L’approvazione dell’emendamento per il saldo FUS 2020 senza vincoli particolari: un’altra occasione mancata. Il punto di vista di C.Re.S.Co.

L’approvazione dell’emendamento per il saldo FUS 2020 senza vincoli particolari: un’altra occasione mancata.

Il punto di vista di C.Re.S.Co.

Durante i mesi del lockdown C.Re.S.Co. si è interrogato sulle norme adottate per la tutela dei soggetti ministeriali, considerando inscindibili la necessità che l’apparato FUS – innegabilmente il più solido del Sistema – continuasse ad esistere e il fatto che la sua esistenza fosse connessa all’adempimento della sua funzione pubblica. Funzione dettata dal finanziamento pubblico ricevuto e declinata in base alla natura dei singoli soggetti, partendo dalla continuità della necessaria programmazione e produzione culturale per i teatri Nazionali, i TRIC e i centri di produzione, passando per la funzione propulsiva (sia per gli artisti che per i pubblici) dei festival, arrivando all’impegno verso i propri lavoratori da parte delle imprese di produzione.

Legittimo allora garantire per il 2020 a tutti i soggetti FUS il medesimo finanziamento ottenuto nel 2019 pur sapendo che, a causa dell’emergenza sanitaria, non sarebbe stato possibile rispettare i parametri che ne determinano la riassegnazione.

Legittimo erogare d’urgenza un’anticipazione, perché il lockdown non ha fatto che acuire l’annoso problema della liquidità che affligge il teatro italiano.

Legittimo anche immaginare che l’anticipazione sia corposa, l’80%, perché tali soggetti già da aprile – quindi in tempi record – avessero la possibilità di immaginare un futuro possibile, facendosi traino di un intero sistema.

Eppure il sentore che qualcosa non stesse funzionando si era avuto già il 15 giugno, simbolica quanto fittizia data di riapertura dei teatri: si è vista allora la parte più fragile del sistema, gli extraFUS, inventare modi nuovi pur di tornare al lavoro, assieme ad alcuni virtuosi e coraggiosi soggetti FUS; è stato quanto mai singolare che la levata di scudi contro la riapertura sia arrivata proprio dalla maggioranza di quei soggetti che immaginavamo in moto già da aprile, liquidità alla mano.

C’era nel frattempo un appuntamento a fine estate, quando sarebbero state indicate le modalità di erogazione del restante 20%. A tal proposito la proposta avanzata da C.Re.S.Co. a inizio giugno prevedeva che tale erogazione fosse vincolata al monitoraggio delle attività effettivamente realizzate nel 2020, che avrebbe riguardato in particolare:

  • la riapertura delle attività, tenendo debitamente conto (a seconda delle funzioni specifiche) del coinvolgimento dei territori (in termini di erogazione di servizi) e del coinvolgimento di tutti gli attori del cosiddetto sistema extraFUS che in qualche modo finora hanno contribuito a determinare il valore qualitativo e quantitativo del soggetto FUS.

  • la scelta dell’impresa di non gravare ulteriormente sulle risorse statali attraverso il ricorso ad ammortizzatori sociali che potrebbero invece – se prolungati – fare la differenza per realtà non garantite dal contributo statale.

Ieri – dopo un lungo periodo di assenza di risposte certe – già raccontato da C.Re.S.Co. nel comunicato del 29 settembre – arriva notizia dell’approvazione del restante 20% entro il 28 febbraio 2021, senza nessun vincolo.

Riteniamo che questa decisione non riconosca il giusto valore di tutti i soggetti FUS che hanno agito e agiscono secondo responsabilità compatibilmente con le condizioni oggettive, la propria funzione e dimensione d’impresa, infine è innegabile che questo faccia sentire ancora più sole quelle realtà extra Fus che, pur senza garanzie, stanno provando ad andare avanti nella tempesta dell’incertezze.

C.Re.S.Co crede che sia necessario ripartire dal consolidamento di un intero comparto segnato ancora da eccessive diversità e per questo conferma la propria volontà nel farsi portavoce di una visione in grado di innescare davvero un cambiamento radicale, trasformando la terribile pandemia che ci ha colpito in un’occasione di crescita reale per tutte le imprese e i lavoratori dello spettacolo.

In questo momento occorre coraggio, di questo ha davvero bisogno il teatro italiano.

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