Ritratti di Santi Meditazioni su testi di padre Antonio Maria Sicari

Tornano a Roma I Ritratti di Santi: tre letture, spunto di meditazione prima della Pasqua, dedicate alla santità e affidate alla voce di attori. Nella prima lettura, lunedì 5 marzo, il regista e attore Giulio Base legge la vita di Giuseppe Moscati (1880 – 1927) definito “medico dei poveri”, beatificato da papa Paolo VI nel corso dell’Anno Santo 1975 e canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987. La lettura sarà intervallata dalle musiche di Katia Catarci.

Nella seconda lettura, lunedì 12 marzo 2018, ore 21.00 la regista e attrice Claudia Koll legge la vita di Clelia Barbieri (1847 – 1870), piccola, grande catechista del Risorgimento, fondatrice della congregazione delle Suore Minime dell’Addolorata e proclamata santa nel 1989 da papa Giovanni Paolo II. La lettura sarà intervallata dalle musiche di Armonia Antiqua.

Nella terza lettura, lunedì 19 marzo, l’attore Vincenzo Bocciarelli, legge la vita di Isidoro Bakanja (1895/90 – 1909), martire fra i martiri cristiani in Africa, proclamato beato nel 1994 da Giovanni Paolo II. La lettura sarà intervallata dalle musiche di Irene Callieri.

Gli incontri si svolgono nella chiesa di Santa Maria della Vittoria (Roma, via XX Settembre 17) e si basano sugli scritti di padre Antonio Maria Sicari, teologo carmelitano, autore di più di cento biografie dedicate ai Santi di ieri e di oggi e fondatore del MEC, Movimento Ecclesiale Carmelitano, organizzatore dell’evento.

Roma, marzo 2018

SCHEDA INFORMATIVA:

“Ritratti di Santi”, Meditazioni su testi di padre Antonio Maria Sicari

Luogo: Chiesa di Santa Maria della Vittoria, via XX settembre 17, Roma

Date: 5, 12, 19 marzo

Orario: ore 21.00 Informazioni: Teresa Gentiloni, tel. 333-2512911, teresagentiloni@gmail.com Ufficio Stampa: Maria Bonmassar, tel. 335-490311, ufficiostampa@mariabonmassar.com

lunedì 5 marzo 2018, ore 21.00

Giuseppe Moscati, lettura di Giulio Base

Giuseppe Moscati nasce a Benevento il 25 luglio 1880. Medico, ricercatore e docente universitario, è morto a soli 46 anni (il 12 aprile 1927 a Napoli). Settimo di nove figli nasce in una famiglia dove il padre Francesco è magistrato e la madre Rosa De Luca è nobildonna, proveniente dalla famiglia dei Marchesi di Roseto. Nel 1884 il padre diventa Consigliere delle Corte d’Appello e trasferisce la famiglia a Napoli. Dopo che il fratello Alberto si infortuna seriamente per una caduta da cavallo durante il servizio militare, è Giuseppe ad assisterlo. Da questa esperienza famigliare iniziano a maturare i suoi interessi per la medicina. Finito infatti il liceo, si iscrisse alla Facoltà di Medicina nel 1897. A causa di una emorragia cerebrale nello stesso anno il padre muore. Giuseppe Moscati si laurea a pieni voti nel 1903. Dopo poco tenta il concorso per assistente ordinario e per coadiutore straordinario agli Ospedali Riuniti degli Incurabili: supera entrambe le prove. Rimarrà nel nosocomio per cinque anni. Una sua tipica giornata in questo periodo consisteva nell’alzarsi presto tutte le mattine per recarsi a visitare gratuitamente gli indigenti dei quartieri spagnoli di Napoli, prima di prendere servizio in ospedale per il lavoro quotidiano; la sua intensa giornata proseguiva poi nel pomeriggio visitando i malati nel suo studio privato. La grande dedizione per gli ammalati non sottrae comunque il tempo di Giuseppe per lo studio e la ricerca medica che persegue attuando un concreto equilibrio fra la scienza e la fede cattolica. E’ il mese di aprile del 1906 quando il Vesuvio inizia ad eruttare ceneri e lapilli sulla città di Torre del Greco; un piccolo ospedaletto, succursale degli Incurabili è in pericolo e Moscati si reca di corsa sul posto per dare il suo aiuto alla messa in salvo degli ammalati, prima che la struttura crolli. Nel 1911 un’epidemia di colera funesta Napoli: Moscati viene chiamato a svolgere ricerche. Presenta una relazione all’Ispettorato della Sanità Pubblica sulle opere necessarie per il risanamento della città, opere che verranno portate a compimento solo in parte. Sempre nel 1911 riceve la libera docenza in Chimica Fisiologica. Socio della Reale Accademia Medico-chirurgica e direttore dell’Istituto di Anatomia Patologica Moscati è ben ricordato e stimato da tutti i giovani medici studenti che lo seguono durante le visite ai pazienti. E’ il 1914 quando la madre muore per diabete; scoppia la Prima Guerra Mondiale e Moscati presenta domanda di arruolamento volontario; la domanda viene respinta con la motivazione che il suo lavoro a Napoli risulta più importante; non manca di prestare soccorso e conforto spirituale ai soldati feriti di ritorno dal fronte. Sono numerose le sue ricerche che trovano pubblicazione su riviste sia italiane che internazionali; importanti sono le pionieristiche ricerche sulle reazioni chimiche del glicogeno. A soli 46 anni, dopo un improvviso malore, spira sulla poltrona di casa sua. E’ il 12 aprile 1927. La notizia della sua morte si diffonde rapidamente, riassunta nelle parole della gente “è morto il medico santo”. E’ stato beatificato da papa Paolo VI nel corso dell’Anno Santo 1975 e canonizzato da papa Giovanni Paolo II nel 1987.

