Teatro Torlonia PROGRAMMA NUOVE GENERAZIONI 12-13 marzo ore 17 CARO LUPO

Teatro Torlonia

PROGRAMMA NUOVE GENERAZIONI

12-13 marzo ore 17

CARO LUPO

ideazione Miriam Costamagna e Andrea Lopez Nunes
regia, drammaturgia e cura dell’animazione Nadia Milani
con Miriam Costamagna, Andrea Lopez Nunes, Giacomo Occhi / Nadia Milani

spettacolo selezionato nel progetto Cantiere 2019 del Festival Incanti di Torino

dai 4 anni

biglietti adulti 10 € – ragazzi 7 €

Per il programma rivolto alle nuove generazioni il 12 e il 13 marzo arriva al Teatro Torlonia lo spettacolo di teatro di ombre Caro lupo di Miriam Costamagna e Andrea Lopez Nunes e diretto da Nadia Milani che cura inoltre l’animazione.

C’è una piccola casa in mezzo a un grande bosco. In quella casetta vecchia e sgangherata, si sono appena trasferiti la mamma, il papà e la piccola Jolie. 

Jolie è una bambina con una fervida immaginazione che la porta ad inventare milioni di storie, tanto che anche lei, a volte si interroga sul confine labile tra realtà e finzione. È curiosa, coraggiosa, le piacciono le stelle, il suo inseparabile orso di pezza Boh e le cose che fanno un po’ paura. I suoi genitori sono eccentrici, in molte faccende affaccendati, sono mani che sistemano, preparano, dialogano tra loro e non danno molto peso a quelle che sembrano essere fantasie. Così non le credono quando Jolie si accorge di una creatura del bosco che la affascina e contemporaneamente, la terrorizza. E quando Boh scompare, sente un coraggio che solo l’Amore sa regalarci e decide di andare alla ricerca di Boh nel bosco, incontra i suoi abitanti, scopre paesaggi incantati, e quando pensa di essersi perduta Nonno Nodo e Nonna Corteccia le regaleranno la chiave per affrontare la paura. Perché tutti abbiamo paura, e, a volte, essa si può addomesticare, se le guardiamo da vicino, se la attraversiamo, sa diventare piccola e preziosa.

Questo progetto nasce dal nostro desiderio di raccontare le forme che può avere la paura spiegano gli autori. Con questo desiderio siamo andati alla cerca di una favola da cui trarre ispirazione e ci siamo imbattuti in un albo illustrato, Cane nero di Levi Pinfold, fonte di interrogativi, a cui si alternano la lettura di molti altri albi dedicati all’infanzia tra cui I lupi nei muri di Neil Gaiman e le molte versioni di Cappuccetto rosso. Le storie sono medicine di istruzioni che ci guidano nella complessità della vita scrive Clarissa Pinkola Estée e non potremmo essere più d’accordo: crediamo nel potere salvifico delle storie. Con il nostro lavoro non abbiamo la pretesa di trovare soluzioni ma di offrire il nostro personale punto di vista su un tema tanto delicato, affinché, attraverso l’esperienza comune vissuta nel qui e ora del Teatro, le nostre paure possano diventare sempre più piccole e i nostri desideri di appartenenza a una comunità, sempre più grandi.

Lo spettacolo alterna due livelli in favore di un continuo cambio di prospettiva per lo spettatore. Alle immagini si sovrappongono le parole, la drammaturgia musicale originale e la drammaturgia luminosa, che si compone di tagli di luce, di riflessi, di sovrapposizioni e dissolvenze, in un incessante dialogo tra quello del teatro di ombre e quello del teatro sul nero. La scelta del linguaggio del teatro d’ombre è determinata dalla sua intrinseca natura evanescente e misteriosa. L’ombra è qualcosa di inafferrabile, rappresenta così la paura stessa. Il teatro sul nero è un linguaggio immaginifico dove l’applicazione di un taglio di luce permette l’animazione di oggetti, materiali e pupazzi rendendo gli animatori invisibili. Il nero permette di mettere in scena un mondo magico dove reale e irreale si confondono.

