stesso. Per come sono andate le cose il merito è stato esclusivamente di Enzo De Caro e Lello Arena, il fatto di vendere il loro gruppo, presentarlo e farlo girare. Massimo non avrebbe mai avuto quella capacità imprenditoriale.”

Perché Massimo Trosi ha curato così poco la sua immagine pubblica?

“A quei tempi non si curava tantissimo l’immagine pubblica, lui non aveva bisogno di curarla. Credo che abbia difeso la propria immagine privata, perché in effetti essendo molto popolare, era molto ricercato per fare interviste ed interventi e si fosse legato a certe situazioni forse la sua immagine pubblica avrebbe dilagato e non gli avrebbe lasciato spazi personali che invece lui amava.”

Massimo Troisi voleva amore da tutti, e riusciva ad averlo. Perché secondo lei questa ossessione dell’amore da tutti?

“Penso che tutti vogliano essere amati, il problema è poi riuscire ad essere amati da molte persone senza scendere a compromessi. Diciamo che Massimo è riuscito a rimanere se stesso e a fare la vita che voleva continuando ad essere amato da molte persone, invece che dover selezionare molto le persone che gli stavano intorno.

La cosa brutta è quando una persona deve cambiare se stesso o il proprio pensiero per farsi amare. Massimo questo non lo ha fatto, è stato amato per quello che era.”

Il primo film di Massimo si intitola Ricomincio da tre. Anna Pavignano quali sono i suoi tre desideri artistici più importanti?

“Continuare a scrivere romanzi, che siano letti sempre di più, spero che le belle cose che lei ha scritto sul romanzo da domani mi alzo tardi possano essere scritte sugli altri romanzi che usciranno. Spero si possa realizzare un film tratto da un libro su cui sto lavorando, vorrei avere più tempo per studiare tante cose che non so.”

Credo che con questo libro lei abbia completato l’elaborazione del lutto. E comprendo il finale: Massimo doveva andare. Vivo ma lontano. Cos’ha provato finita la stesura del libro?

“Quando si finisce un libro si prova sempre un senso di alleggerimento, come se si fosse fatto un percorso e quel percorso è finito. Mentre scrivevo il libro avevo una sensazione di allargamento della mente, come se la mente riuscisse a rievocare con una lucidità particolare, legata proprio alla scrittura del libro, come se avessi una lucidità amplificata nel ricordare certi aspetti di Massimo, che in parte era una persona in parte era un personaggio, oppure certi eventi della vita. Attraverso la creatività si è attivato un modo di ricordare molto particolare che poi si è chiuso con la scrittura del libro, e ho ricominciato a ricordare come si ricorda normalmente.

Questa è una cosa che provato, insieme a un senso di leggerezza per essere riuscita ad arrivare alla fine.”

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