Der Park (Il parco) di Botho Strauss

Dal 5 al 31 maggio al Teatro Argentina di Roma Peter Stein firma la regia di DER PARK (Il parco) di Botho Strauss dal Sogno di Shakespeare, la nuova produzione del Teatro di Roma.

 

Il maestro europeo della regia torna alla riscrittura in chiave contemporanea della tragicommedia shakespeariana che Botho Strauss scrisse appositamente per lui nel 1983, e che fu messa in scena alla Schaubühne am Lehniner Platz dallo stesso Stein nel 1984, con Bruno Ganz e Jutta Lampe. Un testo lontano trent’anni che disegna un mondo ricco di allusioni ed enigmi angoscianti per riflettere sul nostro oggi con sguardo spietato e a tratti devastante. Affresco di una società abbandonata e depredata dalle possibilità dell’amore, dell’arte, dell’incontro tra esseri umani. Così, il Sogno shakespeariano ritorna a vivere in un parco di città, dove l’amore è un valore dimenticato; il sesso è vissuto in maniera disordinata senza reale consapevolezza né piacere; il discorso politico diventa latente arretramento della civiltà; mentre l’arte non è più compresa e la creazione poetica non permette la comunicazione tra la vita reale e quella ideale. «Der Park a mio avviso è e resta un capolavoro, e da tempo lo volevo presentare in altre lingue, anche se la traduzione non è facile – commenta Peter Stein – Dopo trent’anni anni la mia ammirazione per questo testo è addirittura cresciuta: ho lasciato l’ambientazione nella Berlino del 1983 per dare al pubblico la chance di ammirarne l’attualità. Molte cose che Strauss aveva intuito trent’anni fa, oggi sono davanti agli occhi di tutti. Il teatro – continua il Maestro – è in grado di raccontare “vecchie” storie in modo contemporaneo. E infatti, i temi affrontati nell’opera sono il degenerare della sessualità a pura merce, o a puro gioco fisico di forza, la ricaduta in comportamenti che direi primitivi, come il razzismo e l’utilizzo della religione come arma politica; la perdita di memoria, il disorientamento delle nuove generazioni, la paura della crisi e della propria fine, la commercializzazione dell’arte e tante altre cose che sono esattamente il mondo di oggi… ».

 

Questa allegoria dei nostri giorni – che racconta di un grande addio alle possibilità dell’arte puntando il dito contro il capitalismo e la cultura di massa – trasferisce il Sogno shakespeariano nel parco di Berlino, dove si risvegliano Oberon e Titania. Le due divinità ritornano a far visita agli esseri umani che, sull’onda dell’avanzamento tecnologico e del progredire della società, hanno smarrito la loro componente più istintiva, primordiale, naturale, intesa come passione, sensualità, debolezza. Ed infatti, l’autore immagina che Oberon e Titania ricompaiano nel mondo di oggi con l’intento di risvegliare negli uomini la passione erotica.

Con sembianze umane e in povertà, i due personaggi arrivano in questo parco cittadino, dove nella notte di San Giovanni, tra i rifiuti e i rumori metropolitani, le vicende al centro della commedia shakespeariana si ripetono grazie all’intervento del mago Cyprian. Moderno Puck al servizio di Oberon, Cyprian rovescia i sentimenti di due coppie di sposi – Georg e Helen, Helma e Wolf –, versione borghese degli innamorati Ermia e Lisandro, Elena e Demetrio. Come nel Sogno di Shakespeare, anche Titania è vittima di un incantesimo: punita dal marito perché incapace di frenare il proprio desiderio, la regina delle fate si innamora di un toro, per poi essere catturata da un gruppo di giovani punk e dare alla luce una creatura mostruosa, un Minotauro. In questo incontro fra il mistico e la dura realtà quotidiana, gli uomini non riescono a raggiungere l’armonia divina perduta, mentre gli dei diventano come i mortali. La conclusione è amara: fallito il progetto di ridestare la dimensione più pura e istintuale dell’amore, Oberon e Titania si adattano alla società fino a confondersi con le miserie umane.

