Questa è la vera storia di Robin Friday, il più forte calciatore che nessuno ha mai visto

Inglese, classe 1952, nato ad Acton (periferia ovest di Londra), Robin fin dall’età di 15 anni entra ed esce di galera. Furti, spaccio e scippi sembrano essere il suo pane quotidiano. Un vero peccato visto che il talento calcistico di cui è fornito. Gran talento, ma poco cervello.

Un fenomeno calcistico che a 8 anni palleggia in classe con la gomma da cancellare passando da un banco all’altro senza farla mai cadere in terra; a 10 palleggia per ore e ore con le arance; e a 14 era già nelle giovanili del Chelsea, dopo aver già militato nelle file di Crystal Palace e Queen’s Park Rangers. La classe c’è, la testa no.

A 15 anni molla la scuola e comincia a fare uso di droga, l’anno dopo finisce in riformatorio per scippo. Ma dentro Robin si comporta bene, e così il direttore gli concede di potersi allenare con le giovanili del Reading per poi tornare la sera in riformatorio. Ai nuovi compagni fin dal primo giorno ricorda che “nessuno di voi è più forte di me”, attirando antipatie fin da subito.

Pochi mesi dopo conosce e sposa Maxine, giovane di colore. I due hanno pure un figlio, nulla di strano, se non fosse che Robin ha solo 17 anni e non ha nè un soldo nè un lavoro, e soprattutto in quegli anni le coppie interrazziali non sono viste di buon occhio.

Inizia a giocare per il Walthamston Avenue, dopo un provino nel quale segna 7 gol. Da solo batte tutte le squadre del campionato, compresa l’Hayes, che decide di acquistarlo. “Mi avete preso perché vi ho spaccato il culo?” chiede Robin mentre firma il nuovo contratto.

Arrivano i soldi, ma torna anche la droga nella sua vita.

Una mattina, in preda agli effetti delle droghe, sale su un tetto e perde l’equilibrio, precipitando a terra da più 5 metri. Un palo gli entra nel fianco sfiorando polmoni e cuore, ma ci vuole ben altro per fermarlo, e dopo neanche 4 mesi torna in campo.

Una volta contro il D&R non si presenta allo stadio perchè si ferma in un pub lì vicino. Dirigenti e compagni lo vanno a prendere dalla sedia dove stava sonnecchiando, lo vestono, e lo gettano in campo. Gli avversari vedendo quell’ubriaco barcollante lo deridono, ma quando il pallone arriva tra i suoi piedi Robin si accende, e a pochi secondi dalla fine segna il gol della vittoria. Al fischio finale Friday passa davanti la sua panchina e dice: “Visto stronzo!? Adesso torno a bere, vedi di non rompermi più i coglioni”, mentre il Mister rimane di sasso ed annuisce silenziosamente.

Il Reading si ricorda di lui e lo riacquista. Il rapporto personale con i nuovi compagni non è certamente idilliaco,tra falli e liti in allenamento, main campo è tutta un’altra storia. Robin è fenomenale e fondamentale. Corre e segna, regalando veri e propri gesti treatrali degni di una rockstar, e più passa il tempo più i tifosi lo venerano.

Una volta dopo un gol al Plymouth Argylle scavalca i cartelloni pubblicitari e strappa di mano ad un tifoso una birra (a quei tempi era ancora permesso introdurre alcolici negli stadi britannici) e se la beve. L’arbitro aspetta che Robin abbia finito, e mentre l’attaccante rientra in campo lo espelle senza esitazioni, sentendosi poi però gridare contro: “Brutto stronzo. Avevo sete, e allora?!”.

I compagni sopportano i suoi atteggiamenti solo per via del suo talento, ma le intemperanze aumentano giorno dopo giorno.

Robin viene cacciato da tutti i pub della zona, e quando viene trasferito in una casa vicino al club per essere un pò più controllato viene arrestato perchè mette dischi heavy metal a tutto volume in orari notturni, spesso in preda ai deliri da LSD.

Al Reading dopo qualche anno ne hanno le scatole piene e lo cedono al Cardiff.

Con la nuova maglia fa di tutto per farsi cacciare, facendosi arrestare più volte, ma al club sembra non interessare nulla del suo comportamento fuori dal terreno di gioco, perché poi in campo Friday risolve tutte le partite. All’esordio segna 2 reti al Fulham di Bobby Moore, ex capitano del West Ham e della nazionale inglese vincitrice del mondiale del 1966. Il ragazzo non sembra per nulla intimorito dal confronto, tanto che durante una mischia su calcio d’angolo strizza le palle alla leggenda britannica.

Ogni partita lo consacra sempre di più come formidabile giocatore, fermato soltanto da quella sua testa calda. Un giorno dopo un gol salta i cartelloni pubblicitari a bordo campo e bacia un poliziotto. “Lo avevo visto così triste. Poi però me ne sono pentito. Io odio la polizia”.

Intanto divorzia da Maxine e si sposa con Liza, una ragazza di Reading. Un matrimonio tutto da ricordare, dove prima viene visto fuori dalla chiesa intento a rullare uno spinello, e poi interviene in una scazzottata tra gli invitati durante la cerimonia.

Due episodi racchiudono più di tutti la sua essenza fenomenale e ribelle.

Il primo risale al 16 aprile 1977, Cardiff-Luton, scontro salvezza. Per tutta la partita Robin si scontra fisicamente e verbalmente col portiere avversario, Aleksic, fino a quando a 10 minuti dalla fine sul risultato di 0-0, gli molla una pedata al volto. Aleksic rimane a terra per qualche minuto. Stordito si rialza. Robin, ammonito dall’arbitro, tende la mano al portiere, che però rifiuta mandandolo a quel paese. L’attaccante non fa una piega, e al primo pallone conquistato salta cinque avversari, si presenta davanti al portiere, dribbla pure lui e prima di segnare si ferma sulla linea di porta e sorride beffardo verso Aleksic, e come se non bastasse mentre torna a centrocampo Robin mostra al suo avversario seduto a terra le due dita a simbolo di insulto.

Il secondo episodio avviene il 16 ottobre 1978 durante la partita con il Brighton, quando dopo un intero match fatto di scorrettezze date e ricevute, Robin colpisce Mark Lawreson, l’uomo che lo ha marcato per tutta la partita e che non lo ha fatto respirare. Naturalmente viene espulso, ma al rientro nel tunnel invece di andare verso il suo spogliatoio si dirige verso quello avversario, forza la porta, prende la borsa da gioco di Lawreson e ci defeca dentro.

Il Cardiff lo caccia, e lui, senza farne un dramma dichiara: “Ne ho abbastanza di sentire persone dirmi cosa devo o non devo fare”, decidendo così a soli 25 anni di ritirarsi dal mondo del calcio. È la stagione 1977/78, la quinta da professionista e l’ultima da calciatore per Robin.

Vani i tentativi di molti manager di farlo tornare sui suoi passi. Ci prova Maurice Evans, nuovo allenatore del Reading, che si sente dire: “Ho la metà dei tuoi anni ed ho già vissuto il doppio di te”; ci prova il mitico Matt Busby, che ai tempi faceva il dirigente ed aveva da poco perso il suo figlioccio George Best. Robin riconosce il suo carisma, e mostra rispetto rispondendogli: “So chi è lei boss, ma purtroppo non me la sento più di giocare”; ci prova pure Bryan Clough, che in quella stagione vincerà la Coppa Campioni col suo Nottingham Forest. Anche a lui un “No, grazie”.

Friday non tornerà mai più a giocare, lasciando il mondo del calcio senza che nessuno lo abbia mai visto nel massimo campionato inglese, nè tantomeno in nazionale, sollevare qualche trofeo che la sua immensa classe meritava di vincere.

Di lì a poco la sua vita precipiterà irrimediabilmente, molto più velocemente e drasticamente di quella di George Best, tanto che Robin morirà nel suo appartamento il 22 dicembre del 1990 a soli 38 anni per un’overdose, andandosene senza quasi senza lasciare traccia, senza aver dato il giusto contributo ad uno sport che aveva bisogno delle sue incredibili giocate.

Sembra un film, ma non lo è. È solo l’incredibile vita di Robin Friday, giocatore di calcio dall’animo anarchico e ribelle.

La band gallese dei Super Furry Animals gli dedica un singolo, “The Man don’t give a Fuck”, che in copertina immortala il gesto rivolto ad Aleksic.

“Amo la droga perché mi fa stare bene; amo l’alcol perché con lui io sono un altro; amo le donne perché loro amano me; amo il calcio perché è l’unica cazzo di cosa nella mia vita che so fare meglio di un Dio e di chiunque altro su questa corrotta e schifosa terra”

 

 

SimonPietro Giudice

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