lunedì 12 marzo 2018, ore 21.00

Clelia Barbieri, lettura di Claudia Koll Figlia di Giuseppe e Giacinta Nannetti, contadini, nacque in località Le Budrie di San Giovanni in Persiceto, piccolo centro della provincia di Bologna, e da adolescente divenne parte attiva dei catechisti del tempo chiamati Operai della Dottrina cristiana. Il 1º maggio 1868 si unì con alcune compagne nella cosiddetta casa del maestro, con il programma di fare delle riunioni periodiche per «vivere una vita raccolta e fare del bene», inserendosi a tutti gli effetti nella vita parrocchiale.

Il gruppo fu molto solerte nell’insegnamento del catechismo ai giovani e nelle opere assistenziali ai poveri ed agli ammalati e ben presto la giovane Clelia ne assunse il ruolo di guida, tanto che sovente veniva chiamata “Madre”. Lo scopritore delle virtù della giovane fu il cardinale Giorgio Gusmini, arcivescovo di Bologna dal 1914 al 1921, che fece uscire, nel 1917, l’opuscolo Appunti su Clelia che molta parte ebbe poi nel processo di canonizzazione. Morì all’età di soli 23 anni, il 13 luglio 1870, pronunciando le sue ultime parole: «Me ne vado in paradiso e tutte le sorelle che moriranno nella nostra famiglia avranno la vita eterna…» e anticipando così la fondazione della Congregazione delle Suore Minime dell’Addolorata, avvenuta qualche anno dopo. La Congregazione si è sviluppata e si sviluppa. E’ diffusa in Italia, in India, in Tanzania. Oggi le suore nell’imitazione della Beata Clelia, in umiltà nel proficuo loro lavoro assistenziale sono intorno alle trecento, divise in 35 case. Con i suoi 23 anni, al giorno della morte, Clelia Barbieri può dirsi la fondatrice più giovane della Chiesa. Fu beatificata il 27 ottobre 1968 da papa Paolo VI ed innalzata agli onori degli altari da Giovanni Paolo II, divenendo santa della Chiesa cattolica il 9 aprile 1989. A lei è intitolata la Chiesa parrocchiale di Cavazzona di Castelfranco Emilia (Arcidiocesi di Bologna).

lunedì 19 marzo 2018, ore 21.00

Isidoro Bakanja, lettura di Vincenzo Bocciarelli

Numerosi martiri dei primi secoli morivano pregando per chi li uccideva. E così ha fatto nel Ventesimo secolo lui, diciottenne eroe di pelle nera. Era nato nell’attuale Repubblica Democratica del Congo (già Zaire), che all’epoca sua era sotto la sovranità di re Leopoldo II del Belgio a titolo personale: una sorta di proprietà sua, che sarebbe poi diventata colonia col nome di Congo Belga. L’anno di nascita di Isidoro non è sicuro, ma lo è quello del suo battesimo: questo ragazzo della tribù Boangi, istruito nella fede da due missionari, è diventato cristiano nel 1906, intorno ai suoi 18 anni. Si fa strada sul lavoro, diventa assistente edile, poi lo assume come domestico l’agente di una società proprietaria di grandi piantagioni di caucciù: un belga, come la sua società; come quasi tutte le altre imprese in Congo. Ma a questo dirigente le conversioni non vanno giù. Ce ne sono altri come costui nelle grandi società, avversi al cristianesimo perché vedono nel legame di fede dei congolesi tra loro e con i missionari un pericolo per il pieno potere delle società sulla manodopera nera. Isidoro non resiste, vorrebbe tornare a casa, ma gli è proibito. Gli comandano anzi di buttare via lo scapolare della Madonna del Carmine che porta al collo, insegna della sua fede. Lui rifiuta, e allora cominciano due successive flagellazioni che gli procurano ferite inguaribili. Così straziato lo portano in un altro villaggio, per non farlo vedere a un ispettore. Ma questi lo trova, “con il dorso scavato da piaghe purulente e fetide, coperte di sporcizia, assalite dalle mosche”. Decide di portarlo con sé per curarlo. Ma Isidoro sente venire la morte e dice a un amico: “Se vedi mia madre, se vai dal giudice, se incontri un sacerdote, avvertili che sto morendo”. Arrivano dei missionari e lui racconta la vicenda; esortato a perdonare il suo torturatore, risponde di sì: “Quando sarò in cielo, pregherò molto per lui”. Flagellazione mortale, ma agonia lunghissima: sei mesi. Un’atroce decomposizione di carne viva. Isidoro Bakanja si è fatto rimettere al collo lo scapolare e stringe in una mano la corona del Rosario: che tutti lo vedano morire professando la fede. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato nel 1994. La sua memoria è fissata nel Martyrologium Romanum al 15 agosto, mentre l’Ordine dei Carmelitani e la Chiesa africana lo celebrano in data 12 agosto con il grado di memoria facoltativa.

 

Ritratti di Santi

Meditazioni su testi di padre Antonio Maria Sicari

Chiesa di Santa Maria della Vittoria

Roma, via XX Settembre 17

Lunedì 5 marzo, lunedì 12 marzo, lunedì 19 marzo 2018,

ore 21.00 (ingresso libero)

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares