Un pugno all’imboccatura dello stomaco. Diretto come ogni storia di vita che lascia segni indelebili sulla pelle. Un’autobiografia della discesa all’inferno per comprendere il senso smarrito della vita. E dopo l’orrore, la comprensione. Dolore che è ferita profonda, ma anche rivelazione che apre e unisce nella compassione.
Daniele è un giovane poeta 25enne annichilito da “una malattia invisibile all’altezza del cuore, o del cervello”. Si rifiuta di obbedire ai riti cui sembra sottostare l’umanità: trovare un lavoro, farsi una famiglia… la sua vita è attratta piuttosto dal gorgo del vuoto, e da quattro anni è in caduta “precisa come un tuffo da olimpionico”. Prima la droga – pasticche, coca – ora l’alcolismo. Non scrive piu’ e la sua esistenza tocca il fondo, oltre ogni immaginabile decenza. Un senso indefinibile di assenza, la paura di vivere (ma non quella di farsi a pezzi), la depressione, o piu’ semplicemente il dover fare i conti con la vita che sta buttando via. Sarà apparentemente il senso di colpa verso i suoi genitori (ma nel libro c’è profonda la presenza di Dio) a spingerlo a chiedere aiuto: deve riuscire a sopravvivere e lo farà attraverso il lavoro. Il 3 marzo del 1999 firma un contratto con una cooperativa che gestisce le pulizie all’interno del’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
In questa “casa” speciale, abitata dai bambini segnati dalla malattia e dai loro genitori straziati dal dolore, sono molti gli sguardi che incontra e che via via lo spingeranno a porsi una domanda scomoda: perché, se la sofferenza pare essere l’unica legge che governa il mondo, vale comunque la pena di vivere e provare a costruire qualcosa?
Le risposte arriveranno con deflagrante potenza dall’esperienza quotidiana di fatica e solidarietà tra compagni di lavoro, in un luogo in cui l’essenza della vita si mostra in tutta la sua brutalità ma anche in squarci di inattesa bellezza. Qui Daniele sentirà dentro di sé un invito sempre più imperioso a riscattarsi, e lo accoglierà infine come un dono.
Dalla spirale di solitudine, prostrazione e vergogna di quegli anni bui e dalla progressiva liberazione dalla sofferenza, fino alla rinascita.
Al Bambino Gesu’ ad essere curato e salvato sarà lui, per poter raccontare le storie dei bambini che non ce l’hanno fatta.
“Vivere nel cuore di chi resta non è morire” chiosava molti anni fa un famoso scrittore americano.
TocToc, il bambino che bussava e lo salutava da dietro a un vetro, vivrà nel libro di Daniele e in tutti coloro che lo leggeranno. Simbolo di un’infanzia strappata perché a Daniele prima, ma poi a tutti noi, sia dato modo di capire il senso del dolore e riscattarlo.
Aperitivo Culturale a Ladispoli
Daniele Mencarelli “La casa degli sguardi” (Mondadori)
Venerdì 30 novembre 2018 ore 19,00
presso la Caffetteria dell’Hotel Villa Margherita – Viale Duca degli Abruzzi 143
Per informazioni
Associazione Culturale senza fini di Lucro
La luce dell’Anima – cultura e spirito