Terremoto

Il vento alza la polvere a mulinelli e sbatte gli usci e le imposte.

Il latrato di un cane vagabondo alla ricerca di un riparo.

Il paese addormentato rischiarato dalla pallida luna.

Poi il silenzio.

Immota, la natura giace.

L’aria ferma, diviene pesante, ossigeno liquido pare entrare nei polmoni.

Un velo di indugio ammanta il paesaggio.

Gli animali domestici si svegliano, afflitti da irrequieta attività.

Il miagolio dei gatti e il guaito dei cani si unisce in un unico affranto lamento.

Come un singhiozzo nel profondo, si libera la forza primigenia.

La terra trema, con un mugolio sordo e cupo, trema.

Ed è un attimo. Case, strade, piazze: il nulla.

Ciò che era, non è più.

La storia spazzata via in un secondo.

Ciò che l’uomo ha posato, la natura ha ripreso.

Ma ora non è tempo di rimpianti, non è tempo di bilanci, le lacrime attendono il momento di fuoriuscire, quando il dolore e lo sgomento avranno spazio nel cuore, quando si smetterà di scavare tra le macerie e la speranza vestirà i panni del lutto.

 

Sabrina Cicin

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