Dipinti inediti del barocco italiano

Il 27 novembre, alle ore 18,00, nel Palazzo Chigi di Ariccia, il giovane studioso Massimo Francucci, specialista del prolifico rapporto tra la pittura emiliana e la pittura romana del 600, presenterà due opere inedite di Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio (Pomarance, 1552 – Roma, 1626), raffiguranti Santa Cecilia e Santa Margherita d’Antiochia. I dei quadri rimarranno in mostra presso il Museo del Barocco romano, nella medesima sede.12

La particolarità è che i due dipinti sono assolutamente identici, con minime variazioni iconografiche per rendere riconoscibili le due diverse sante. Due opere emblematiche di una metodologia di lavoro, che non disdegnava la replica e il riutilizzo di invenzioni precedenti modificando il significativo con l’aggiunta di parti assolutamente secondarie compositivamente, ma fondamentali dal punta di vista iconografico.

Nato a Pomarance vicino a Volterra e cresciuto nel solco della migliore cultura pittorica toscana in chiave senese, Cristoforo Roncalli seppe, grazie allo studio di Raffaello e dei grandi testi pittorici che poté studiare in seguito al suo trasferimento a Roma, forgiare uno stile proprio e riconoscibile e ritagliarsi un ruolo importante nell’ambiente artistico dell’Urbe a cavallo tra Cinquecento e Seicento.

Nel Rinascimento non è poi tanto raro imbattersi in artisti pronti a replicare le proprie composizioni più fortunate, ma in questo caso la questione sottintende ulteriori implicazioni e a sorprendere sarà più che altro il fatto che entrambe sono state acquistate, in momenti diversi, dallo stesso scaltro collezionista.

Il modello aulico si rivelava essere ancora un Raffaello, ma la Santa Cecilia di Bologna che continuava a rivelarsi un testo imprescindibile per un numero impressionante di pittori, permettendo ad esempio negli stessi anni a Guido Reni di farsi apprezzare dal cardinale Paolo Emilio Sfondrato e divenire celebre a Roma, nel corso del revival del culto dei protomartiri che, promosso dall’oratorio di San Filippo Neri, avrebbe avuto ulteriore slancio in occasione del rinvenimento delle spoglie di Santa (1599). Con la sua semplicità didascalica, la pala d’altare con una santa a figura unica, si prestava con agilità all’adorazione del fedele il quale poteva così concentrarsi sulla sua immagine estatica e contemplarne le virtù e la bellezza, lasciando che le vicende agiografiche fossero riassunte da un solo elemento iconografico e si può dire, da un certo punto di vista, che si tornava indietro nella composizione alla schietta semplicità delle ‘santine’ dei polittici medievali.

È in tal modo che una Santa Cecilia e una Santa Margherita, entrambe vergini e martiri della Chiesa delle origini, potevano essere raffigurate da Pomarancio facendo ricorso ad uno stesso modello figurativo e poi distinte dall’aggiunta dell’organo o del drago. Pomarancio, servendosi di un modello idealizzato e basato sui migliori esempi disponibili per un pittore di cultura manierista, poteva poi tramutarlo, ora in Domitilla, ora in Cecilia o Margherita o Caterina d’Alessandria, senza che questo potesse destare la stessa sorpresa che invece oggi può suscitare in noi l’ammirare dipinti così simili.

Piazza di Corte 14, 00040 Ariccia (Roma) – tel. +39 06 9330053 fax +39 06 9330988

e-mail info@palazzochigiariccia.it – web www.palazzochigiariccia.it

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