Nuove lesbiche che fanno scricchiolare il muro del silenzio

Quando si parla di omosessualità e di omofobia è come se le lesbiche non esistessero. L’attenzione è concentrata prevalentemente sui maschi, tant’è che perfino i Gay Pride – e giugno è il mese delle giornate dell’orgoglio omosessuale celebrate in tutto il mondo – vengono rappresentati e raccontati dai media come se fossero popolati prevalentemente da gay variopinti e drag queen. D’altra parte, già solo pronunciare la parola lesbica crea imbarazzo. È vero che molte donne omosessuali, almeno quelle delle generazioni più giovani, preferiscono definirsi gay e non più lesbiche, perché purtroppo questo termine contiene il carico di vecchi pregiudizi duri a morire. Ma da dove nasce l’imbarazzo? La risposta è paradossale: dal silenzio. Per secoli l’esistenza delle lesbiche è stata ignorata, mentre i maschi omosessuali andavano incontro a persecuzioni e scherno. La scarsa visibilità dell’omosessualità femminile, originata da un complesso di ragioni che vanno dall’associazione della sessualità al pene (il cosiddetto fallo-logo-centrismo) fino all’esclusione delle donne dallo spazio pubblico, si è tradotta in una pratica discriminatoria peculiare anche se non meno violenta: la negazione. È stato solo grazie al lavoro dei movimenti di liberazione delle donne, dei gay, delle minoranze, che la questione lesbica ha incominciato ad imporsi nella società. Nonostante il fatto che siano passati più di quarant’anni dalla miccia della contestazione e della liberazione sessuale, la strada da percorrere per una piena parità delle lesbiche è ancora lunga. In un reportage comparso sull’ultimo numero di Elle Italia troviamo tante testimonianze di donne che subiscono pregiudizi e discriminazioni. Molte – in maniera analoga ai gay più anziani – reagiscono con una strategia di sopravvivenza all’insegna del silenzio. La società finge che non esistono e loro fingono di non esistere: insomma vite che assomigliano al famoso serpente che si morde la coda. Tuttavia le cose incominciano a cambiare, almeno tra le più giovani. Vuoi perché la cultura lesbica è riuscita bucare lo schermo dell’ignoranza grazie a film e serie televisive, vuoi perché figlie di genitori con una mentalità più aperta, vuoi perché studentesse di insegnanti più illuminati, vuoi perché amiche di giovani più cosmopoliti, le new lesbian generations hanno assaltato proprio quel muro di silenzio che le mortifica, uccide (purtroppo qualche volta non solo in senso simbolico), corregge negando che esistano. Manca, tuttavia, lo Stato all’appello della civilizzazione. In assenza di una legge contro l’omofobia, per non parlare del riconoscimento delle unioni e della genitorialità omosessuale che sono realtà sulle quali si abbatte l’oscurantismo, la visibilità rimane un azzardo. Eppure qualcosa si muove, nella società prima ancora che nella politica, perché tante sono le lesbiche che hanno sostituito l’orgoglio alla paura.

 

Pasquale MusellaAlcune persone sono lesbiche

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