 

Un gioco poetico di metamorfosi dove si dipingono scene impietose della società in un parco, completamente frainteso dagli dei che credono di essere in uno spazio mitico, mentre si tratta solo di una natura fortemente umanizzata. “Immaginiamoci una società laboriosa che si è allontanata dal sacro ed è quasi parimenti estranea alla poesia – si legge nella dedica di Botho Strauss a Peter Stein – una società che, già un po’ stanca, cade preda non già di un mito o di una ideologia, ma del genio di una grande opera d’arte. Visti così i personaggi e l’azione di questa pièce sono pervasi, animati, ma anche insidiati e presi in giro dallo spirito del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. E dato che nessuno di noi vive la propria esistenza, ma sempre e soltanto una vita sottoposta a innumerevoli regole, ‘strutture’ e canoni della tradizione superiori e subconsci, anche questi ‘contemporanei’ che qui entrano in scena sono dipendenti e ideologi ignari sottomessi al magico potere di un’antica, insondabile commedia. Come l’essenza floreale che Puck e Oberon liberano sul volto dei dormienti nella foresta presso Atene, anche ai nostri personaggi viene instillata nei sensi, per confonderli, il soffio di un’opera d’arte. Ma le trasformazioni si susseguono e travolgono uomini, spiriti e l’azione stessa – il Sogno di una notte di mezza estate continua per sempre, e non c’è nessuno che sia rimasto sveglio per fornire quel buon antidoto capace di liberare all’istante tutti dall’inganno”.  XZ

 

Con riferimenti politici, ma scavando nella realtà dei sentimenti, Strauss ci mette di fronte alla necessità del ritorno all’interiorità, per quanto mutilata e martoriata. I suoi personaggi dissezionano senza pietà la loro anima con la forza della disperazione e dell’introspezione che la messinscena del testo restituisce attraverso il nutrito cast di interpreti: Pia Lanciotti (Helen), Graziano Piazza (Georg), Silvia Pernarella (Helma), Gianluigi Fogacci (Wolf), Maddalena Crippa (Titania), Paolo Graziosi (Oberon), Fabio Sartor (Erstling), Andrea Nicolini (Höfling/Primo sportivo), Mauro Avogadro (Cyprian), Martin Chishimba (il giovane nero), Arianna Di Stefano (Ragazza/Cameriera), Laurence Mazzoni (Primo giovane/Pianista/Secondo sportivo), Michele De Paola (Secondo giovane/Cameriere), Daniele Santisi (Terzo giovane/Cameriere/Terzo sportivo), Alessandro Averone (Minotauro), Romeo Diana e Flavio Scannella (Piccolo Höfling), Carlo Bellamio (Morte).

 

Dal 5 al 31 maggio al Teatro Argentina di Roma

XXX

dal Sogno di Shakespeare

traduzione Roberto Menin

regia Peter Stein

 

con Pia Lanciotti (Helen), Graziano Piazza (Georg), Silvia Pernarella (Helma),

ianluigi Fogacci (Wolf), Maddalena Crippa (Titania), Paolo Graziosi (Oberon), Fabio Sartor (Erstling),

Andrea Nicolini (Höfling/Primo sportivo), Mauro Avogadro (Cyprian), Martin Chishimba (il giovane nero), Arianna Di Stefano (Ragazza/Cameriera), Laurence Mazzoni (Primo giovane/Pianista/Secondo sportivo), Michele De Paola (Secondo giovane/Cameriere), Daniele Santisi (Terzo giovane/Cameriere/Terzo sportivo), Alessandro Averone (Minotauro), Romeo Diana e Flavio Scannella (Piccolo Höfling), Carlo Bellamio (Morte)

 

produzione Teatro di Roma

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