L’incubo del tennista

Alcune patologie dell’apparato locomotore sono più frequenti in determinati sport, dove per la specificità del gesto atletico o l’eventuale ripetitività dello stesso, si possono avere insulti acuti o traumi da sovraccarico.

L’epicondilite è una di queste, tanto da avere come nome “comune” “gomito del tennista”. Da anni nel tennis, e da qualche anno anche con il padel, questa patologia è l’incubo dei giocatori di sport di racchetta.

L’epicondilite è causata dall’infiammazione e dalla microlesione delle fibre dei tendini dei muscoli estensori dell’avambraccio, tendini che si inseriscono sulla parte esterna del gomito, con una sintomatologia dolorosa che si manifesta a livello dell’epicondilo del gomito (sede dell’inserzione dei tendini sopracitati) e che può irradiarsi all’avambraccio e al polso in alcuni casi.

Questo quadro si sviluppa più facilmente in quei tennisti che praticano il rovescio a una mano, cosa che nel padel vale ovviamente per tutti i giocatori. Altro fattore facilitatore è l’uso di telai particolarmente rigidi o corde molto “tirate” o anch’esse rigide. Ma anche palle umide o bagnate o il colpire troppo spesso lontano dallo “sweet-spot” della racchetta può favorire l’insorgenza del quadro lesionale.
Tuttavia gli sport di racchetta non sono l’unica causa: anche attività non sportive e professionali che richiedono la rotazione ripetitiva ed energica dell’avambraccio o l’uso intensivo delle dita in estensione possono portare all’insorgenza dell’epicondilite.
Alla base del meccanismo lesionale, oltre la ripetitività del gesto e l’eventuale uso di attrezzi “non rispettosi” dei tessuti, vi è però una debolezza dei muscoli dell’avambraccio, uno squilibrio tra flessori ed estensori del carpo e delle dita, debolezza della muscolatura della spalla o una biomeccanica delle articolazioni della spalla alterata.

La sintomatologia inizia in maniera saltuaria e non persistente, tanto che spesso non ci si fa caso e la si trascura. Il doloretto che si avverte a livello del gomito solo quando si “stecca” la palla sul rovescio o la fatica sui muscoli dell’avambraccio se si scrive parecchio a computer iniziano a diventare presenti anche per aprire una bottiglia o per mettere le buste della spesa nel bagagliaio; “ma alla fine è un fastidio va e viene, quando ho tempo vado a farmi vedere”, ed ecco che l’incubo prende vita.
La racchetta pesa 10 chili invece di 320 grammi ed ogni rovescio annebbia la vista per il dolore acuto che parte dal gomito e arriva dritto in testa, ogni click del mouse è un fastidio persistente. Si arriva anche ad essere svegliati la notte perché magari si distende il gomito dopo averlo tenuto sotto al cuscino piegato.

La diagnosi viene fatta attraverso dei test di provocazione del dolore, la pressione dell’inserzione epicondiloidea dei tendini della muscolatura estensoria di carpo e dita e, se c’è il sospetto di lesioni miotendinee o se dopo alcuni trattamenti i risultati sono al di sotto delle aspettative, è utilissimo integrare con un esame ecografico.

Per uscire da questo problema e tornare a lavorare senza dolore oppure a tirare un bel passante in cross di rovescio bisogna prenderla subito all’inizio quando il dolore è transitorio, ma se ormai la frittata è già fatta toccherà armarsi di santa pazienza e di un bravo fisioterapista.

In primissima fase crioterapia locale e messa a riposo totale delle strutture coinvolte sono essenziali per tornare a dormire la notte e svolgere le attività quotidiane più basilari, come lavarsi i denti. L’acquisto e l’uso giornaliero di un pressore per epicondilite è cosa buona e giusta per “scaricare” l’inserzione infiammata dalle inevitabili attività giornaliere.
Terapie strumentali (InterX, ultrasuono, tecarterapia, laser) che vadano a combattere localmente l’infiammazione e migliorino la qualità dei tessuti, abbinate a terapia manuale ed eventualmente bendaggio con kinesiotaping, sono passaggi fondamentali per risolvere il problema. Si può associare l’uso di FANS al bisogno.
Nel caso in cui la fisioterapia ed i trattamenti conservativi fallissero per più di nove mesi viene presa in considerazione la chirurgia, pur sapendo che la letteratura al momento non riporta risultati soddisfacenti in un numero significativo di casi.

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