Cosa non si deve fare per essere felici? Cosa bisogna fare per saper esistere? È un paradosso sulla ricerca della felicità “Il Nullafacente” testo inedito di Michele Santeramo, regia e spazio scenico di Roberto Bacci, che vede in scena Michele Cipriani, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini, una produzione Fondazione Teatro della Toscana, in prima nazionale al Teatro Era di Pontedera dal 3 al 12 marzo.
Lo spettacolo – nuovo allestimento di Roberto Bacci prodotto dal Teatro della Toscana dopo la bella esperienza del Lear dell’anno scorso, ospitato anche alle Olimpiadi del Teatro di Wroclaw, nell’ambito di Wroclaw Capitale Europea della Cultura 2016 – sarà successivamente al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci dal 30 marzo al 2 aprile.
In un tempo che richiede presenza, prestanza, efficienza, lavoro, programmazione, qui il protagonista è uno, il Nullafacente (Michele Santeramo) che non fa niente. E non è facile perché anche il far niente ha bisogno di metodo, applicazione, pazienza, determinazione.
Ha una Moglie malata terminale (Silvia Pasello) e forse per fortuna, perché essendo incurabile, non bisogna far nulla per provare a guarirla. Sarebbero felici se il mondo attorno a loro li lasciasse in pace anziché accanirsi ognuno con le proprie regole e la propria morale. Il Fratello (Francesco Puleo), il Medico (Tazio Torrini), il Proprietario (Michele Cipriani) sono una sfaccettatura di quel mondo dal quale il Nullafacente ha deciso di star fuori, tipologie umane facilmente riconoscibili, che non sono necessariamente esempi negativi ma solo un altro modo di intendere la vita, opposto a quella del Nullafacente.
Sua vera ispirazione è il dialogo con un bonsai: una pianta costretta ad una forma ma che in quella costrizione ha trovato la giusta capacità per essere bonsai. Al bonsai riconosce questo primato: l’aver compreso dove sia la vita dentro quella costrizione, dove sia la bellezza, dove sia il muoversi frenetico che una pianta mette in moto ogni secondo, e dove sia la capacità di sembrare fermi, nonostante tutta quella vita.
Quel che il bonsai sa, il Nullafacente lo sta imparando, nella sua ricerca di risposte, accettando fino in fondo la sfida con se stesso di trovare maggiore consapevolezza e presenza, che lo portino a non perdere tempo, l’unico assoluto bene prezioso della vita. Perché è nella presenza nel tempo che risiede la felicità.
Cos’altro c’è di più propriamente nostro se non il tempo che viviamo? Questo si chiede il Nullafacente. E quando il tempo è visibilmente vicino a terminare, non è forse più importante goderselo piuttosto che provare a distrarsi e a dimenticarlo? Al tempo è legato tutto il resto: il rapporto con i soldi, con la morte ma soprattutto con la vita, con l’amore sempre minacciato dall’assenza, con tutto.
<<Scrivere questo testo – afferma Michele Santeramo – è stato ed è ancora, per me, il continuo e quotidiano riflettere su cosa sia giusto fare per stare bene. Ma il Nullafacente, un giorno, ha voluto correggermi e mi ha detto: caro mio – siamo ormai in confidenza -, tu sbagli domanda; quella giusta sarebbe: cosa, ogni giorno, NON devo fare, per stare bene?>>
Se ne “Il Guaritore” (2013) Michele Santeramo metteva in relazione le storie delle persone, per farle guarire, convinto che esistesse una guarigione collettiva, ne “Il Nullafacente” esiste solo la possibilità di una presa di coscienza personale, individuale.
Il nuovo testo di Santeramo apre ad una riflessione sul rapporto tra individuale e collettivo dove le soluzioni sono di tipo personale, conseguenza di un’epoca, quella della globalizzazione, che produce singolarità.
In una società che guarda come ci vestiamo, come votiamo, come ci rapportiamo al contesto, il Nullafacente smette di essere guardato e si mette a guardare, cerca di capire cosa non fare. Ma il Nullafacente è come il bonsai: fa mille cose, reagisce, si oppone, lascia andare, ma lo fa in un modo diverso dagli altri, lo fa guardando, lo fa cercando dentro risposte che altrove non ci sono.
“Il Nullafacente” rimane una grande storia d’amore nel suo confrontarsi con la fine, con il limite: <<le scelte estreme del Nullafacente e la malattia terminale della moglie – scrive Roberto Bacci – li conducono fino all’ultima porta da attraversare, mano nella mano. Oltre quella porta c’è la natura di cui siamo fatti: la morte. C’è una parte di noi che si rifiuta di assistere a questa storia giudicandola assurda, pericolosa, tenebrosa. Eppure, se resistiamo nell’abitare quelle tenebre, si può scorgere una luce di cui, almeno una parte di noi, ha un necessario bisogno per “saper esistere”>>.
3 – 12 marzo 2017
Teatro Era Pontedera (PI)
Prima Nazionale
Fondazione Teatro della Toscana
IL NULLAFACENTE
di Michele Santeramo
regia, spazio scenico Roberto Bacci
con Michele Cipriani, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini
musiche Ares Tavolazzi
luci Valeria Foti, Stefano Franzoni
assistente alla regia Silvia Tufano
allestimento Sergio Zagaglia, Leonardo Bonechi
assistente ai costumi Benedetta Orsoli
immagine Cristina Gardumi
“E’ grande colui che usa vasi d’argilla come fossero d’argento” Lucio Anneo Seneca “L’Arte di Vivere”