Note di regia

Prima volevamo parlare di paura. Ora, continuiamo a voler parlare di paura. Tra il prima ed ora, c’è stata una pandemia, una pausa forzata, un essere sopravvissuti. C’è stato il tempo come non c’era da molto tempo. E ci siamo stati noi, con tutte le nostre fragili contraddizioni. Abbiamo cambiato punto di vista diverse volte ma l’urgenza è rimasta la stessa, anzi, oggi si appropria di significati altri e profondi, alcune cose appaiono intoccabili, altre necessariamente da affrontare con delicatezza e cura. Credo che la paura venga vissuta in modi molto diversi in base a quale cuore abita, osservo gli adulti che si relazionano con le paure dei bambini spesso minimizzandole, osservo i bambini e le paure ataviche che hanno attraversato ognuno di noi, studio i principi delle fobie e poi arrivo a pensare che provare paura per qualcun altro fuori da noi sia in verità atto di coraggio. Perché la paura ci permette di non essere indifferenti alle cose che capitano intorno a noi, la paura è empatica e partecipativa, spesso coglie una collettività, altre volte è piccola e intima e occupa uno spazio minuscolo che appare però gigantesco finché non impariamo a conoscerla e ad addomesticarla. La nostra ricerca parte proprio da qui: quanto possono apparire spaventose le cose che non conosciamo? Quanto riusciamo a ridimensionare la paura se facciamo

un passo verso di lei? Quanto può essere salvifica e quanto può essere distruttiva se ci attanaglia senza via di fuga?

E così penso che parlare di paura all’infanzia, sia, oggi, molto importante, perché più che mai abbiamo bisogno di rielaborare e di capire che il superamento della paura può portarci a sguardi limpidi e tranquilli, ma anche che provare paura può insegnarci molto più di quanto immaginiamo. Il linguaggio della fiaba sarà il nostro mezzo, il Lupo, è archetipo che da sempre simboleggia il sentimento della paura. La protagonista sarà una bambina, Jolie, con cui i nostri piccoli spettatori potranno empatizzare e in cui potranno immedesimarsi come se vivessero la favola in prima persona. Proveranno paura con lei, per lei ed insieme a lei, la supereranno. La drammaturgia trova inizio in una lettera che Jolie adulta scrive al Lupo, una lettera appassionata, che ci porta nel vivo del racconto dove le parole vengono accompagnate da immagini che vivono tra proiezioni in ombra e figure animate grazie alla tecnica dell’animazione su nero. La comunicazione si sposta su un altro livello, dove le immagini diventano protagoniste indiscusse della messa in scena. Il “nero” diviene quindi contenitore di possibilità infinite, in cui diversi linguaggi possono fondersi in processi di ricerca e sperimentazione. Il buio, quel buio che fa spesso così tanta paura, appare immobile, vuoto, profondo, informe, ma la vita, con tutta la sua potenza, si scatena in un istante e la favola ci accompagna alla scoperta di come il superamento delle nostre paure può farci vedere le cose con altri occhi, che se abbiamo qualcuno accanto le paure fanno un po’ meno paura e che spesso, alla fine, quando si sono fatte piccole piccole, per le nostre paure proviamo un sentimento dolcissimo, quasi quasi, un sentimento d’amore. Nadia Milani

scene, sagome e puppets Gisella Butera, Andrea Lopez Nunes
Miriam Costamagna, Nadia Milani, Matteo Moglianesi
Musiche originali Andrea Ferrario
Voci di Aurora Aramo, Arianna Aramo, Miriam Costamagna, Andrea Lopez Nunes, Nadia Milani, Giacomo Occhi Disegno luci Andrea Lopez Nunes e Matteo Moglianesi
Consulenza registica Matteo Moglianesi

Produzione Drogheria Rebelot
con il sostegno di Festival Mondial des Theatres de Marionnettes di Charleville Mézierès e BIBOteatro

In collaborazione con Teatro Gioco Vita (PC), Associazione Artemista(PV), Zona K (MI), In scena Veritas (PV), Comune di Libiate (MB)

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