Una lunga strada di ritorno

1111111111111111111111In un mondo fatto di sogni di carta e denaro, dove il tempo prende valore solo in base a quanto profitto può portare. Dove l’orizzonte è la fine di un paesaggio e non l’inizio di un altro. Qui, dove crediamo che le montagne siano di pietra inanimata e le nuvole solo schermo oscuro per quel sole che tanto sembra influire sull’umore. In questo mondo in cui abbiamo imparato a vivere per il futuro o per il passato in diseguale misura, da qualche parte si possono trovare innumerevoli miracoli, visibili solo ad occhi che non hanno perso la capacità di stupirsi ancora una volta nonostante il cemento, la luce elettrica ed il buio crescente dentro ai cuori. Ci sono pagine intere ancora da scrivere, inchiostro da spargere, suoni di grandi città da ascoltare e musica in cui perdersi. Ci sono papaveri ai bordi delle strade e lungo le ferrovie, che se fai attenzione e ci pensi bene, non c’è posto migliore per la vita dei luoghi di passaggio in cui si mescola con altre nella continuità di un percorso che asciuga la distanza ad ogni passo. Ci si può ignorare per anni, per decenni, persi e presi ognuno dal proprio cammino. Un lungo cammino di ritorno verso noi stessi; lungo il quale ci siamo accompagnati ad altri; altri a cui abbiamo stretto le mani, promesso qualcosa di mantenuto solo a parole, lasciato andare occasioni, visto morire i sogni più deboli e protetto da ogni insidia quelli più cari. Questo lungo cammino di ritorno, che da dentro sembra solo una strada sconnessa puntata verso un dove così lontano ed ignoto da farci spesso paura. Succede di rado – ma succede davvero, credetemi – che quella strada smetta di incrociare forzatamente le altre e allora finalmente cominci a correre dritta, ed è allora che quel percorso inizia a srotolarsi parallelo ad un altro. Senza fretta, senza ansie, senza inseguire. Così, semplicemente, affiancati. E credo che sia proprio così che ci vuole la vita, vicini senza accavallarsi, senza ostacolarsi a vicenda e senza chiedere rinunce, sforzi o certezze per muoversi sullo stesso piano fianco a fianco; perché è solo da questa posizione che si possono allungare le mani e trovare quelle di chi abbiamo improvvisamente visto comparirci vicino, e allora basterà voltarsi per guardarsi negli occhi. Perché gli occhi e le mani sono tutto ciò di cui c’è bisogno, in realtà. A ben pensarci non serve altro; quando cominci a camminare fianco a fianco lungo la tua strada dimenticandoti di quelle sciocche pretese che hai sempre avuto. E quegli occhi che sembrano averti lavato via ogni peccato, ogni macchia, e danno valore a tutte quelle cicatrici di cui prima avevi vergogna mentre rattoppano col velluto il tuo stupido cuore di latta, ammaccato a logoro. Il tempo rallenta fino quasi a fermarsi, dandoti modo di accorgerti di non aver mai voluto null’altro, di non aver mai desiderato davvero nulla di più; e di averlo anche dimenticato mentre cercavi di deviare la tua strada per spingerla a passare sotto la casa di mille altri occhi, di mille altre mani, di mille altri percorsi; oggi persi chissà dove fra le curve ampie e lontane del passato – che tempo non è più e non è nient’altro.

 

Giampaolo Giudice

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