Un errore nella legge sul reddito di cittadinanza: richieste bloccate?

La norma sfornata dal Parlamento con la dicitura 26/2019, la lungamente attesa legge sul reddito di cittadinanza, sembrerebbe vedere i propri effetti limitati prima di entrare in azione vera e propria. Il motivo, stavolta, non è politico e nemmeno economico: il testo della legge conterrebbe un errore di forma, che impedisce agli adulti oltre il capofamiglia di ricevere il decantato assegno mensile.

L’errore in questione riguarda il quarto comma dell’articolo 2, dove – si legge – sarebbe eliminato dal computo qualsiasi membro del nucleo familiare non coincidente con chi ha inoltrato la domanda di reddito. La svista si estende anche ai relativi moduli INPS, che riportano la stessa dicitura nella loro seconda pagina e che, pertanto, sono da rifare.

Una formalità, potrebbe dire qualcuno, ma con la legge non si scherza mai: in uno stato di diritto si fa fede a quanto il testo della norma riporta, in quanto unica fonte vincolante e sulla quale ci si possa basare per mettere in atto la volontà popolare. Sebbene le intenzioni riguardo il reddito siano pubblicamente note – specialmente a livello mediatico – ciò non conta, né può contare per quanto concerne l’interpretazione della norma. Anche perché suddetta interpretazione varia nel tempo, come avviene spesso per molte, moltissime leggi al momento di essere applicate dalle istituzioni.

Difficile che la scadenza del 15 aprile venga quindi rispettata: ora l’INPS dovrà bloccare l’esame delle circa 850mila richieste che sono fin qui arrivate per il reddito di cittadinanza. L’”errata corrige” deve giungere da chi la legge l’ha emanata. Ciò può essere operato o con precisazione sulla Gazzetta Ufficiale, richiesta dai Presidenti di Camera e Senato, o con la cosiddetta interpretazione autentica della norma, che necessita di una modifica della legge – e che, diversamente da quanto si diceva poc’anzi, costituirebbe una direzione “precisa”, giuridica e non vittima del giudizio politico o culturale.

La soluzione è semplice, lo sbaglio risolvibile, ma l’imbarazzo è grande per una legge così attesa e che in un certo senso è diventata “simbolo” dell’attuale governo. Una legge che tutto il Parlamento, deputati e senatori, ha votato senza rendersi conto di un errore.

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