Interno Bernhard IL RIFORMATORE DEL MONDO MINETTI – Ritratto di un artista da vecchio

eatro Argentina

17  29 gennaio 2023

Glauco Mauri e Roberto Sturno

 

Interno Bernhard

IL RIFORMATORE DEL MONDO

MINETTI – Ritratto di un artista da vecchio

di Thomas Bernhard

con Glauco MauriRoberto Sturno

e con Stefania Micheli, Federico Brugnone, Zoe Zolferino, Giuliano Bruzzese

regia Andrea Baracco

scene e costumi Marta Crisolini Malatesta

musiche Giacomo Vezzani, Vanja Sturno

luci Umile Vainieri

Produzione Compagnia Mauri Sturno

 

orari: prima, martedì, giovedì e venerdì ore 20 | mercoledì e sabato ore 19 | domenica, giovedì 26 gennaio ore 17 | lunedì riposo
durata: 2 ore e 10 minuti compreso intervallo

 

Glauco Mauri Roberto Sturno, tra i più longevi gruppi teatrali italiani, dopo aver rappresentato nelle molte stagioni ormai trascorse a partire dal 1981 anno di fondazione della compagnia, le vette del teatro di ogni tempo spaziando dai grandi classici ai contemporanei, affrontano per la prima volta Thomas Bernhard portando sul palco del Teatro Argentina, dal 17 al 29 gennaio, due testi dell’autore austriaco: Il riformatore del mondo e Minetti, ritratto di un artista da vecchio racchiusi nel progetto Interno Bernhard, con la regia di Andrea Baracco.

In scena con Glauco Mauri e Roberto SturnoStefania MicheliFederico BrugnoneZoe Zolferino e Giuliano Bruzzese. Lo spettacolo si avvale delle scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, le musiche di Giacomo Vezzani e Vanja Sturno, le luci di Umile Vainieri.

In Il riformatore del mondo, testo del 1979, un vecchio misantropo e raggelante intellettuale, che dal profondo della sua casa-bunker disprezza il mondo e i suoi ignobili abitanti, sta per ricevere una delegazione ufficiale che gli consegnerà la laurea “honoris causa” per aver scritto un famoso trattato su come salvare il mondo. Ma per lui tale riconoscimento è la conferma che nessuno ha mai letto con attenzione il suo saggio poiché, nello stesso, sostiene che per migliorare il mondo bisogna eliminare gli uomini dalla faccia della terra. A fargli compagnia una sorta di Clov in gonnella di beckettiana memoria, che lo accudisce e gli permette di non sprofondare nel silenzio e nel gelo definitivo

A Bernhard Minetti, grande attore tedesco del secolo scorso, scopritore del teatro tragicomico e crudele di Thomas Bernhard e interprete di molti dei suoi testi, l’autore ha dedicato la commedia con il suo nome e sottotitolata Ritratto di un artista da vecchio. Vita immaginaria di un guitto ormai vecchio e disilluso che mentre aspetta nella notte di capodanno, in una anonima hall d’albergo, di portare in scena per l’ultima volta Re Lear, si abbandona ai ricordi, riflette sulla propria vita, sul suo mestiere d’attore, sugli intriganti meccanismi del teatro, e lancia giudizi spietati su una società sempre più confusa e su un teatro sempre più privo di senso.

«Tutte le volte che ho letto un romanzo, un racconto, un testo di teatro, o anche soltanto osservato una sua foto, con quella sua figura slanciata e fasciata in un abito nero, Thomas Bernhard, mi ha dato sempre la sensazione di essere qualcuno da cui è meglio stare alla larga. Bernhard è di pessimo umore, mi ritrovo a pensare; è un osso duro, e non fa nulla per nasconderlo – annota nelle note di regia Andrea Baracco – La sua prosa non permette al lettore di bluffare, è l’esatto opposto di quegli autori che leggendoli ti puoi distrarre tanto poi recuperi, ecco, con Bernhard non lo puoi fare, se l’attenzione ti salta, se per un attimo la pigrizia prende il sopravvento, lui ti volta le spalle e basta.

Quello che c’è di sensazionale nella sua scrittura è che i suoi personaggi, di sicuro quelli presenti nel progetto Interno Bernhard, Minetti e Il Riformatore del Mondo, non sembrano affatto allontanarsi da questo, anzi sembrano essere l’incarnazione della sensazione di cui dicevo sopra.  Tra i più iconici nella drammaturgia della seconda metà del ‘900, Minetti e il Riformatore, non fanno assolutamente nulla per essere amati: il loro prepotente flusso verbale non lascia spazio al dialogo; la vocazione distruttiva nei confronti di ogni cosa o persona li circondi, non può che produrre una feroce e agognata solitudine. In poche parole, non sembra per loro esserci risarcimento possibile davanti alla beffa dell’esistenza.

«Ogni viaggio è un vero martirio, con tutta la fatica che mi sobbarco forse ci vorrebbe un posticino ben soleggiato, ma io odio il sole. Un posto all’ombra, ma odio anche l’ombra. E poi mi annoio terribilmente, al mare mi viene mal di stomaco, le grandi città non le sopporto, in campagna è tutto così monotono. Quando sono a Parigi non so cosa darei per essere a Londra, se sono a Londra vorrei essere in Sicilia”. Queste parole ce le lancia addosso come pietre il protagonista de Il Riformatore del Mondo. Bernhard non ama affatto i movimenti, né quelli veri, né quelli falsi.

La scena su cui si aprono le pagine o si levano i sipari di Bernhard è quella del day after: l’esplosione è già avvenuta, è ormai lontana: il mondo, intatto solo in apparenza, è scardinato in profondità: follia, gelo, malattia e devastazione; ruota come impazzito seguendo un’orbita indecifrabile e assurda. Il superstite, con facoltà di parola, si pone di fronte a questo caos, a questo perturbamento: tenta di decifrarlo, di contrapporglisi, persegue questo scopo con folle determinazione, pur essendo conscio che porterà soltanto alla dissoluzione fisica e mentale. L’unica possibilità di sopravvivenza sembra essere allora la ricerca della perfezione in campi che fino a poco tempo fa erano il luogo della bellezza, del senso; il teatro, la musica, la letteratura, la filosofia. Ed ecco allora il grande attore Minetti in attesa di recitare per l’ultima, sublime volta, il suo memorabile Lear; ecco che il Riformatore del mondo, nonostante abbia da tempo deciso di ritirarsi a vita solitaria, accetti una Laurea Honoris Causa per aver cercato, con i suoi scritti, di dare un senso al caos.

Il titolo Interno Bernhard, nasce dalla certezza che sia Minetti, sia Il Riformatore, pur nelle loro sostanziali differenze, abitino un luogo, che è da sempre lo stesso, e che va oltre il tempo della lettura o dell’aprirsi e del chiudersi di un qualche sipario. Se qualcuno li cercasse li può trovare lì, e nonostante la loro riconosciuta misantropia, o forse proprio facendo leva su essa, non avrebbero alcuna difficoltà ad aprire la porta, ad invitarti dentro e segnalarti una poltrona su cui sedere, il rischio è che poi i due personaggi bernhardiani, ti intrappolino così a fondo dentro la rete del loro fluviale pensiero da non lasciarti più andare via»   

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